Antitrust voltafaccia di Bossi

Antitrust voltafaccia di Bossi Antitrust voltafaccia di Bossi Rinnega la proposta della Lega e si schiera con il presidente ROMA. La Lega lo aveva annunciato da mesi. Gli aveva attribuito delle virtù taumaturgiche. E quella di ieri, finalmente, doveva essere la grande giornata dell' antitrust lumbard. Ma Umberto Bossi, all'ultimo momento, si è tirato indietro. E non si è limitato solo a snobbare, in mattinata, la conferenza stampa di presentazione del progetto, lasciando in pasto ai giornalisti gli imbarazzatissimi Antonio Marano e Luca Leoni Orsenigo. No, ha fatto di più: alle sette e mezzo di sera ha rifiutato la paternità del documento: «Io non c'entro - ha spiegato -. Lì non c'è il mio nome. Da lì si può partire, ma con quel progetto vogliamo aprire una discussione». Ineffabile Bossi. Mentre tutta la sinistra si profondeva in lodi perché quel progetto concede a Berlusconi una sola rete televisiva e, soprattutto, sancisce l'incompatibilità tra incarichi di governo e partecipazione azionaria in una tv, lui affermava che «questo non è un punto importante»: «E' un aspetto - spiegava - disciplinato dal blind trust dei tre saggi, che è un'ottima proposta, anche se ha le gambe di pastafrolla sul problema dei garanti». Un quarto d'ora dopo la sconfessione di Bossi, un mesto Orsenigo si aggirava per le vie del centro: «Non ne voglio sapere più niente - si lamentava - vado a mangiare. Capisco che lui sia pagato per prendere in giro voi giornalisti (sic), ma non per prendere in giro noi». Il responsabile leghista per l'«informazione» era affranto: «Chi lo capisce più Bossi. Ha lavorato su questo progetto fino a domenica sera. Ce l'ha fatto pure indurire. Ieri, prima di vedere Berlusconi, ci ha detto che avrebbe preso parte alla conferenza...». Già, la cena con il Cavaliere. Qui gatta ci cova, secondo Orsenigo: «E' chiaro - ha spiegato - che Berlusconi ha minacciato di andare alle elezioni per impedire quella proposta. Per questo Bossi stamattina era incazzato nero». Ma la speranza è l'ultima a morire: «Forse Umberto intende lasciare quel progetto in sospeso, come una spada di Damocle, e perciò non è andato più avanti». La verità è che i leghisti non capiscono più bene che cosa abbia in mente il capo. Ieri mattina Orsenigo e Marano si sono pre¬ sentati puntuali all'appuntamento con i cronisti, e hanno aspettato fino all'una Bossi. «Verrà più tardi, perché è al telefono», hanno annunciato prima di cominciare senza di lui. Nel frattempo, in sala venivano distribuite le copie del documento. Nelle prime, scampate alla censura, figurava ancora in calce il nome del senatur, sopra quelli di Marano e Orsenigo. Nelle altre era sparito. La conferenza proseguiva, ma di Bossi nemmeno l'ombra. «Ha un impegno urgente, è andato via», ha fatto sapere ad un certo punto Luigi Rossi. Tutto rigorosamente falso: il capo passeggiava nervosamente nel corridoio. Terminato l'incontro, Orsenigo spiegava ai giornalisti: «Questo è il progetto della Lega, voi sbagliate se pensate che senza Umberto non si muova foglia». Poi però si lasciava sfuggire: «Adesso quello mi mena». Mentre Marano dava già i primi segni di cedimento: «Alla Camera - diceva non lo presentiamo ora, ma tra un mese». Quindi i due sono stati convocati e redarguiti dal capo, che ha trascorso tutto il pomeriggio a far telefonate in giro ai leghisti per dire di non calcare troppo la mano con la Fininvest. E pensare che in mattinata, dal suo scranno in senato, il capogruppo Tabladini, aveva avvertito Berlusconi: «Se non verranno accolte le nostre richieste sull'informazione e l'antitrust, allora la Lega si porrà in prima persona per garantire la governabilità chiedendo alle altre forze liberiste di aggregarsi a noi». Un grido di battaglia a cui non ha fatto seguito nulla. Così come è rimasta in congelatore la minaccia che Bossi ha pronunciato due giorni fa davanti ai suoi: «Io non sono il tappetino di Berlusconi, preparatevi ad andare a casa tra tre mesi che ci sono le elezioni». Ma questa è un'intimidazione che non scuote il Cavaliere. Persino sulle amministrative Berlusconi, dopo aver tentato di convicere Bossi ad allearsi con i missini, ha fatto una prova di forza. In 11 su 17 comuni del Nord andrà senza la Lega e con An, negli altri - come a Brescia - sposerà il Carroccio. Lo ha detto l'altro ieri sera a Bossi, quando lo ha convinto a rinviare la battaglia sull'antitrust. Maria Teresa Meli Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Brescia, Marano, Orsenigo, Roma