Evviva, la città cancella il brutto
Evviva, la città cancella il brutto Lione, abbattuti i casermoni di periferia, «simboli di alienazione» Evviva, la città cancella il brutto ALione sono stati distrutti con la dinamite, ieri alle 13,15, dieci grattacieli costruiti negli Anni 60 come simboli dell'architettura moderna e della nuova edilizia economico-popolare ma divenuti simboli della impossibilità di vivere in quartieri e edifici disumani. Da alcuni anni quei dieci grattacieli erano caserme di vagabondi e di emarginati. Le strade erano teatro di rapine e di scontri con la polizia. Negozi chiusi, automobili incendiate; persino gli autobus avevano smesso di circolare nel quartiere maledetto. La gente normale aveva abbandonato le torri inabitabili e queste, ormai vuote, sono state demolite. «Erano brutti grattacieli» sentenziano oggi gli architetti. Quan- do vennero progettati il giudizio non era forse così netto, ma oggi è evidente a tutti che la bruttezza coincide col fallimento di un'architettura che presumeva di poter inventare a tavolino i bisogni e le aspirazioni della gente, di imporre nuovi modi di vivere. Quei grattacieli erano già sotto accusa dieci anni fa, quando il «rapporto Bloch-Lainé» denunciò che in nove città francesi i nuovi quartieri popolari erano invivibili. In Italia abbiamo una galleria di esempi analoghi. A Roma il Corviaìe, edificio lungo un chilometro, mille alloggi per 5000 persone che vivono nella paura. Ancora a Roma Tor Bellamonica e il Laurentino, quartieri di casermoni abitati da sradicati. A Palermo lo «Zen» di tristissima fama. Chi ha approvato e deciso la costruzione di questi mostri che mancano di ogni rapporto con l'ambiente e con l'organismo urbano, che negano la vita associata? Il fallimento non chiama in causa i soli architetti, responsabili di aver spesso tentato il pezzo di bravura senza tener conto di chi avrebbe abitato i loro capolavori presunti, disegnando in modo autoritario con la mente rivolta alle riviste e alle mostre, ignorando i minuti problemi dell'abitare. Responsabili sono principalmente gli amministratori pubblici, al centro e nei Comuni, i quali hanno imposto le costruzioni di nuovi quartieri in zone scartate dall'iniziativa privata perché poco appetibili, indicando il numero di abitanti da collocare su un determinato numero di ettari. Se il progettista era famoso, un Aldo Rossi (Gallaratese a Milano), un Gregotti (Zen a Palermo) e così via, gli amministratori pubblici dormivano tranquilli. Eppure si sapeva che solo 1' 1,2 % degli italiani ama le case a torre, che in Olanda era già fallito l'esperimento del quartiere-caserma di Bijlmermeer. A Londra il quartiere di Thamesmead ispirava l'«Arancia meccanica». Quante torri e quanti casermoni dovremmo demolire nelle nostre città? Mario Fazio
Persone citate: Aldo Rossi, Alione, Bloch-lainé, Gregotti, Mario Fazio, Quan
Luoghi citati: Italia, Lione, Londra, Milano, Olanda, Palermo, Roma
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