Il re Mida della pallavolo, che ha guidato gli azzurri al nuovo trionfo, ora è popolare quasi quanto Sacchi di Cristiano Chiavegato

Il re Mida della pallavolo, che ha guidato gli azzurri al nuovo trionfo, ora è popolare quasi quanto Sacchi Il re Mida della pallavolo, che ha guidato gli azzurri al nuovo trionfo, ora è popolare quasi quanto Sacchi LA SCOSSA DAL CITI' STRANIERO : quattro anni fa, per un paio di stagioni, abbiamo vissuto questi problemi. Momenti da far girare la testa. Poi Barcellona ci ha riportato con i piedi per terra e abbiamo ripreso a vincere, pur con i nostri limiti». Dopo i Giochi lei fece delle scelte, escluse Lucchetta: è vero che pensò di lasciare? «Per un giorno almeno, sì. A Lucky ho sempre voluto molto bene, tra club e Nazionale siamo stati otto anni insieme. Ma questo lavoro che mi sono scelto impone cose ingrate. E a volte lo sento come un peso: non so se dopo Atlanta mi sentirò di andare avanti. Si cerca di schierare la squadra che si ritiene possa fare meglio. E fatalmente qualcuno resta fuori, per qualche verso si compie un'ingiustizia». Da tre giorni è finito il Mondiale, fra cinque prende il via il campionato. Poi, appena concluso l'impegno con i club, tornerà la Nazionale. Julio Velasco (a lato) rappresenta la rivincita dello sport minore sul grande calcio: di Arrigo Sacchi (sopra) il et argentino dice: «Apprezzo molto lo sforzo di chi cerca modi nuovi e differenti per coinvolgere la gente» «Lascio sempre qualche giorno di riposo, scaglionando le convocazioni. Nell'estate tutti riescona a riposare almeno per un mese, anche se spezzettato. D'altronde è importante una buona preparazione fisica: ogni inverno studio per aggiornarmi, poi modifico qualcosa. Il lavoro principale è orientato a sviluppare forza, prevenzione e resistenza. Nelle manifestazioni l'avversario più pericoloso si chiama stress e allora è importante anche allenarsi in condizioni che non siano ideali, viaggiare senza troppi confort, adattarsi a mangiare secondo le usanze del posto in cui ti trovi». Lei è nato in Argentina, da dodici anni vive in Italia: ha avuto problemi di mentalità differente? «Sono due Paesi che amo profondamente: l'Argentina è la madre, l'Italia la moglie che mi sono scelto. Del resto sono popoli che si assomigliano. Con difetti «Ci manca ancora l'oro all'Olimpiade: nei prossimi 2 anni penserò soltanto ai Giochi di Atlanta» simili come la tendenza a cercare alibi, trovare scuse, crearsi situazioni non vere. Ricordo un telecronista argentino, forse il più famoso, che dopo i Mondiali '66 di calcio vinti dall'Inghilterra, disse: siamo noi i campioni morali perché l'arbitro ci ha fischiato contro. Ridicolo. E' questa la mentalità da combattere». E i pregi? «L'argentino è più intraprendente, con minore disciplina. Si vede anche nel calcio dove per fare gol tutti vorrebbero arrivare col pallone in porta. L'italiano è molto più disciplinato tatticamente, mentre occorre lavorare di più sulla parte tecnica». Due titoli mondiali, due d'Europa, altre vittorie... Manca solo l'Olimpiade. «Non ho intenzione di pensare ad altro per i prossimi due anni: ad Atlanta ci andremo per provare a vincere». Giorgio Barberis Alberto Berto, tecnico federale, dice che la piemontese stavolta non ha perso un'ora di lavoro e ha già macinato migliaia di chilometri». Per la Belmondo c'è ancora il problema del freddo che le blocca la circolazione nell'arto. Ma proprio nei giorni scorsi è stata in Francia duve le hanno preparato una speciale POSSIBILE che i successi azzurri della pallanuoto e della pallavolo siano anche dovuti al fatto che i due et sono stranieri, Rudic croato e Velasco argentino? La «stranieritudine» ha un'importanza positiva nel plasmare un gruppo di atleti italiani, nel passare sopra, anche con lo schiacciasassi, alle loro manie, ai loro capricci? E se sì, perché non ci prova anche il calcio azzurro, che in tutta la sua storia di et ha avuto soltanto due stranieri, Czeizler mezzo svedese mezzo ungherese e Herrera mezzo argentino mezzo francese, entrambi per un brevissimo periodo e in condominio con un italiano? La statistica e la casistica sono, nonostante le arie che si danno e le sentenze che pretendono di emettere, poliedri con moltissime sfaccettature, a rispecchiare realtà e convinzioni diverse. Nel caso dei due, Velasco molte volte si è appellato al carattere italiano per spiegare suoi sistemi o controsistemi di lavoro, mentre Rudic è parso piuttosto adepto di un'Internazionale della grande pallanuoto, con criteri che sono validi per giocatori di ogni Paese. Diversi, i due, sono anche nell'atteggiamento verso la stampa, Velasco più elastico, e verso il calcio, che Velasco frequenta (è amico di Sacchi) e che Rudic vorrebbe addirittura sistemato fuori dallo sport canonico, come show-business a sé. Da ricordare anche che Velasco non ha predecessori vincenti come lui nel ruolo, mentre Rudic ha avuto l'ungherese Zolyomy, et dell'oro olimpico di Poma '60. Tutto considerato, non ce la sentiamo di andare al di là degli interrogativi, peraltro affascinanti (uno in più: perché non provare lo straniero nel basket?). Una sola certezza: lo straniero sicuramente serve per dare la scossa. Lo si disse nel canottaggio, ingaggiando il norvegese Nilsen, al quale poi è succeduto benissimo il nostrano La Mura. Gian Paolo Ormezzano Tomba pensa a Sierra Nevada; a sin. Di Centa, Belmondo e Compagnoni scarpetta che è riscaldata con una piccola batteria. Non sa ancora se potrà usarla in gara, ma sarà già di aiuto almeno nella preparazione. In grande forma sembra essere la Compagnoni che potrebbe regalare grandi soddisfazioni. La valtellinese si è allenata in tutto: slalom, gigante, SuperG e discesa. Ha dichiarato che vive alla giornata, sperando di vincere delle gare. Ma lei pensa a Coppa e Mondiali. Perché sa che se tutto andrà bene, non ci sono medaglie fuori dalla sua portata. Cristiano Chiavegato