«Proleggete i bambini»

8 «Proleggete i bambini» «Mamme, bisogna saper proibire» PROGRAMMI E FAMIGLIA GENTILE Signora Gisotti, Ho letto la sua lettera aperta del 1° ottobre e desidero risponderle in forma privata per non creare ulteriormente pubblicità ed anche perché, non essendo mai stata chiamata ad occuparmi dei problemi dell'azienda Fininvest, credo che la sua lettera dovesse essere inviata, per rispettare i ruoli, al dottor Franceschelli - direttore di Retequattro, o al dottor Confalonieri - presidente della Fininvest. Visto che la sua scelta è ricaduta su di me, mi soffermerò volentieri a interrogarmi con lei sul rapporto televisione e infanzia, consapevole anche che il problema non riguarda solo la trasmissione in questione, ma è ben più ampio. Lo stare alla sera insieme davanti alla televisione è risaputo che fa parte dei nuovi rituali delle famiglie, le quali, sempre più spesso, si trovano di fronte a programmi con contenuti di sesso, violenza e stupidità, ritenuti troppo «forti» per i bambini. Giustamente le famiglie provano disagio e si offendono. Quindi, coloro che operano nel settore devono prendere coscienza di questo fenomeno, che non può cadere nell'indifferenza; ma non solo loro: anche la famiglia, che si presume sia la principale educatrice dei propri figli, deve farsi carico delle sue responsabilità. Partendo da questo presupposto, accolgo la sua lettera di protesta in quanto lettera di una «educatrice». Il problema non è solo censurare per i minori ma essere consapevoli che il mondo degli adulti deve costantemente fare delle scelte per difendere il mondo dei bambini, avendo sempre presente la separazione tra ciò che può essere bene per un bambino e ciò che può essere male per un bambino. Ciò non deve appartenere a un discorso filosofico ma a un discorso di «responsabilità» e queste scelte si fanno nella consapevolezza di costruire le basi per un buon futuro dell'uomo adulto. Al fine di assicurare il rispetto dei diritti e delle esigenze di un armonioso sviluppo dei telespettatori in età evolutiva, esiste già un Codice di regolamentazione convenzionale per le televisioni, stipulato il 19 maggio 1993 tra la Federazione Radio Televisioni e molte associazioni, tra cui anche il Comitato Italiano per l'Unicef. Leggendo questo Codice ci si rende conto che il programma in questione, insieme ad altri spettacoli che vengono trasmessi alle 20,30, non appartiene a ciò che si definisce spettacolo per bambini. Se si ritiene che chi opera nel settore non rispetta queste responsabilità, occorre che l'educatore se ne faccia carico, fino a quando gli operatori non avranno raggiunto un punto di accordo ideale ed onesto. Non rimane che un'unica arma all'educatore: spegnere la televisione al fine di tutelare la salute del bambino. Perché l'educatore deve comunque e costantemente scegliere e, a volte, anche proibire. Spegnere la televisione non vuole essere da parte mia un invito alla rinuncia, vuole rappresentare un invito al pubblico televisivo e a tutti coloro che operano nel settore, a fare un primo passo verso un'etica comune. Per far sì che davvero la televisione venga fatta sia dagli operatori che dal pubblico che la guarda. Con questo, le dico anche che considero la televisione un mezzo dalle grandi potenzialità e il motivo principale io lo raffiguro nel fatto che la televisione è «amata»: gli spettatori di una giornata televisiva sono appros| siinativamenle 46 milioni di persone. Significa che 46 milioni di individui durante la giornata cercano un contatto con essa, hanno bisogno di un contatto «confidenziale», cercando risposte alle loro domande. E perché è un mezzo che si ama? Perché è un mezzo con il quale, comunque, si instaura un dialogo anche se in solitudine. Parto dal presupposto che ogni impulso che viene da essa crea un pensiero e questo pensiero crea un rapporto cn l'impulso che l'ha provocato. Ora mi chiedo: essendo così amata, potrebbe salire al molo di educatrice? La televisione interattiva pollerà un futuro in questo senso? Avverrà una separazione tra la macchina-educatrice e l'uomo-educatore e.-quali differenze porterà? Non sarà ancora una volta l'uomo a doversi interrogare su nuovi contenuti e sul suo nuovo ruolo di educatore? Adesso, voglio anch'io farle un invito che mi auguro abbia tanto successo quanto quello che lei ha rivolto a me: perché non sfidare i suoi colleghi giornalisti che si occupano di comunicazione e farsi promotori di un nuovo confronto che impegni Rai, Fininvest, piccole televisioni e anche gli investitori commerciali? E qui desidero aprire una parentesi in quanto considero che anche le aziende investitrici nei program¬ mi debbano prendere coscienza di rivestire un ruolo importante in questa crescita, per far sì che i loro investimenti operino anche su un piano culturale. Invitare tutti a percorrere un itinerario, magari con incontri per l'arco di un anno, in cui si possano affrontare i problemi della televisione e si riesca a definire quale potrà esserne il futuro. Sarà sempre considerata cattiva, effimera, superficiale, non culturale, non seria? Oppure avrà la possibilità di riscattarsi? Programmi come «Pickwick», «Trenta ore per la vita», «Linea Verde» ed altri, appartengono sempre a quella televisione rapace o sono lo spiraglio volto a un cambiamento? Il fatto che la televisione, at¬ traverso vari programmi, si elevi a mezzo per l'educazione alla solidarietà e alla socialità, raccogliendo decine di miliardi in un momento sociale in cui si dice sembra prevalere l'individualismo sfrenato appartiene al degrado televisivo, al distacco dalla realtà, è un fatto marginale o è significativo? Forse in questi incontri, magari aperti a sociologi, psicologi, filosofi, religiosi, rappresentanti di diverse associazioni, si potrebbe portare un contributo di idee, di programmi e, forse, perché no, di coraggio. Si potrebbe arrivare ad interrompere per un anno questa guerra dcll'udience a favore della «ricerca», la ricerca di una maggiore qualità per la sopravvivenza di un mezzo che potrebbe rappresentare in futuro, a suo modo, anche «intelligenza». Trovo che la vera censura che si fa alla televisione non sia quella di tagliare una parola, una scena erotica o violenta, bensì.quella di non dare la possibilità a questo mez^o, che fa parte del mondo dell'uomo adulto nella società contemporanea, di esplicare al meglio le sue funzioni, non dare al mezzo la possibilità di crescere. Questa è la vera censura! Facciamo questa autocritica, genitori e operatori, facciamola tutti insieme e sono sicura che il processo di miglioramento avverrà prima di quanto ci si aspetti. Senza molta speranza di essere ascoltata! Un cordiale saluto. Veronica Berlusconi «Molti spettacoli trasmessi alle 20,30 non sono certo adatti ai piccoli»

Persone citate: Confalonieri, Franceschelli, Gentile Signora Gisotti, Veronica Berlusconi