Tank iracheni a un passo dal Kuwait di Franco Pantarelli

Una portaerei Usa e una squadra navale britannica stanno dirigendosi a tutta forza verso la zona di crisi Una portaerei Usa e una squadra navale britannica stanno dirigendosi a tutta forza verso la zona di crisi Tank iracheni a un passo dal Kuwait Clinton: attenti o finirete come 4 anni fa NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Di colpo, ieri è tornato alla ribalta l'Iraq. All'Assemblea Generale dcll'Onu era previsto il discorso del suo vice primo ministro Tarcq Aziz, e già questo aveva comportato un certo fermento. Ma le notizie che hanno preceduto il momento in cui Aziz è salito sul podio e ha preso la parola hanno reso l'evento decisamente drammatico. Sin dalla prima mattinata le emittenti televisive americane hanno cominciato a dare notizia di un insolito movimento di truppe irachene: 60.000 uomini, con 700 carri armati e 900 altri mezzi corazzati, «a soli 30 chilometri» dal Kuwait, dove la notizia ha subito provocato allarme, panico, corsa agli approvvigionamenti, con le file per il pane e la benzina che si erano viste tre anni fa. Immediatamente interpellati, i funzionari della Casa Bianca dicevano di «essere informati» dei movimenti delle truppe irachene ma di non essere ancora in grado di «valutarli appieno». Dal Pentagono però giungevano voci di un possibile «allerta» alle navi americane che si trovano nella zona del Golfo (la portaerei «George Washington» sarebbe già in viaggio dal Mediterraneo verso il Golfo). Dal Kuwait il ministro dell'Informazione annunciava: «Siamo pronti a tutto, anche alla peggiore delle possibilità» e le tv e i loro «esperti» si chiedevano quale fosse il senso della sortita di Saddam e calcolavano quanto tempo ci sarebbe voluto per organizzare un rapido «argine» alle forze di Bagdad. Proprio ieri, l'emiro del Kuwait ha annunciato l'intenzione di acquistare dagli Stati Uniti 16 elicot- teri d'assalto, completi di missili e razzi. Saddam cerca una posizione di forza per «rinegoziare» le sanzioni ancora in vigore contro il suo Paese? Vuole approfittare della «distrazione haitiana» degli Stati Uniti per-ritentare il colpo di quattro anni fa, finito come sappiamo? Ritiene che Bill Clinton, con le difficoltà che attraversa, sia molto meno in grado di organizzare una «risposta» di quanto non sia stato George Bush quattro anni fa? Clinton si sta consultando con il capo di Stato maggiore Shalikashvili e con gli altri suoi collaboratori. All'Onu i portavoce rifiutano qualsiasi commento sul movimento delle truppe irachene, sostenendo che a loro «non risulta». E quando arriva il momento in cui il vice primo ministro iracheno comincia a parlare tutti cercano di cogliere nelle sue parole qualche indizio sulle intenzioni di Saddam. Niente, il movimento di truppe «non risulta» neanche a Tareq Aziz. Per lui il problema è ribadire la richiesta che il delegato iracheno all'Onu ha presentato pochi giorni fa al Consiglio di Sicurezza, e cioè che venga fissata la data in cui le sanzioni stabilite contro l'Iraq avranno fine. «Chiediamo con forza - dice - che a questa situazione iniqua e illegittima venga posto fine al più presto». Lui sa che al Consiglio di Sicurezza la richiesta della data non è caduta nel vuoto. Sa che tre dei cinque membri permanenti del Consiglio - Francia, Cina e Russia - si sono manifestati propensi perlomeno a un ammorbidimento delle sanzioni (per esempio permettendo all'Iraq di cominciare a vendere alcuni quantitativi limitati di petrolio) e insiste af- finché «il Consiglio di Sicurezza chiarisca la sua posizione». E' un discorso abile, diretto a far «esplodere la contraddizione» fra i tre membri permanenti suddetti e gli altri due ancora intransigenti: Stati Uniti e Gran Bretagna. Tanto che la rappresentante americana, Madeleine Albright, sente il bisogno di rispondergli subito: «Vogliamo che al governo iracheno sia assolutamente chiaro che una ripetizione dei suoi passati errori troverà, da parte del mio governo, la medesima determinazio¬ ne di prima». Albright ha aggiunto che «è dir poco strano che ora l'Iraq cerchi di passare per vittima, quando tutti sanno che in questa vicenda la sua parte è quella dell'aggressore». Un altro monito duro arriva dalle parole del Presidente (le riferiamo in questa stessa pagina), seppure sembra che gli escano dalla bocca di malavoglia. Forse perchè l'interesse di Clinton è assorbito da altre notizie, che arrivano dal fronte dell'economia: ieri l'indice di di¬ soccupazione negli Usa ha toccato il punto più basso, ai successi ottenuti nella riduzione del deficit, al compiacimento per il passaggio della legge contro la criminalità, alla «fierezza» per l'operazione Haiti. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu infine ha deciso di convocare ieri sera l'ambasciatore dell'Iraq Nizar Hamdoun per esprimergli «grande preoccupazione» di fronte alle ultime notizie. Franco Pantarelli Il numero due del regime Tareq Aziz lancia un ultimatum «Dovete togliere subito l'embargo» Tareq Aziz, vice primo ministro di Baghdad, ha rivolto un appello per la revoca delle sanzioni dinanzi all'assemblea generale dell'Onu