Debutto in sordina, ma era venerdì
Debutto in sordina, ma era venerdì Debutto in sordina, ma era venerdì Quattro anni fa la prima pay-tv, poi arrivò il tri NEL CASSETTO DA CINQUE ANNI ROMA AI debuttare di venerdì. Ed era proprio un venerdì quel 10 agosto del '90 quando Telepiù che allora era una e non ancora trina cominciò la sua avventura via etere. Debutto in sordina, senza battage pubblicitari e squilli di tromba. Qualche vecchio film ripetuto tre, quattro volte al giorno. Poco più di semplici prove di trasmissione di un progetto comunque ambizioso, l'ultimo di Sua Emittenza Silvio Berlusconi che l'idea di portare in Italia la pay tv, televisione a pagamento senza interruzioni pubblicitarie, l'aveva nel cassetto da cinque anni. Un chiodo fisso, quello di Berlusconi. Dove stava il futuro del business televisivo? Ma è chiaro: nella pay tv, nei successi delle tv via cavo statunitensi, tv tutte cinema, tutte sport o tutte informazione, nel boom impensabile di Canal plus in Francia, là dove la Cinq aveva fallito. Eccolo, il futuro. Ma allora, in quei giorni caldi dell'e- state '90, c'era un presente decisivo: il varo della legge Mammì che la Gazzetta Ufficiale pubblica il 9 agosto ed entra in vigore due settimane dopo. Così, un giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta e 14 giorni prima dell'entrata in vigore, ecco quella nuova sigla: prima che la Mammì congeli ogni mossa nel settore in attesa delle concessioni (che arriveranno nell'ottobre del '90) il progetto pay tv esce in fretta dai cassetti. Si parte. Ma la Mammì impone un obbligo: Berlusconi, con le sue tre tv commerciali, delle nuove tre Telepiù (una tutta film, la due sport, la tre culturale) potrà controllare il 10%. Non di più, pena il ritiro delle concessioni. Il giorno del debutto ufficiale, il 5 febbraio del '91, un martedì, gli azionisti sono dieci, ognuno con il proprio 10%, tutti amici. C'è la RtiFininvest. C'è l'immobiliarista Renato Della Valle. Ci sono i produttori Mario e Vittorio Cecchi Gori, a quel tempo soci in affari (nella Penta) con Berlusconi. Poi Leonar- do Mondadori, Luca e Pietro Formenton, soci in Mondadori, Luigi Koelliker (distributore d'auto), il petroliere Massimo Moratti, Brano Mentasti della San Pellegrino, i Borali (vetro) di Parma, il finanziere Mario Rasini. Tutti soci convinti del business prossimo venturo della pay tv o, come forse sospettano i giudici che stanno indagando, qualcuno ha accettato di fare dei portage finanziari? Di sicuro si sa che il sodalizio iniziale dura poco. Sì e no cinque mesi. Già a luglio del '91 servono soldi: il capitale deve essere aumentato da 10 a 80 miliardi. Cominciano le prime defezioni, le prime sostituzioni. Al posto di Rasini arriva Leo Kirch, il Berlusconi di Germania. Al posto di Koelliker, compare la Cit, la Compagnie internationale de telecomunications che risulta controllata dalla Bil, la Banque international a Luxembourg, la banca che l'inchiesta Enimont svelerà essere stata usata nel giro di conti e mazzette targate Cusani, Giallombardo, forse Craxi. Chi controlla la Bil? Indagano i giudici di Mani pulite. Ma intanto, tra i soci di Telepiù, il ricambio non si è fermato: sale il capitale, prima a 150, poi a 220, poi a 300 e infine (lo scorso settembre) a 600 miliardi. E in tanto aumento il peso di Kirch, il tedesco, aumenta fino al 39,9%. I Cecchi Gori lasciano sbattendo la porta dopo il divorzio in Penta. Della Valle resta con un 23,9% intestato alla Fintel che - è notizia di queste ore - sarebbe in realtà controllata da una anonima società belga. E svanisce anche la Cit che, tre mesi fa, passa in blocco al magnate australiano Johan Rupert con i buoni uffici di Oliver Novack, l'uomo della finanza estera della Fininvest. Di nuovo d'agosto. Questa volta non di venerdì. Armando Zeni ti:rrm ih v -> mm m La sede di «Tele + * la pay-tv nel mirino dei giudici
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