Impronte digitali? Meglio quella dell'orecchio
IDENTITÀ' IDENTITÀ' Impronte digitali? Meglio quella dell'orecchio In Francia si studia una nuova e più sicura tecnica di riconoscimento E # passato quasi un secolo da quando Scotland Yard riuscì a smascherare i primi assassini con il sistema delle impronte digitali. La tecnica, era stata inventata poco prima, nel 1888, da un semplice inpiegato della polizia argentina, Juan Vucetich, che aveva inconsapevolmente dato l'avvio a uno straordinario sistema di riconoscimento delle persone, tanto semplice quanto efficace. Col tempo la tecnica si è perfezionata, e le si sono affiancati altri metodi, sempre più sofisticati. L'ultimo dei quali, l'analisi del Dna, è persino capace di riconoscere un colpevole dalle tracce di saliva lasciate su di un mozzicone di sigaretta (ò proprio con questa tecnica, sembra, che si sarebbero avuti pesanti indizi su alcuni esecutori della strage di Capaci). Le tecniche di riconoscimento in effetti sono in continua evoluzione anche perché trovano un crescente impiego in campi assai diversi da quelli delle indagini poliziesche. L'esigenza di identificare un individuo costituisce, infatti, il principale problema da risolvere per ambienti ad alta sicurezza, dove l'accesso è consentito solo a poche persone autorizzate. I sistemi attualmente utilizzati, come chiavi o badge magnetici, hanno un problema: non identificano la persona ma verificano semplicemente se possiede «l'autorizzazione» necessaria per entrare. Purtroppo un tesserino è facilmente falsificabile, e una chiave può essere duplicata o rubata, e un codice numerico d'accesso riprodotto... Si è così passati a sistemi molto sofisticati, basati sul riconoscimento della voce o del fondo dell'occhio (tecnica che verifica lo schema dei vasi sanguigni interni). Ma questi metodi funzionano più nei film di «007» che nella realtà: come fa una macchina a sapere se chi le parla è una persona autorizzata o la sua voce registrata da un ladro su di un nastro (o peggio ancora, una voce abilmente contraffatta)? I sistemi di riconoscimento del fondo dell'occhio, poi, sono tutt'altro che semplici: il loro uso su scala quotidiana è ancora prematuro. Persino le impronte digitali hanno i loro limiti: secondo la rivista scientifica francese «Science et Vie» basterebbe anche una piccola ferita o della semplice sporcizia a rendere difficile l'identificazione. Da qui l'idea di sfruttare un'altra parte del corpo. L'orecchio Già, perché l'orecchio è come un'impronta digitale: la sua dimensione, la sua forma, la sua curvatura, cambiano da persona a persona e non si modificano col tempo. Inoltre il sistema è semplicissimo: basta che una persona appoggi l'orecchio ad uno strumento simile a una cornetta del telefono, perché la for¬ ma del padiglione auricolare venga «fotografata», e le sue caratteristiche principali paragonate a quelle in memoria. Il tutto in pochi secondi. Uno strumento di questo tipo è già in fase di studio in Francia, e sono molti a prevedere il suo uso in campi diversissimi. Come ad esempio verificare se il possessore di una carta di credito ne è anche l'effettivo titolare, oppure se un individuo che si collega con il suo computer a una banca dati è autorizzato a farlo, e cosi via. Il riconoscimento può essere fatto anche su distanze lunghissime, sfruttando le linee telefoniche o i satelliti, come per una normale chiamata telefonica. Basterà appoggiare l'orecchio alla cornetta e aspettare qualche secondo per avere tutto quello che si vuole. Sempre che si sia autorizzati a richiederlo... Alberto Angela
Persone citate: Alberto Angela, Juan Vucetich, Scotland Yard
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