«Amo l'Italia ci tornerò»

fi Ì I Green sono rientrati in America, la mamma del bimbo ucciso: spero che i banditi cambino vita «Amo l'Italia, ci tornerò» // papà di Nicholas: ora l'apprezzo di più SAN FRANCISCO NOSTRO SERVIZIO Il viaggio di ritorno a casa della famiglia Green si è concluso martedì sera all'aeroporto di San Francisco al Signature Terminal, quello dove atterrano i jet privati. Sono arrivati alle 20,15 ora locale, dopo oltre 12 ore di viaggio a bordo di un Gulfstream dell'aviazione italiana con una mezz'ora di ritardo rispetto a quanto era stato comunicato. Sono emersi dalla scaletta prima Margareth con Eleanor, la sorellina di Nicholas, che indossava un vestitino a fiori, delle scarpette rosse e stringeva alla mano una piccola bambola. Quindi è sceso Reginald, che invece di dire che era stanco ed andarsene via, invece di chiedere privacy e rispetto per il suo dolore, si è accomodato in una saletta sotto la luce dei flash e delle telecamere e ha esordito così: «Scusateci se vi abbiamo fatto aspettare». Ad aspettare i Green ci sono una ventina di reporters dei giornali e le reti locali e delle agenzie nazionali. Chiedono di descrivere Nicholas, di parlare del problema della donazione degli organi. Ma tra una domanda e l'altra il discorso torna sempre sull'Italia. E' un Paese sicuro? Ci tornereste? E Reginald, con quella forza interiore che ha così colpito gli italiani, ripetere ai giornalisti increduli quello che ha affermato così tante volte in questi ultimi giorni. Che non ha rancore, che se non riesce a dare un senso alla tragedia occorsa sulla Salerno-Reggio ha almeno la consolazione di tornare a casa con la carica di affetto, di simpatia e di ammirazione ricevuta dagli italini. E' rimasto sorpreso da questa reazione? «Non potrò mai smettere di ribadire quanto sono stati tutti amichevoli e gentili con noi in Italia. Tutti. Prima di partire, abbiamo avuto un incontro con il Presidente e con il primo ministro. Due persone squisite, calde, umane. Con mister Berlusconi è stato un colloquio sobrio, composto. Poi, alla fine, mi ha chiesto se poteva abbracciarmi e gli ho detto: certo. Mentre lo faceva, ho sentito una sua lacrima nel mio volto ed ecco, in quella lacrima, ho sentito il calore di tutto il Paese. C'è una minoranza criminale, come accade ovunque. Ma l'Italia non è quella e lo abbiamo avvertito a tutti i livelli». Si spieghi meglio. «Abbiamo avuto ogni genere di attenzione e dimostrazioni di affetto da parte del governo centrale, delle autorità locali siciliane. Ma ci ha colpito soprattutto la reazione dei cittadini comuni, che ci hanno sorriso con tristezza quando ci incontravano per la strada, che ci hanno telefonato dicendoci che dopo la storia di Nicholas non riuscivano a dormire. E' difficile accettare, dare un senso a quello che è successo. Ma l'affetto sentito in questi giorni ci fa almeno sperare che Nicholas non è morto del tutto». Dunque l'Italia è un Paese in cui tornerebbe? «Ho amato l'Italia per tanti anni, ma non l'ho apprezzata così tanto come questa volta». Quando avete deciso di donare il cuore, il fegato, le cornee e gli altri organi di Nicholas immaginavate che il vostro gesto avrebbe ge¬ nerato così tanta attenzione? «Non ricordo nemmeno se il primo a suggerire questa idea sono stato io o Margareth. Ma appena abbiamo saputo che con Nicholas non c'erano più speranze ci è sembrata la cosa più naturale, è stata una decisione molto facile. So che quello che abbiamo fatto è importante per l'Italia e se quanto è successo non ha alcun senso almeno ci fa star bene sapere che dei bambini sono stati aiutati. Ma non dimentichiamo le tante famiglie che fanno lo stesso gesto e non hanno tutta la pubblicità, le medaglie, l'attenzione che abbiamo avuto noi». Reginald per un attimo perde la sua compostezza. Riesce a trattenere una lacrima, ma non ha più le parole. Interviene allora Margareth. Che, parlando dei banditi che le hanno ucciso il figlio, dice: «Spero che vengano presi, ma più che questo spero che restino choccati per quello che hanno fatto e che cambino la loro vita». Poi descrive Nicholas: «Era un bambino speciale - aggiunge -. Voleva sapere tutto ed era fuori di sé per avere visto il Colosseo, il Foro e Pompei, che per i piccoli è stupendo. E' come entrare in una città dell'antichità. Aveva un grande senso della giustizia, Nicholas. E adesso, è andato in un posto dove tutto è giusto». Adesso, a bordo di una station wagon, devono andare in un posto anche i Green. Hanno altre due ore di strada per raggiungere la loro villa a Bodega Bay, dove dovranno affrontare la stanza vuota, i giochi, tutte le altre memorie legate al piccolo Ni¬ cholas che non c'è più. Dura? «No, è la nostra casa», interviene Reginald. «Abbiamo molto supporto e affetto anche lì». La bara con il corpo di Nicholas è arrivata nella notte tra martedì e mercoledì a bordo di un altro aereo dell'aviazione. I funerali avranno luogo sabato pomeriggio, alle 15 locali, nella chiesa di Santa Teresa di Bodega Bay. Poi, l'ultimo saluto al cimitero. Quello stesso dove Hitchcock ha girato «Gli uccelli». Lorenzo Soria «Quando Berlusconi mi ha abbracciato ho sentito una sua lacrima sul mio volto. In quel pianto ho visto il calore con cui mi ha accolto tutto il Paese» fi Ì NcS Nella foto grande i coniugi Green che sono tornati in America. Sopra il piccolo Nicholas.