«Complotti» smascherati saccheggiando Furet

«Complotti» smascherati saccheggiando Furet polemica. Uno storico sotto accusa: ha copiato il celebre libro sulla Rivoluzione francese? «Complotti» smascherati saccheggiando Furet AROMA LL'INIZIO è solo una sensazione di già sentito, di già visto. O meglio, di I già letto. Ma quando arriva alla fine del secondo capitolo della Retorica del complotto, il libro dello storico Zeffiro Ciuffoletti pubblicato l'anno scorso dal Saggiatore nella gloriosa collana «Biblioteca delle Silerchie», il severo recensore ha un sobbalzo. S'avvia verso lo scaffale in cui è custodita la traduzione italiana per Laterza della celebre Critica della Rivoluzione francese di Frangois Furet e in quelle pagine scopre la singolare coincidenza: lunghi bram del libro di Ciuffoletti ricalcano integralmente la prosa di Furet. Solo che il severo recensore, che poi è lo storico dell'Università di Perugia Giovanni Belardelli, decide di denunciare pubblicamente quello che gli si presenta come un patente caso di plagio e invia a Storia contemporanea, la prestigiosa rivista diretta da Renzo De Felice, i risultati della sua indagine. «Le pagine che seguono rappresentano, più che una recensione, il resoconto di una lettura intrapresa con interesse, ma presto interrotta», annuncia Belardelli sul fascicolo della rivista che andrà in libreria nei prossimi giorni. Ed eccolo, il resoconto. Sei pagine suddivise in due colonne: quella di destra che riporta i brani tratti dal libro di Ciuffoletti, e quella di sinistra che esibisce la prosa di Furet. «I contadini della Grande Paura corrono alle armi contro il complotto dei briganti, i parigini prendono la Bastiglia e successivamente il castello di Versailles per difendersi dal complotto di corte...», si legge sulla «colonna Ciuffoletti». «I contadini della Grande Paura corrono alle armi contro il complotto dei briganti, i parigini prendono la Bastiglia e successivamente il castello di Versailles, per difendersi dal complotto di corte...». Frasi identiche, non è vero? Solo che in questo caso compaiono sulla «colonna Furet», con le stesse parole. Forse è solo un caso. Se si va avanti nella lettura comparata suggerita da Belardelli ci si accorge però che quei «caso» è solo uno dei tanti «casi». Scrive Ciuffoletti: «L'idea del complotto è particolarmente adatta a sedurre una sensibilità morale a sfondo religioso... e una mentalità abituata a concepire il male come il prodotto di forze occulte». E questo è Furet: «L'idea è fatta apposta per sedurre una sensibilità morale a sfondo religioso, usa a considerare il male come prodotto da forze occulte...». Varianti, come è facile intuire, minime e del tutto irrilevanti. Secondo Ciuffoletti «Robespierre ha interiorizzato la codificazione ideologica del fenomeno rivoluzionario» ma anche secondo Furet l'Incorruttibile aveva «interiorizzato la codificazione ideologica del fenomeno rivoluzionario». A giudizio di Ciuffo- letti «approvando la cacciata dei girondini dalla Convenzione del 31 maggio-2 giugno 1793, l'idolo dei giacobini fonda il suo regno sulla disfatta del principio rappresentativo», ma anche a giudizio di Furet «approvando la cacciata dei girondini dalla Convenzione, il 31 maggio-2 giugno 1793, egli fonda il suo regno dell'opinione sulla disfatta del principio rappresentativo». E così via: periodi uguali, argomentazioni identiche. Come una copia con l'originale. La sentenza di Balardelli su Storia contemporanea non lascia adito a dubbi: «il testo» di Ciuffoletti «sembra riprodurre fin nello stile piuttosto particolare» quello di Frangois Furet, «il suo debito nei confronti del testo dello studioso francese è totale, sia riguardo al contenuto che alla forma dell'argomentazione». Verdetto gravissimo, reso ancor più pesante dal sospetto avanzato da Belardelli che Furet non sarebbe l'unico studioso «riprodotto» dall'autore della Retorica del complotto giacché «le considerazioni iniziali del primo capitolo» del libro di Zeffiro Ciuffoletti sembrerebbero infatti dipendere, «più di quanto l'A. non esplicitasse, da un testo di Raoul Girardet di qualche anno fa» (Mythes et mythologìes politiques del 1986». Un'accusa davvero terribile: un caso di plagio oppure un omissione un po troppo disinvolta delle virgolette obbligatorie quando si citano passi molto estesi di un altro libro? La risposta di Ciuffoletti propende per la seconda ipotesi: «Effettivamente quelle virgolette dovevano restare». «Il fatto è», spiega Ciuffoletti, «che originariamente io avevo in mano un libro scientifico di oltre trecento pagine sulla "retorica del complotto" nella Rivoluzioone francese. Poi l'editore mi ha chiesto di ridurre il tutto nelle dimensioni di un agile pamphlet, snello e con poche note. Fatalmente, dovendo tagliare parti cospicue di quel lavoro, le forbici hanno lavorato anche dove non dovevano». L'agile pamphlet di Ciuffoletti ha avuto successo e sui quotidiani è stato accolto con recensioni molto favorevoli. Ora arriva la tegola di Storia contemporanea: «In ambito accademico il mio è risultato un libro scomodo», afferma Ciuffoletti. Ma per Belardelli il «saccheggio» che Ciuffoletti avrebbe operato ai danni di Furet dimostra che si ha a che fare con un caso di violazione delle «norme non scritte che regolano l'attività dello storico». Una brutta storia, tra gli storici italiani. Pierluigi Battista Mie frasi identiche il «plagiario» replica: Tradito dalle virgolette «Storia contemporanea» attacca Zeffiro Ciuffoletti autore d'un saggio di successo sul «complottismo» Il plagio: difficile da definire sempre in agguato fra gli studiosi Sotto, Frangois Furet, autore della celebre «Critica della Rivoluzione francese». A destra, Zeffiro Ciuffoletti Renzo De Felice direttore della prestigiosa rivista «Storia contemporanea»

Luoghi citati: Balardelli, Versailles