il trucco sotto il quiz di Stefano Bartezzaghi
il trucco satto il quii il trucco satto il quii Polemica dopo l'inchiesta sulla «Ruota» MIKE EI SUOI FRATELLI ENZO Arbore lo ha proclamato già nel 1987, ed ò sempre più vero: la vita è tutta un quiz. Siamo stati un popolo di apprendisti concorrenti, con Lascia o raddoppia? Con Rischiatutto ci siamo assuefatti alla busta numero uno, numero due e numero tre. Con gli anni siamo diventati un popolo di concorrenti a colori, un popolo di concorrenti al telefono e al telefonino. Accaniti, scafati, amorosi: Mike fa uno zufolo, e noi accorriamo. Soprattutto continuiamo a fidarci, malgrado le notizie che ci raggiungono in questi giorni: concorrenti raccomandati a La ruota della fortuna del medesimo Mike e pubblici ministeri a indagare sulle vincite. Intanto l'identità quizzarola è ovviamente cambiata: se Mike Bongiorno resta il re della televisione a premi, una frotta di dignitosi emuli ha occupato i palinsesti, il rigido modello del quiz nozionistico ha lasciato il posto ai giochi a cui tutti possono partecipare, le sponsorizzazioni hanno chiuso il cerchio. Maggior età e presenza discreta (almeno di spirito), timidezza o eccentricità, cattiveria agonistica o bonario fair play sono i blandi requisiti, e così i nipotini della signora Longari telegenici comunque - sono diventati legione. Se nella combinazione di soldi e spettacolo il dietrologo sospetta succulenti retrobottega, lo smentiscono proprio i concorrenti: «La correttezza di un Lippi non è discutibile», esemplifica Marcella Taralli, di Chieti. La signora è una veterana di ogni sorta di gioco a premi (quiz televisivi, radiofonici, giochi promozionali legati alle prove d'acquisto) ed è fra le ideatrici, fondatrici, nonché attuale vicedirettrice dell'Ancit, l'Associazione Nazionale Concorsisti Italiani. Un sindacato aspiranti miliardari? Più o meno, ma per ossero un sindacato ha un rispetto totale della controparte. A differenza di Umberto Eco, già fenomcnologo di Mike Bongiorno, la signora Taralli non crede che i quiz siano manipolati per favorire i concorrenti più simpatici al pubblico, dunque funzionali all'audience. Esclude calorosamente clic La ruota della fortu na possa avere girato dalla parto di qualcuno, putacaso un funzionario del ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. Anzi, La ruota della fortuna è il sogno della signora Taralli e degli altri 390 associati all'Ancit. Nessuno di loro ha mai partecipato: «Solo una volta fecero un provino a un ragazzo, scriva il nome, Giovanni Gravina di Taranto. Poi non lo hanno preso, com'è loro diritto». Il cruccio della signora è arrivarci, al provino: «Io ho mandato già 130 domande, e tenga conto che sono una persona fortunata, non una sfigata. Non mi hanno chiamato mai». I giornali di questi giorni parlano di raccomandazioni... «Guardi, non mi scandalizzo e non faccio illazioni: sullo svolgimento del gioco sono più che serena. Dico solo che uno dei nostri sarebbe anche per loro la migliore prova di trasparenza, perché dove ci sono trucchi noi ce ne accorgiamo». E un funzionario ministeriale? «Possiamo giocare tutti, e quindi può giocare anche lui. Ma, ci fosse un sorteggio o spiegassero i criteri di selezione, spedirei ancor più volentieri la mia centotrentunesima domanda, e anzi poi veda di non farmi dire nulla che possa lasciarmi fuori un'altra volta...». Tutto di santi ed eroi, il popolo dei concorrenti? C'è stata la concorrente sleale del TeleMike (1990), con gli appunti nel décolleté subito smascherata e anche un po' vilipesa da Mike. C'è poi il concorrente che dà una risposta esatta prima della formulazione della relativa domanda (o, catastrofe più bizzarra, la risposta esatta di una domanda che all'ultimo momento è stata sostituita), dimostrando l'esistenza di una talpa. Finisce che il concorrente riappende velocemente il tele¬ fono e il conduttore vorrebbe appendere velocemente il concorrente, a una forca. Oltre che a Enrica Bonaccorti (Non è la Rai, 1991) è capitato a Pippo Baudo (Partita doppia, 1993). Casi circoscritti, e anche folkloristici. Le polemiche sui quiz si riducono a risposte contestate, come gli inerti movioloni dei fuorigioco la domenica sera. Al massimo si arriva a Massimo Inardi che sbancava il Rischiatutto ed era ritenuto un valente lettore di pensiero. Per impedirgli di trovare la soluzione degli enigmi nella mente di Mike Bongiorno, la mente stessa ne fu lasciata all'oscuro. Era Sabina, che fuori dalla portata telepatica di Inardi, alzava una paletta per le risposte esat¬ te e, molto meno di frequente, una per quelle sbagliate. Questo è però ciò che Mike chiama «contorno di spettacolo», come quando rimandò in camerino l'esperta in erotismo Pierangela Vallerino. Aveva indossato i pantaloni, e Mike, a nome di tutti, pretese la solita minigonna. Ma ove lo spettacolo cede ai soldi, lì pare imperare la serietà. In questi giorni si parla spesso di Twenty One (1958), un quiz americano truffaldino su cui ora Robert Redford sta girando un film. Ricordandolo, Aldo Grasso (il critico televisivo autore della Storia della televisione italiana e di Nel paese dei Berlusconi) ha scritto: «Stranamente il quiz italiano è rimasto finora inden- ne da partite vistosamente truccate». Era il 1990, prima degli incidenti di TeleMike e della Ruota della fortuna. Oggi Grasso è della stessa idea, ma con una postilla: «Il vero quiz è il telegiornale: ti danno una notizia e devi pensare alla risposta esatta. Parla Buttiglione e devi scoprire quale sia la frase nascosta. Per il resto, prima che i quiz, il contrappasso della falsità ha colpito la televisioneverità, con le storie "vere" di Forum e Stranamore, che erano viceversa sceneggiate. E' lì che si è rotto un patto, una presunzione di lealtà. E' lì che il notaio è rimasto ucciso. Fidarsi sarà più difficile». Stefano Bartezzaghi Dagli appunti nel décolleté alle risposte preparate Ma l'Associazione dei concorrenti «Nessuna tangente» Mike Bongiorno Enrica Bonaccorti Sotto: Pippo Baudo
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