Scalfaro: il cda Rai resti al suo posto di Maria Grazia BruzzoneGianni Letta

La rinuncia di Zavoli a dirigere Rai3 spiana la strada a nomine che accontentano la Lega La rinuncia di Zavoli a dirigere Rai3 spiana la strada a nomine che accontentano la Lega ScaHaro; il cda Rai resti al suo posto «La tv di Stato non può essere abbandonata a se stessa» ROMA. Il presidente Scalf'aro è di nuovo sulla Rai. Questa volta, per dare la sua benedizione al consiglio di amministrazione, che proprio stamattina aspetta il voto della commissione parlamentare di Vigilanza sul piano editoriale. Letizia Moratti era andata al Quirinale per ringaziare Scalf'aro del suo intervento in difesa del servizio pubblico sulla vicenda del canone. E nel colloquio a quattr'occhi, il Capo dello Stato le avrebbe manifestato la sua preoccupazione di un «gesto avventato» del cda «In un momento così delicate per la Rai e per il Paese - avrebbe detto in sostanza Scalf'aro -, il vertice della Rai non può rimanere vacante». Dunque, un invito a non dimettersi, neppure in caso di parere negativo della Vigilanza. Un atto comunque non dovuto, aveva già chiarito il presidente del Senato Scognamiglio sabato, proponendo eventualmente una riscrittura del piano editoriale. Mentre Berlusconi domenica escludeva in ogni caso l'eventualità di un commissario. Un'ipotesi non ancora scongiurata, sembrava fino all'ultimo, quella di un voto negativo alla Vigilanza. Appesa al filo incerto delle decisioni della Lega, sempre con l'ascia di guerra in mano. Finché non è arrivata la notizia che Sergio Zavoli rinuncia all'offerta di dirigere Rai3. Riaprendo i giochi, con Michele Santoro in pole position. Un regalo inatteso per la Lega, nel caso. Che non si sa bene se si aggiungerebbe ai 4 condirettori di Vigorelli, più la sede di Milano, già decisi ufficiosamente dal cda. E malgrado la definizione poco lusinghiera di Bossi che l'altra settimana ha definito il fondatore di Samarcanda «un tappo rosso». Zavoli, alla fine, ha dunque detto di no. «Grazie mille, ma preferisco continuare a collaborare come autore» ha spiegato a Letizia Moratti, che ha visto ieri per la seconda volta. «Zavoli aveva manifestato già nei giorni scorsi alcune riserve in merito alle caratteristiche della rete, previste dal piano editoriale, e la propria personalità professionale», si legge in un comunicato ufficiale Rai. Che si conclude con un autentico panegirico: «Sergio Zavoli - che Montanelli ha definito "principe del giornalismo televisivo" e la cui vicenda professionale ha attraversato tanta parte della storia della Rai - riprende così il suo lavoro di prestigioso autore per la televisione, come fece del resto quando venne a scadenza, nel 1986, il suo mandato di presidente Rai». Che l'ex presidente avesse delle perplessità, non era un mistero. Di tipo economico, intanto, dato il suo contratto di collaboratore Rai, già assai cospicuo (300 milioni l'anno), e il contenzioso aperto col Mattino, difficilmente risolvibile con un'assunzione «da interno». Quindi i dubbi sull'impostazione regional-fe- deralista che Moratti e soci si accingerebbero a dare a Rai3, in omaggio alle richieste di Bossi. Ma il colpo di grazia decisivo l'avrebbe dato la consapevolezza che il suo ritorno alla ribalta, in una vicenda politica suo malgrado non proprio limpidissima, stava già minando quell'immagine incontaminata a cui Zavoli tiene più di ogni altra cosa. Tanto da indurlo, punto sul vivo da una Zavoli-story fotografica vagamente irriverente pubblicata dall'espresso, a dedicare la sua ultima rubrica su Epoca interamente a sé stesso e al suo «caso» di giornalista senza macchie perseguitato dai mass-media. Come è, come non è, fatto sta che la decisione dell'ex direttore del Mattino toglie, per così dire, le castagne dal fuoco a tanti. Consiglieri di amministrazione e politici. E ora la strada verso i fatidici appuntamenti della settimana, la commissione di vigilanza oggi e domani il decreto salva-Rai alla Cultura, diventano di colpo meno densi di incognite. Di colpo i toni bellicosi di Luca Leoni Orsenigo paiono smorzarsi. «Se cambia il piano editoriale, devono cambiare anche i direttori di rete e di testata», chiedeva con la lancia in re¬ sta a fine mattinata. Che era già un passo indietro, rispetto alla primitiva richiesta di dimissioni del cda. Ma in serata corregge il tiro. «Gli attuali direttori possono anche rimanere, a patto che si impegnino al fare la rete federalista come abbiamo chiesto spiega al telefono -. Se poi questo significa perdere la faccia... li giudicheremo noi e il pubblico». Una posizione ben più morbida , che sembra rinviare lo scontro alla commissione Cultura, sugli emendamenti al decreto salvaRai che il presidente della Camera Pivetti non ha ancora deciso di ammettere al voto. «Se non lo fa, ci appelleremo a Scalfaro», annunciava lo stesso Orsenigo. Ma sempre prima della bomba Zavoli. Maria Grazia Bruzzone Leoni Orsenigo «Ci basta che faccia la rete federalista» la rete federalista» Il cavallo di Messina simbolo della Rai Sotto: Letizia Moratti e Gianni Letta

Luoghi citati: Messina, Milano, Roma