Celentano il non-evento di Marinella Venegoni

Il manager: «Pretende troppo, rischiamo ogni giorno il passivo» Il manager: «Pretende troppo, rischiamo ogni giorno il passivo» talentano, il non-evento Lui esterna: «Si viveva meglio prima spegnete la tv 2 volte la settimana» CAVA PEI TIRRENI DAL NOSTRO INVIATO «In effetti, c'è stata poca paralisi del traffico, qui a Cava». Sorride Adriano Celentano, con la sua faccia da eterno adolescente sopra la camicia rosa, nella notte dopo la «prima» del tour: aveva predetto ingorghi che non ci sono stati e non ci saranno neanche nelle tappe successive. Non erano più di seimila le famigliole e i giovani arrivati al concerto, e defezioni si sono contate soprattutto nei posti più cari: 95 mila lire con la prevendita. «In effetti, il prezzo è alto per uno stadio - ammette Adriano -. Ma per i Palasport è giusto. Il meglio, sarebbe 50 e 35 mila lire». Enrico Rovelli, organizzatore del tutto, lo guarda da lontano con i suoi occhi pungenti: «Se lui non volesse tanti soldi, o fosse disponibile a fare più date, non rischieremmo il passivo quotidiano», bofonchia. Dal suo angolo, Celentano intanto già sta annunciando che tornerà in tour in primavera, dopo questo primo giro: «Altri palasport, e i Paesi dell'Est». Quel che mancava, l'altra sera nell'aria tiepida di Cava, era il senso di attesa. Celentano non cantava dal vivo da 15 anni, ma cinema e tv ne hanno fatto comunque un personaggio largamente consumato. E le canzoni, anche in un concerto di Celentano, sono pur sempre ùnportanti: non essendo memorabili quelle del recente album «Quel Punto», manca l'ingrediente fondamentale a far scattare una molla di attualità, a far correre la fetta d'Italia cui questo show sembra destinato: quella che non va ai concerti, se ne infischia del rap, sta in casa davanti alla tv. Lo show - che si conclude con fuochi d'artificio alla Pink Floyd è stato concepito ambiziosamente; vuole essere un grande affresco dell'Italia popolare, la più profonda e strapaesana. Un'Italia che sogna l'America e ne imita le mode, proprio come Celentano continua a far proprie le movenze di Jerry Lewis giovane e la passione del r'n'r tradotto: ma poi si rifugia sotto l'ala del proprio costume melodico e ne esalta alcuni momenti cantando inarrestabilmen¬ te, com'è successo a Cava, «(Azzurro» o «Il ragazzo della via Gluck», durante le quali il protagonista è stato praticamente messo a tacere dalla folla. E' uno spettacolo teatrale in grandi spazi: bellissùna la scenografia, calde e particolari le luci di Pepi Morgia; mia produzione superprofessionale, che nella prima parte, quando Adriano coinvolge la pittoresca truppa di riìtisicisti, ha i ritmi e le trovate di un musical corale. Più avanti, è il personaggio Celentano a dominare attraverso la storia delle sue canzoni: la scelta non risparmia momenti deteriori come «Susanna», «Il seme del rap» è carina visivamente ma suona pallida rispetto a «Prisencolinensinanciusol». La discussa «Quel punto» musicalmente sta su bene ma il testo è una rovina: e non si può neanche lontanamente paragonare al realismo malinconico e precursore di un semplice valzerone, ben più sociologico, come «Il problema più importante». Mancano in scaletta tanti pezzi fondamentali. Il concerto è alla fine come Celentano stesso: un'alternanza sconcertante di alti e bassi, di episodi esaltanti e momenti «no». Due i punti a favore: la forma vocale del Molleggiato e la bravura corale dell'orchestra; un buon rodaggio è urgente e il cantante dovrà adattarsi a riconquistare con fatica il pubblico che ha perso in questi 15 anni, ricordandosi che non è necessariamente - anzi - quello di un tempo. In concerto, Celentano si è lamentato che i preti in Chiesa non parlino più del Paradiso; ha raccontato barzellette e ricordato l'amico paroliere Beretta che non c'è più, dedicandogli «Un bimbo sul leone». Più tardi, in albergo, ha ribadito lo spirito provocatorio della scritta iniziale «Quando noi ignoranti eravamo di più, tutto era più bello» ed ha confermato la sua nostalgia per un passato migliore: «Stavamo meglio quando stavamo peggio, perché ci accontentavamo. Ora si vuole tutto, la seconda e terza macchina, tutte le tv che invece bisognerebbe spegnere almeno due giorni la settimana, come quando c'era l'austerity». Ma intanto ammette che sta trattando sia con Rai che con Fininvest la diretta del concerto del 18 ottobre a Milano; e riprende il proprio show con le telecamere, senza sapere ancora bene come userà quelle riprese. La tv pirata? «Quelli con cui ero d'accordo non ci sono più, vedremo. A proposito, mi spiace molto che abbiano mandato via Guglielmi, dalla Rai: era un passo avanti agli altri». Marinella Venegoni Date: 4 ottobre Bari, 8 Pescara, 10 Firenze, 13 Bolzano, 15 Bologna, 18 Torino, 18 novembre Milano. Adriano Celentano ha aperto la tournée in uno stadio semivuoto: seimila paganti