Bologna pontificia vista al femminile

Lavinia Fontana, pittrice del '500 Lavinia Fontana, pittrice del '500 Bologna pontificia vista al femminile EBOLOGNA A coincidenza fra la mostra dedicata a Sofonisba Anguissola, in corso a Cremona, e quella di Lavinia Fontana, al Museo civico archeologico di Bologna fino al 4 dicembre (catalogo Electa), ha fatto parlare di una «battaglia di dame», considerando anche le consonanze di tempo e di cultura fra le due pittrici. In realtà, le impostazioni e i caratteri delle due manifestazioni sono piuttosto diversi: ampia rassegna monografica quella cremonese, adatta alla grande professionista del ritratto che seppe proiettare fama e gloria dalla provincia lombarda fino alle corti d'Europa; «dossier» su un nodo complesso di cultura e di psicologia individuale e collettiva quale è quello della Bologna pontificia e tridentina di Gregorio XIII Buoncompagni e dei cardinali Cesi, sostituto del legato Carlo Borromeo, e Paleotti, arcivescovo, la mostra bolognese. Lavinia, pittrice erudita figlia del coltissimo Prospero, ultimo manierista bolognese, è eccellente rappresentante di questo nodo bolognese, con tutte le sue contraddizioni: ritrae più volte lo storico Carlo Sigonio, maestro di eloquenza nello Studio bolognese ed esponente di punta della Controriforma - qui è esposto il quadro del Museo di Modena - ed è richiesta da Roma per ritrarre la coppia Jacopo Buoncompagni, figlio naturale del Papa, e Costanza Sforza; trascorre l'ultima parte della vita a Roma presso il cardinale d'Este. A Roma, nel 1613, finultimo anno di vita, dipinge per un illustrissimo committente, il cardinal Scipione Borghese, l'incredibile Minerva in atto di abbigliarsi, gelido nudo androgino - in perfetta conformità con la psicologia del mito - che mantiene e perfeziona 10 spirito di Fontainebleau agli albori di un secolo che vede già Rubens in piena e sensuale attività. 11 pennello che conferisce la più inquietante ambiguità a questa privatissima immagine senza tempo, sgusciarne come un Giambologna, con cui Lavinia era in corrispondenza, e virginalmente frigida come un Bernardino Campi, e indugia su vesti e armi con la minuzia di un ottico o di un entomologo è pur il medesimo che modella le pale sacre nel più stretto e ossequiente spirito della Contro¬ riforma. Anche su questo versante, di cui la mostra offre egregi esempi fra cui spicca la giovanile Assunta di Ponte Santo e santi dipinta per Imola nel 1584, sorta di grande ex voto dedicato ad una immagine miracolosa locale riconosciuta come tale da apposito tribunale ecclesiastico secondo i dettami tridentini, Lavinia è esempio sottile del complesso clima bolognese. Ossequiente secondo ogni buona regola fra etica e accademica (o meglio, ancora, di bottega) ai modelli paterni, essa immette in quell'opera risentimenti cromatici neoveneti, precisioni psicologiche ed emozionali nelle teste dei santi, nettezze di lume costruttivo nel modello dedicatorio della città ai piedi della tela spiegabili solo con l'emergere di un'altra e nuova cultura, quella dei Carracci. Quando il confronto fra padre e figlia è direttamente portato nell'ambito del ritratto, come nel caso dei due Ritratti di gentildonna, di Prospero dal Museo Davia Bargellini e di Lavinia dalla Walters Art Gallery di Baltimora, l'accento non è tanto da porre sui diversi tempi generazionali e culturali quanto sull'intrinseca qualità, a netto vantaggio della figlia. Rimane però anche la distinzione fra la minuzia ottica, da manierismo settentrionale, dell'incidenza di luce con fonti oggettivamente denunciate, nel padre, e la più fusa e concreta realtà, ovvero verità naturale, nella figlia. Spuntano di nuovo i Carracci, il cui esempio, con particolare riferimento a Ludovico, appare evidente nel capolavoro «borghese» di Lavinia, il Ritratto di famiglia passato alla neonata Brera in età napoleonica dalla collezione Pio di Ravenna. In mostra, la tela milanese è posta di fronte al grande Ritratto della famiglia Gozzadini della Pinacoteca di Bologna, dipinto nel 1584 su commissione di Laudomia Gozzadini, figlia del senatore Ulisse e moglie del cugino Camillo Gozzadini. Difficile trovare qualcosa di più emblematico delle due anime e delle due culture bolognesi del tempo. La vitalità espressa dal teatro gestuale del gruppo borghese in vesti scure e dignitose si raggela nella sontuosità catafratta e nell'aura di pura conservazione nel tempo e del tempo del ritratto «nobile», in cui sono ritratti in un intreccio di gesti puramente simbolici anche un padre e una sorella morti da anni. Marco Rosei «Ritratto di famiglia», tela di Lavinia Fontana conservata a Brera