ASSENZIO L'inferno della Fata Verde

Nasce in Francia il museo del liquore che stregò artisti e intellettuali nell'800 Nasce in Francia il museo del liquore che stregò artisti e intellettuali nell'800 ASSENZIO Einferno della Fata Verde AUVERS SUR-OISE DAL NOSTRO INVIATO Settantanove anni dopo la sumessa al bando da tavoli domestici, bistrot e café, l'assenzio ritrova asilo in terra francese. Auverssur-Oise, il Comune della banlieue parigina immortalato dVan Gogh, dedica alla «Fata Verde» musa di pittori e letterati upiccolo museo che ripercorre nesecoli la straordinaria, surrealavventura dell'Artemisia absinthiurh, I cinefili vi ritroveranno «cucchiaio da assenzio» che la drettrice Marie-Claude Delahayprestò a Francis Ford Coppola peil suo Dracula, i collezionisti vecchie rarissime bottiglie (quelle 68"), gli appassionati d'arte i quadri in cui Manet, Degas, Picassritrassero il dolce, tenebroso lquore. Più, naturalmente, il kdell'absintheur: bicchiere conicocucchiaio traforato su cui poggiare lo zucchero e fontanella chgoccia a goccia liquefi il dolcifcante facendolo colare sulla vscosa, alcolicissima essenza offcinale sottostante. Ritroviamtuttora un rituale simile - e non caso, come vedremo - in pastis anisettes provenzali. Ma assasemplificato e più rapido, comvuole il progresso tecnologico. Il povero assenzio, invece, è inguaribilmente datato '800. Era vzio conviviale, interminabile, bsognoso di uno o più officianti numerosi complici, atmosfespesse, risate omeriche, dissolutezze bohémien. Tra l'iridescendistillato e un succedaneo odiernc'è, se vogliamo, la medesima diferenza che separa una fumerid'oppio e l'eroina per endovenIn ogni caso, difficile ormai farparagoni. Dal 17 marzo 1915 l'asenzio è fuorilegge in Franciuna misura di tutela sanitaria chimitarono più o meno alla stessepoca gli altri Paesi euro-amercani. Tranne la Spagna, ove ancora oggi si possono ordinare amarognoli e deludenti aperitivi al'assenzio. Pianta officinale per eccellenzscopriamo l'artemisia già in upapiro egizio del 1600 a.C. Le vrietà sono numerose. E le appliczioni alcoliche pure. Valga petutte quello che i francesi chiamano «Assenzio delle Alpi» [Artemsia mutcllina) da cui savoiardsvizzeri e valdostani ricavano genépy. Gli esordi, insomma, sonquelli di un rassicurante digestvo, che in più placa l'angina e mal di denti. I primi brividi arrivano con l'Apocalisse. Cap. 8, versi 10 e 11 : «terzo angelo suonò la tromba. cadde dal Cielo una grande stelardente come torcia. (...) Il suo nme era Assenzio, e un terzo delacque fu tramutato in assenzioparecchi uomini morirono a causa loro poiché erano divenuamare». Sinistra profezia, chmolti secoli dopo doveva trovaun parziale, innocuo adempimenti. L'11 agosto 1901, festa dpompieri, va a fuoco la gigantesc distilleria Pernod di Pontarlet. Esplodono gli alambicchi e le gigantesche damigiane: l'assenzio migliaia di ettolitri - finisce nelle scarse acque del Doubs. A valle, i contadini corrono al fiume per dissetarsi e ne rientrano sbronzi. E il geologo Fournier, che da decenni voleva dimostrare come la Loue, un torrente a carattere carsico, derivasse dal Doubs, ne avrà infine la prova: sa di assenzio. Ma non anticipiamo i tempi. Dopo un leale servizio nel Medio Evo quale balsamo, il «vino di assenzio» saprà imporsi nel '700 in Svizzera, grazie al docteur Ordinane, un Dulcamara locale che vendeva elisir dalle dubbie qualità terapeutiche ma formidabili per aroma. L'assenzio cessa allora di essere una specialità curativa per fare il suo ingresso tra gli alcolici à la page. Quel nome un po' misterioso, le ascendenze mitologiche dell'Artemisia (da Artemide-Diana), il residuo alibi terapeutico per non colpevolizzare troppo gli aficionados e un'abile politica commerciale ne favoriranno il consumo fra la gente di mondo. Henri-Louis Pernod fonda l'omonima azienda - la stessa riconvertitasi nell'anice dopo il 1920 - verso il 1804. Fioriscono i nomignoli affettuosi: «Abs, alfa, ambrosia verde, erba santa...». Ma presto inizieranno chiamarlo, in slang ferroviario, «coincidenza per Charenton», cittadina nella banlieue di Parigi che ospitava un celebre manicomio. Dietro la scherzosa espressione già s'intravede la metamorfosi cui l'assenzio andrà incontro negli ultimi anni del secolo: da «fata verde» a strega. Ma, per il momento, sono semplici avvisaglie. Nel Quartiere Latino il Café Procope raccoglie tra le 15 e le 17 - l'«ora dell'assenzio» - bevitori celebri e entusiasti. Alla Laitorie du Paradoxe troviamo con il loro bicchierino Charles Baudelaire, Felix Tournachon detto Nadar, il poeta Charles Bataille. E una celebre canzone declama: «Us buvaient de l'absynthe cornine on boirait de l'eau: l'un s'appelait Verlaine, l'autre c'était Rimbaud». Manet si azzarda a dipingere, nel 1859, II bevitore d'assenzio. Glielo rifiuteranno a tre mostre, poiché malgrado la celebrità rimane un tantinello «maudit». Non lo tracannano forse volentieri i tiratardi, gli attaccabrighe, i provocatori delle Lettere e delle Arti? Pesa, inoltre, la diffidenza verso le presunte virtù allucinogene dell'assenzio. Che oggidì fanno sorridere. Eppure, come sempre, qualcosa di vero c'era. Tradizione vuole l'avvinazzato sia rubicondo. Ebbene, a buttar giù assenzio in ampie dosi accade il contrario. Pallore cadaverico, sguardo allucinato: più che sbornia, la si direbbe trance. Sono pure conseguenze fisiologiche, nessun «trip». Ma l'autosuggestione fa il resto. E comunque l'artemisia (sorpresa: in ucraino si chiama «cernobil») ha latenti qualità narcotiche. Aggiungiamoci che toglie la fame per qualche ora. Ai romanzieri squattrinati non doveva sembrare vero. Altri, come Toulouse Lautrec, ne fecero una vera e propria religione. La sua canna da passeggio con fiala incorporata per un cicchettino veloce rimane insuperabile. Ma ecco il luccichio del mito incrinarsi, poi cedere all'orrore e alla collettiva riprovazione. Perché, nel frattempo, l'assenzio era divenuta una piaga operaia e contadina. Costava spesso meno del vino. E le possibilità di contraffazioni chimiche a prezzo minimo erano numerose. Le campagne francesi, quindi il proletariato urbano ne divennero le prime vittime. Il record di etilismo da assenzio spettava a Marsiglia, ma nessuna regione era indenne. Bere, ubriacarsi, dimenticare. Anche senza leggere Zola, bastano le statistiche d'epoca: a metà '800 in Normandia esisteva uno spaccio alcolico ogni 10 uomini. La Camera si sveglia da un lungo torpore. Fioccano le interrogazioni. Nasce una prima Lega anti-assenzio. Ma andiamoci piano a esaltarne la purezza missionaria: la finanziavano i viticoltori, desiderosi che la Francia tornasse al sano etilismo bacchi¬ co. Parola d'ordine: «L'absinthe rend fou», l'assenzio fa impazzire. Era vero? Non pochi ubriachi da artemisia uccisero i loro cari. Ma forse con un litro di grappa in corpo le loro reazioni non sarebbero state troppo diverse. L'epoca, tuttavia, esigeva certezze scientifiche. Allora s'inoculò il liquore a pacifiche cavie, topolini che cadevano in convulsioni pochi attimi dopo. «Ecco la prova!», gridavano trionfanti gli assenziofobi. Con il '900 tira ormai un'aria da proibizionismo imminente. E tuttavia Parigi esita. L'erario recupera ogni anno sull'assenzio 45 milioni di franchi, indispensabili per il budget nazionale. Privarsene è dura. Ma comincia l'assedio legislativo al verde tempio dell'oblio. Regolamentazioni, misure antifrode, decreti. L'assenzio non regna più, lo si tollera a malapena. E il «nuovo corso» contagia le altre capitali. In Germania, per esempio, non si può dire che l'artemisia avesse trascorsi molto favorevoli: la usavano come vennifugo. Ma saperla in voga a Parigi era un'ottima ragione per scordarlo e trasformarla in musa. Quando le sue fortune sulla Senna decrebbero, Berlino - e con lei il mondo - relegò l'assenzio in cantina. Primo a vietarlo fu il Congo, poi via via diverse nazioni europee. Parigi si adeguò nel secondo anno della Grande Guerra, ammantando di eroismo e patria • sollecitudine l'interdizione: vogliamo guerrieri, non debosciati assenziomani. E alle truppe sulla Mosa l'Esercito spedi, per consolarle, botti di Bordeaux. La lobby enologica usciva vincitrice da una secolare battaglia. E negli anni successivi vegliò affinché l'assenzio rimanesse al bando. Una piccola rivincita se la prese il pastis (l'italiano «pasticcio» nella versione che ne offre il patois nizzardo), cocktail di acqua e alcol all'anice. Industrie quali Pernod e Ricard si riconvertirono, raccogliendo un ottimo successo nel Midi, mediocre altrove. In ogni caso, nessuno seppe far rivivere la magica aura dell'assenzio, liquore alchemico per eccellenza. I nostalgici - che sono numerosi - ne devono intuire il gusto attraverso la lettura di romanzi e novelle ottocenteschi. Oppure recarsi in pellegrinaggio a Auvers. Uno almeno, e autorevole, può dire di averlo assaggiato. Era il 1985. Francois Mitterrand si trovava in visita ufficiale a Neuchàtel, patria del docteur Ordinaire. Come dessert gli servirono un misterioso soufflé alcolico «à la fée». Assenzio? Lo chef spiegò enigmatico: «E' un liquore locale». Come l'assenzio. E la Fata Verde sorrise. Enrico Benedetto Dalle sinistre profezie dell'Apocalisse ai fasti parigini Amato e maledetto: «Fa impazzire» Ma dietro le accuse dei proibizionisti c'erano gli interessi dei viticoltori Ispirò Baudelaire e Toulouse-Lautrec Messo fuori legge nel 1915, suo pallido erede divenne il Pastis ua tirorsnda erun nei ale no il diye per N «Assenzio» di Edgar Degas ( 1876) Sotto Henri de Toulouse-Lautrec Arthur Rimbaud e in alto Charles Baudelaire. Qui sopra un'affiche pubblicitaria dell'assenzio