IL PALAZZO di Filippo Ceccarelli

Il Presidente: ho fatto il mio dovere, solo alla fine darò un giudizio sulla finanziaria IL PALAZZO =1 Lo sciupafemmine ilpipino e la fiamma MINIMA vulgaria, elevata bassezza, fiorellini di scurrilità. «Il "Pipino" pende a sinistra» titola in prima pagina il Secolo d'Italia. Perché in fondo non è un fatto di maleducazione, la grossolanità missina, ma di cuore. Con moto del tutto spontaneo dell'animo, d'altra parte, il vicepresidente del Consiglio Tatarclla trova opportuno presentare al presidente del Consiglio «il più grande acchiappafemmine di Bari». E con la più innocente allegria il vicepresidente del Senato Misserville, quello che ha tagliato il codino al suo assistito, spiega che «sa, noi fascisti siamo come gli ebrei: ci sposiamo sempre tra noi». Né serve per impressionare, o tantomeno appare calibrato sui media quel vortice d'offese villane che gli uomini e le donne del msi si scambiano appena se ne porga loro il destro, e nemmeno sembra lontanamente televisivo, sgarbiano. Sgorga sincero, piuttosto, da una memoria antica, gelosamente custodita a contatto con le viscere, e anche per questo è assai probabile che rimanga in quella nuovissima formazione di dèstra che definire neo-gaùllista o addirittura giscardiana, anche solo per il tocco di particolarissima trivialità che diffonde attorno a sé, pare in effetti un po' azzardato. Intanto, lungo la transizione dal msi ad an, l'antologia continua ad aggiornarsi, ingolfandosi di insulti ad uso interno e a sfondo sessuale. Per cui all'onorevole Cesco Giulio Baghino, capo dei reduci della Rsi, va senz'altro riconosciuto il primato di aver introdotto il tema mestruazioni - e riflessi psicologici delle medesime - nel pur vasto insultano politico italiano. Con la Mussolini, Baghino è stato anche allusivamente delicato, a suo modo perfino comprensivo: «Anche Alessandra, come tutte le donne ha dei momenti di confusione mentale. E quando le vengono quei momenti...». Ben altra insinuante pesantezza, sempre nei riguardi della Mussolini - che per inciso si sa benissimo difendere, vedi il numero «'A Bassolì sei proprio 'no jettatore!», con relativa esibizione di corna - ha dimostrato Teodoro Buontempo: «Non mi faccio adescare». Più diretto e pure fantasioso, occorre riconoscere, è stato a proposito del sottosegretario Gasparri: «Non vale un pelo del mio czz». Stentoreamente reiterativo, da parte sua, Francesco Storace: «L'impareggiabile capacità di Buontempo di dire cazzate è ineguagliabile». Pensosamente rétro, ma non cavalleresco Pino Rauti, che sempre alla Mussolini ha rinfacciato di essersi fatta fotografare «in pose invereconde». Sintetico La Russa: «Che palle». Assertivo Gramazin' «Noi oravamo ir» piazza a difendere il msi, altri invece nei centri studi a masturbarsi». Anche se tale espressione pare addirittura irreale, nella sua asetticità, a dispetto di altri più coloriti modi di esprimere il concetto. E allora, senza alcun moralismo, ma con il massimo distacco analitico, viene appena da pensare a come cambiano in fretta le cose, anche nell'egemonia della rozzezza. Pensare che fino a qualche mese fa il monopolio pareva ben saldo nelle mani della Lega, con le sue falloforie e la «vaselina del dottor Sottile» mostrata dall'attuale ministro Speroni. Eccoti invece, adesso, questa volgarità fascista di ritorno che sa di rancio, di bicchierata all'osteria, di casino c di festa della matricola. Volgarità residuale, con neoinflussi da stadio: «'A romanisti - come diceva appunto la pur graziosa (e laziale) Daniela Fini - quest'anno ve damo sì 8 punti, ma de sutura!». elli | Filippo Ceccarelli

Luoghi citati: Bari, Italia