Il dilemma del Brasile l'operaio o il professore

Domani si vota: i sondaggi danno il 45% a Cardoso, appoggiato dai conservatori, e il 25% al laborista Lula Domani si vota: i sondaggi danno il 45% a Cardoso, appoggiato dai conservatori, e il 25% al laborista Lula m _ _ _ _ _ Il dilemma del Brasile l'operaio o il professore SAN PAOLO NOSTRO SERVIZIO Fernando Henrique Cardoso diventò marxista negli Anni 50, «leggendo - racconta lui stesso - il Capitale in edizione originale, in tedesco». Brillante sociologo, fu espulso dall'Università di San Paolo dopo il golpe militare del 1964. In esilio, scrisse un libro che per anni è stato uno dei Vangeli della sinistra - «Dipendenza e sviluppo in America Latina» - la cui ipotesi di fondo era che, in un continente storicamente oppresso dalla dominazione economica del Primo Mondo e dall'avidità predatoria delle borghesie nazionali, l'unica reale possibilità di sviluppo fosse una trasformazione socialista. Negli anni successivi, Cardoso ha insegnato nelle più prestigiose università del mondo (a Parigi, ebbe come alunno il leader del Maggio francese Daniel Cohn-Bendit). Una volta rientrato in Brasile, si è dedicato alla vita politica, come senatore e fondatore del Partito Social democratico (Psdb) e, dalla fine del 1992, come ministro. Adesso il sociologo si prepara a coronare la sua carriera, diventando quasi certamente presidente della Repubblica. 94 milioni di brasiliani si recheranno domani alle urne e Cardoso è ampiamente favorito in tutti i sondaggi. Fhc, come lo chiamano confidenzialmente i giornali dalle iniziali del suo nome, ha il 4547% contro il 22-24% di Luis biado Lula da Silva, il leader del Partito dei lavoratori (Pt), sostenuto da un «Fronte Brasile popolare» di cui fanno parte anche altre piccole organizzazioni di sinistra: il candidato sconfitto di misura da Fernando Collor de Mello nel ballottaggio delle presidenziali del 1989. «Io e Cardoso sia- mo amici da 16 anni», ha ricordato di recente Lula, un ex tornitore che alla fine degli Anni 70 è stato il carismatico leader sindacale dei metalmeccanici della cintura industriale di San Paolo, che con i loro scioperi accelerarono la fine della dittatura. A quei tempi, i due distribuivano volantini insieme davanti ai cancelli delle fabbriche, e da allora sono stati alleati in molte battaglie, dalla faticosa democratizzazione fino all'impeachment per corruzione di Collor nel settembre 1992. Ma quella tra Fhc e Lula non è una sfida in famiglia. Le loro strade si sono definitivamente separate nel maggio 1993, quando Cardoso è stato nominato ministro dell'Economia dal presidente Itamar Franco, senza discostarsi dalla rigida politica monetarista dei suoi predecessori. E ai giornalisti che gli chiedevano coerenza con le idee professate in passato, ha risposto con poche e gelide parole: «Dimenticate quello che ho scritto». Con queste credenziali, proprio come Collor cinque anni prima, Cardoso (il politico) è stato scelto per sbarrare il passo a Lula da quelle stesse élites brasiliane che Cardoso (il sociologo) aveva così a lungo studiato e criticato. Cioè quel 10% della popolazione grandi latifondisti, banchieri, industriali, politici clientelisti, «falchi» delle forze armate - che concentra nelle proprie mani il 48% delle ricchezze di uno dei Paesi più ricchi del mondo, in cui convivono il nono maggior prodotto interno lordo del pianeta e 32 milioni di miserabili alla fame, opponendosi con ogni mezzo a qualsiasi tipo di cambiamento (il Brasile è l'unica nazione latinoamericana dove non sia mai stato realizzato alcun tipo di riforma agraria). I due grandi alleati di Cardoso nella sua trionfale campagna elettorale sono stati gli stessi su cui aveva potuto contare l'altro Fernando, Collor: l'efficientissimo apparato clientelare del Partito del fronte liberale (Pfl) - nato agli inizi degli Anni 80 da una co¬ stola della vecchia Arena, il partito dei militari durante la dittatura - e, soprattutto, l'enorme potere dei telegiornali della Rede Globo, che per decine di milioni di brasiliani rappresenta l'unica fonte di informazione. «Lula deve perdere: lui suscita disordine, e a me il disordine non piace - ha dichiarato senza mezzi termini qualche mese fa Boberto Marinilo, il novantenne padre-padrone della Globo -. Cardoso è un buon candidato». Ne è convinto anche il sociologo francese Alain Touraine, che su El Pois ha firmato un articolo pieno di elogi al suo vecchio amico. «Cardoso sarà un grande presidente - ha scritto -, è l'unico uomo di Stato di tutto il Continente capace di associare stabilità economica e lotte contro le disuguaglianze sociali». «Col trasformismo si rischia di corrompere il poco che è stato costruito di buono», replica il politologo messicano Jorge Castaneda. Gianluca Bevilacqua Il favorito è accusato di aver tradito Marx per il potere ma la sua riforma ha risanato il Paese ìMmH P Ultimi comizi per i candidati a sinistra Lula, a destra Cardoso

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