Lega il rebus delle alleanze
Congresso dei «lombardi»: a Brescia non dobbiamo farci battere da Martinazzoli Congresso dei «lombardi»: a Brescia non dobbiamo farci battere da Martinazzoli Lega, il rebus delle alleanze E oggi arrivano Bossi e Maroni MILANO. «Noi, come Lega Lombarda, ci meritiamo un'Italia migliore!». E bravo Formentini, il sindaco meno amato da Gianni Pilo, che si prende il suo pacco di applausi e va ad aprire il congresso della «Potentissima». E bravo Formentini che processa e condanna «ambienti vicini a Forza Italia» e almeno scalda questi mille delegati, tutti autentici lumbard. Battono le mani, ma non si sfogano, e ne avrebbero proprio bisogno. Questo 3° Congresso della Lega Lombarda, la «Potentissima» appunto, comincia in un residence di periferia con un bel black out: due ore di ritardo. E va avanti mesto, incerto, tutt'altro che allegro e vispo. Per ora è un congresso da corridoio, interventi seguiti con distrazione e fuori il pienone. Traffici sul segretario da eleggere? Mica tanto. Lo scontro sarà tra l'uscente Luigi Negri, deputato, e Corrado Tomassini, consigliere regionale. Ha già vinto Negri, detto Ceausescu. Nei corridoi si almanacca sul futuro, da incubo. Va al microfono Massimo Ferrario, presidente della Provincia di Varese, quella di Bossi e Maroni: «Da qui a maggio il nostro futuro ce lo giochiamo davvero. E 0 nostro futuro è il federalismo». Tocca a Rodolfo Jannaccone Pazzi, professorone di economia politica e sindaco di Pavia: «Ma attenzione, la nostra battaglia si gioca su un progetto nazionale oppure la Lega diventerà un movimento locale e nel giro di pochi mesi... Va be', non voglio fare discorsi depressivi». Non ce n'è proprio bisogno, e non basta il fugace arrivo di Roberto Maroni: «E invece sono ottimista, e anche Bossi lo è. Lo sentirete...». Maroni non ha parlato, Bossi non è arrivato in tempo, per capire l'ottimismo i mille aspettano il pomeriggio di oggi. Ma non è solo questione di umori. «La sfida Ne- gri-Tomassini è solo un pretesto per ritrovarci - ammette Marcello Lazzati, deputato di Legnano - , Da qui deve uscire la nostra linea politica per i prossimi appuntamenti». Il più prossimo, e mancano appena 20 giorni, sono le liste per le elezioni amministrative di Brescia, leonessa d'Italia e della Lega, prima città lombarda conquistata dal generale Tabladini con le elezioni del novembre '91. E adesso? Dopo i tuom e fulmini e saette di Bossi, dopo i suoi proclami «mai più un'alleanza elettorale con Forza Italia!», è assai probabile che la Lega bresciana costringa Bossi al dietrofront. In cambio di un sinda¬ co leghista, e per non perdere la Leonessa, sì che potrebbero allearsi con Forza Italia. Una contraddizione forte con le ultime stretegie bossiane. E allora la parola magica, «federalismo», toma a suonare alta. Parolina magica che mette d'accordo tutti i leghisti, Negri e Tomassini compresi: alleanze aperte a chi ci garantisce il federalismo, il sindaco di Brescia, e nella primavera prossima il presidente di Regione; e pazienza se tra costoro ci sono gli uomini di Berlusconi. E questa dovrebbe essere la conclusione del congresso, prevista per stasera, conclusione autorevolissima perché sarà Bossi a dar la linea. Davanti ai mille della sua «Potentissima» non potrà tener conto di tutto il malessere, i timori, le depressioni e gli incubi: «Ci giochiamo il futuro...». Dei leghisti al governo è andato al microfono solo Antonio Marano, sottosegretario alle Poste. Lezione su «Lega Nord, federalismo, comunicazione e informazione». Per oggi è attesa la sfilata dei ministri. Sarebbe attesa anche Irene Pivetti, ieri presente con la sua rivista «Identità». Ma il più atteso resta sempre Bossi. Giovanni Cerniti Umberto Bossi, leader della Lega
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