Quei 300 chilometri di paura di Giuseppe Zaccaria

I M Quei 300 chilometri di paura M Quei 300 chilometri di paura / caselli trasformati in bunker inattaccabili DELLA TRAGEDIA UPIZZO CALABRO N tempo Mercato San Severino era noto come luogo d'incontro e di scambio fra i contadini del Cilento e gli allevatori che discendevano i primi contrafforti dell'Irpinia. Dicono fosse un posto allegro. Ci sono passato tre ore e mezzo fa, e per la prima volta mi sono accorto di un dettaglio: ho pagato il pedaggio ad una cassaforte umana. Passateci, se non ci credete. L'ultimo casello dell'autostrada a pagamento, l'ultima barriera prima di lanciarsi (beh, facciamo immettersi) verso la Salerno-Reggio Calabria non è chiuso dalla solita fila di gabbioni ma presidiato da una quinta di bancomat dal volto di esattore, un compatto ordine di uomini blindati. Gli impiegati ti guardano diffidenti dall'interno delle casematte, urlano per farsi sentire dietro cristalli antiproiettile spessi tre dita, ti passano il resto sotto una tagliola che sembra dire: «Attento, se l'ai il furbo ti mozzo una mano». Ne avevo visti altri, di caselli «protetti», ma questo è un'altra cosa. Naturale. Prima che lo corazzassero, un giorno sì e uno no un'auto che arrivava da Nord si fermava e dal finestrino sporgeva una pistola. Pochi soldi e via, tanto di lì in poi non c'è più controllo. Adesso, tre ore e mezzo e trecento chilometri dopo - oltre che priva di controlli è anche lenta, questa dannata autostrada - ti trovi fermo alla stazione Agip di Pizzo Calabro e una volta in più capisci quanto, nelle cose della vita, conti il percorso. Perché se a Roma Sud ti sembra impossibile che quattro banditi mascherati abbiano inseguito una «Y10» sull'autostrada, le abbiano sparato contro per fermarla, abbiano ucciso un bambino, già all'altezza di Altilia Grimaldi la cosa comincia ad assumere connotazioni meno fantastiche. Finché, verso San Mango d'Aquino, ti rendi conto che qui può succedere davvero di tutto. Non so se cercare su un'autostrada segni dell'imbarbarimento che ci sta investendo tutti sia operazione possibile. So che a voler guardare (e fra curve, vecchi autotreni che si sorpassano a cinquanta all'ora, code per deviazioni, code per incidenti, code per gallerie chiuse, qui di osservare c'è tutto il tempo) sulla SalernoReggio le tracce di un ritorno al passato, o di un presente che non è mai giunto, si colgono tutte. Basterebbero i graffiti. Per chissà quale ragione, «Dio c'è» compare solo sul tratto a pagamento: da Salerno in poi solo la pubblicità abusiva di un ristorante, un vecchio invito a votare Murmura, una parete di insulti vernacolali e - giuro - un grande «Forza Don Backy». Qui invece, nel sottopassaggio della stazione di servizio di Pizzo Calabro, i graffiti si rifanno allo stile universale delle latrine. Chissà se qualcuno sta pensando di cancellarli per sostituirli con la scritta: «Da qui, la sera del 29 agosto '94, è partito l'omicidio di un bambino». Mario Cenilo, vicequestore di Vibo Valentia, me l'ha raccontato poco fa: «E' nato tutto in quella stazione di servizio: torni indietro, la troverà subito. E' l'unica che sia da una parte sola della carreggiata». Il grande impianto dell'Agip è sulla corsia Nord, e dal costone della montagna guarda uno splendido mare cobalto. Dall'altro lato, dove avrebbero dovuto sorgere gli impianti c'è invece solo un piazzale, una sorta di balconata che domina la piana di Lamezia e prepara la salita verso le Serre. «Si era fermata lì, la famiglia Green. Erano le dieci di sera, il professore era stanco e aveva pensato di riposarsi un po'. Non gli era riuscito: c'erano molti camion fermi, su quel piazzale, da un'auto vicina qualcuno disturbava con una radio a tutto volume...». Una radio alle dieci di sera. Doveva essere apparso poco raccomandabile, ai Green, il posto scelto per la sosta. Avevano ripreso subito. Forse chi teneva la radio accesa ha messo in moto subito dopo, perseguire quell'auto di turisti. «Non è strano, qua ne succedono di tutti i colori»: è fortissimo il contrasto fra la gentilezza tutta calabrese degli addetti al distributore e la violenza tutta calabrese che questa storia esprime. L'uomo dell'Agip racconta, ma a bassa voce, di quel che accade ogni sera sul piazzale, o sulle altre, piccole aree di sosta sparse lungo il tracciato. «Una sera sì e una no, ci sono camionisti che si vedono puntare la pistola addosso da dietro il finestrino. Pochi giorni fa uno è stato costretto a far salire due persone, a guidare fino a Rosarno: l'hanno legato a un albero e se ne sono andati col Tir». Un altro racconta di una famiglia tedesca che per poco non ha fatto la fine dei Green. Oddio, tedesca: lui era un emigrato di Enna, biondi erano solo la moglie e i figli. Tornavano dalle vacanze, alla fine di agosto: li avevano bloccati pistole in pugno, rapinati. Quella volta però il caso aveva guidato una pattuglia della stradale, arrivata giusto in tempo. Ci hanno riprovato anche ieri. Vero, signor Greco? «Eeehhhh: vuole il pieno?». No, signor Santino Greco, faccio il giornalista: è vero che ieri notte hanno rapinato anche lei? «Eeehhhh, quando mai?». Scusi, lo ha appena detto la polizia: ieri notte tre giovani, su una «Uno» targata Aosta, hanno rapinato un distributore «Tamoil» a Gizzeria, uno della «Q8» poco lontano ed un impianto «Esso» a Marinella di Pizzo. Qui siamo a Marinella di Pizzo, questo è un distributore «Esso» e lei è il titolare, no? «Eeehhhh...». Guardi che quei tre li hanno arrestati: per caso sono incappati nei controlli del dopo-omicidio. «Eeehhhh, arresta¬ ti...». E il proprietario del distributore «Esso» si rifugia nel gabbiotto a vetri. Confidenza di un signore che non è il caso di citare per nome e cognome: «Sono più di vent'anni che questa autostrada è abbandonata. Ognuno entra ed esce come vuole: spesso ci sono addirittura gravissimi incidenti perché c'è gente che fa inversione di corsia. Lo segnaliamo tutti da non so più quanto tempo. E adesso, soltanto adesso si pretendono i controlli? Sa cos'è successo stamani? Grande riunione di polizia e carabinieri e Guardia di Finanza a Vibo: si intensificherà la sorveglianza, certo. Ma la richiesta più urgente è stata rivolta all'Anas: non potrebbero chiudere almeno gli accessi posteriori alla stazione di Pizzo Calabro?». Un altro ci ha rammentato un episodio di qualche anno fa. Ricordate il giallo dell'auto scomparsa? Era una vecchia «Ritmo» che andava verso Reggio con a bordo una famiglia di emigranti. Era finita in un burrone, tutti morti, ma per giorni non se ne accorse nessuno. «Come nel Far West», hanno detto dopo l'assassinio di Nicholas Green. Pensate che fantasia. E poi è anche falso: nel West, almeno, ogni tanto arrivavano i nostri. Giuseppe Zaccaria Nella stazione di servizio dove i turisti si erano fermati, nessuno si stupisce «Qui può succedere qualsiasi cosa» I M L'autostrada Salerno-Reggio Calabria è da anni teatro di assalti e rapine: molti avvengono nelle stazioni di servizio