Ha vinto Fini addio Fiamma tutti in An

Senza defezioni il nuovo partito della destra italiana. Buontempo e Rauti si rassegnano Senza defezioni il nuovo partito della destra italiana. Buontempo e Rauti si rassegnano Ha vìnto fini: addio Fiamma, tutti in An Restano anche i duri, «Rifondazione fascista» non nascerà ROMA. Da una parte del tavolo Gianfranco Fini, dall'altra Teodoro Buontempo: siamo nello studio del segretario al secondo piano di via della Scrofa, l'atmosfera ò tesa, il colloquio a quattr'occhi dura già da un'ora e proprio in «zona Cesarmi» Gianfranco Fini la dice tutta: «Senti, Teodoro ho capito che farai una battaglia durissima contro la trasformazione dell'msi, ma dopo, dopo che fai?». E Buontempo: «Dopo? Resto...». Rifondazione fascista è morta prima ancora di nascere, è morta qualche giorno fa in quel colloquio chiarificatore tra due camerati che non si amano, ma si stimano. E così la «svolta annunciata» di Gianfranco Fini - 10 scioglimento dell'msi in Alleanza nazionale - è stata approvata ieri, come previsto, dalla direzione missina (voti contrari di Buontempo e Erra, astenuto Baghino, assente Rauti), ma la novità, la sorpresa, il mezzo colpo di scena è che An, 11 nuovo partito della destra italiana, non avrà contestatori sul fianco destro. Pino Rauti, l'altro avversario di Fini, ieri lo ha detto pubblicamente: «Io non uscirò dalla nuova formazione, perché non voglio fare un regalo a chi vorrebbe Rifondazione fascista...». E poi a microfoni spenti è stato ancora più chiaro: «Ma per carità, non ci penso proprio...». E così, il semaforo verde della direzione missina ha spalancato le porte al congresso-blitz dell'autoscioglimento, che si terrà a Roma, quasi certamente tra il 15 e il 18 gennaio. E col seppellimento del movimento sociale - il partito erede di Salò Fini imposta, senza dirlo ad alta voce, una doppia operazione: completa la de-fascistizzazione della destra italiana e cerca di scrollarsi l'etichetta del missino, accreditandosi definitivamente come leader del centrodestra. Un'operazione impegnativa e infatti è un Fini duro, sferzante, «cattivo» quello che si è presentato ieri agli ex camerati della direzione, negli scantinati del¬ l'hotel Ergife. Un Fini che, a differenza dei suoi «pretoriani», ha chiamato le cose col proprio nome: «E' davvero arrivato il momento di chiudere un'epoca della nostra storia», di «far cessare l'esperienza dell'msi» e di far nascere «un nuovo movimento». Per addolcire la pillola, Fini dice ai suoi che la prospettiva «non è quella del partito unico con Forza Italia», ma semmai il definitivo decollo di An servirà ad evitare che «una parte dell'elettorato non missino che ha votato An» se ne vada verso Berlusconi. E dunque servirà «un congresso che parli a tutti gli italiani», un congresso da celebrare rapidamente, an¬ che perché «con l'elezione di Buttiglione, il Centro sta corcando di riorganizzarsi», tentando di «rimettere fuori gioco An». Ma la battaglia congressuale, per quanto scontata nell'esito, sarà lacerante: tra i 250.000 iscritti missini sono molti i nostalgici del «fascio» e del partito che se ne va. E un antipasto del clima rovente dei prossimi tre mesi è stato «servito» durante il dibattito in direzione che (con decisione senza precedenti) Fini ha voluto si tenesse davanti ai cronisti. Il primo colpo allo stomaco l'ha dato il segretario: «Possibile che certi integralisti della venticinquesima ora non avessero capito quel che stava accadendo quando hanno accettato felici di candidarsi sotto il simbolo di An p^r la Camera (allusione a Buontempo, ndr.), per il Parlamento Europeo valusione a Rauti, ndr.) o p;; il Csm (allusione a Franchi, ndr)?». Ma il clou della serata è stato il duetto Pino-Pinuccio, le frecciate tra Rauti e Tatarella, tra le due eterne anime missine, quella utopista e quella pragmatica. Rauti: «Caro Fini, quello che si sta facendo è un suicidio: perché dobbiamo scioglierci nel momento del massimo successo? Quali forze premono? Perché, con le nostre ottomila sezioni, dobbiamo fonderci con le cento di An?». E Rauti non concede nulla alla capacità di Fini, anzi gli rifila una stoccata niente male: «Almirante non superò mai il 7 per cento, non perché gli attuali dirigenti missin' siano più intelligenti, ma perché allora il regime era for- i tissim^». E poi, non l'avesse mp; fatto, Rauti fa una citazione teatrale: «Mi sembra di stare ad una replica del Natale in casa Cupiello con quel tale che diceva: non mi piace...». Ma subito dopo va al microfono il vicepresidente del Conisiglio Pinuccio Tatarella, che per due minuti riveste i panni dell'uomo di partito e con uno show scoppiettante urla all'«incontentabile» Rauti: «Ma è mai possibile che non piace mai questo presepe? E non piaceva prima e non piace ora... A me il presepe piace!... Il presepe è la fede, è l'avvenire, è un atto di nascita!». E a Rauti che aveva chiesto un rinvio di molti mesi del congresso, Tatarella risponde con un finale spumeggiante, volutamente paradossale: «Caro Fini, facciamo velocemente questo congresso, anticipiamolo, facciamo un comitato centrale, facciamo tutto in un giorno e poi... e poi vola, vola per la storia e per l'avvenire d'Italia!». Fabio Martini Buontempo: «Un rito funebre distratto» Tatarella fa gli scongiuri «Nell'elenco dei caduti metteteci Vico e De Gaulle» La Mussolini: Fini farebbe meglio a preoccuparsi dei vivi, che sono molti A sinistra: Giorgio Almirante A destra: la vedova, signora Assunta, e Fini Sotto: la tomba di Mussolini a Predappio

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