«Ambrosiano De Benedetti sapeva» di Susanna Marzolla

«Panorama» anticipa le motivazioni della condanna per bancarotta fraudolenta «Panorama» anticipa le motivazioni della condanna per bancarotta fraudolenta «Ambrosiano, De Benedetti sapeva» // tribunale: non avvertì la Banca d'Italia MILANO. Un'opera «monumentale»: quattromila pagine, più di dieci volumi. Non è un'enciclopedia ma una sentenza: le motivazioni delle condanne per il crack del Banco Ambrosiano che stanno per vedere la luce dopo due anni e cinque mesi di «gestazione». E anche in questo caso il Palazzo di giustizia milanese non si smentisce: l'uscita della sentenza è accompagnata dall'ennesima «fuga di notizie». Che riguardano un unico imputato, l'ingegner Carlo De Benedetti, e che sono pubblicate da un settimanale «concorrente», Panorama. Di questa «fuga» il giudice Piero Gamacchio, estensore della sentenza, e i funzionari della cancelleria assicurano di non sapere nulla: «Nessuna copia delle sentenza - affermano concordi - è stata consegnata». Il «deposito in edicola» è avvenuto infatti prima che sia terminato il lavoro di fotocopiatura (arrivato al momento a pagina tremila), e di conseguenza prima che la sentenza stessa risulti ufficialmente pronta e «a disposizione delle parti». Come è potuto accadere, visto che la cancelleria assicura di tenere tutte le carte sotto chiave? La spiegazione «ufficiosa» è che la sentenza non è stata consegnata integralmente all'ufficio copie del tribunale, ma ne viene consegnata una parte per volta. E questa parte, prima di tornare in cancelleria, passa anche da un rilegatore. Insomma - si fa intende- re - tra tutti questi passaggi ci può essere stata una «smagliatura». La «smagliatura» in questione riguarda appunto De Benedetti, che era stato condannato a 6 anni e quattro mesi per concorso in bancarotta fraudolenta. Tutto per quei 65 giorni (dicembre '81 gennaio '82) in cui sedette alla vicepresidenza del Banco, che lasciò ricevendone in cambio i miliardi investiti per comprare il 2 per cento delle azioni, più altri 27 miliardi per titoli «di futura emissione». «A fronte dei danni subiti dall'Ambrosiano - si legge nella sentenza (così come viene anticipata da Panorama) - gli unici vantaggi, del tutto illegittimi, sono stati conseguiti dall'imputato. L'elemento materiale del delitto di bancarotta fraudolenta è del tutto sufficiente e dimostrato». Il giudice Gamacchio giunge a questa conclusione, dopo una ricostruzione dell'entrata e dell'uscita di De Benedetti dal Banco diametralmente opposta a quella fornita dallo stesso Ingegnere. Perché - secondo Gamacchio non è Roberto Calvi, in crisi di soldi e di immagine, che invita De Benedetti ad entrare nell'Ambrosiano, bensì è l'Ingegnere che approfitta di questa crisi per «imporre condizioni durissime» al suo ingresso, attuato con lo scopo di «acquistare l'egemonia» nella banca. E ancora non è Calvi, sollecitato dai vertici della P2, a cacciare De Benedetti, con la minaccia di estrometterlo dal consiglio di amministrazione, bensì è sempre l'Ingegnere che prende l'iniziativa. Anche perché - sostiene la sentenza - aveva «maturato una convinzione fermissima sulla gravità della situazione della banca». In sintesi De Benedetti, che aveva affidato al suo consulente Marco Vitale l'analisi dei bilanci, si era accorto dell'esistenza di buchi. «Tra i soggetti che mise a conoscenza di questo segreto - scrive ancora il giudice - non figurano, e il dato è quanto mai significativo, né il consiglio di amministrazione del Banco, né il governatore della Banca d'Italia». Secondo Gamacchio, però, De Benedetti fece capire a Calvi quanto sapeva e così ottenne non solo la «liquidazione dorata» propostagli ma «ulteriori e non dovuti benefici con corrispettivo danno del Banco Ambrosiano». Un «danno» che si ritrova decuplicato nelle somme finite invece ai piduisti Licio Gelli e Umberto Ortolani (condannati a oltre diciott'anni) e ad altri personaggi come Bruno Tassan Din, Flavio Carboni, Francesco Pazienza. Ma su di loro il segreto della sentenza, per il momento, resiste. Susanna Marzolla Carlo De Benedetti

Luoghi citati: Milano