PICCOLI, ADDIO

PICCOLI, ADDIO PICCOLI, ADDIO A Belgioioso il salone dell'editorìa «gulliver» Ci sono pure i medio-grandi: da Einaudi a Sellerio E. così. «Piccoli editoV ri» non è più bello. ✓ 0 almeno non è più bello come nei primi Anni 90. Non vuol più dire, quasi automaticamente e magari con un'apertura di credito troppo generalizzata, raffinatezza, ricerca, fantasia, qualità. Non è più Davide contro Golia, la «cultura» dei poveri che dichiara guerra al «commercio» dei ricchi, uscendo dallo scontro non senza ferite ma spesso anche con qualche bella medaglia sul petto. Anzi, per dirla tutta: i «Piccoli Editori» non ci sono più, o stanno per non esserci più, nel nostro Paese. Provocazione? Certo, ma non troppo. E' ciò che salterà fuori, sostanzialmente, dal «Rapporto 1994 sulla piccola editoria in Italia» commissionato alla Bibliografica dal ministero per i Beni Culturali; è ciò che dice, chiaramente, la sesta edizione di Parole nel tempo da oggi al Castello di Belgioioso, e che, inventata soltanto per i «piccoli» da Guido Spaini, proprio da Spaini si vede strappare il cuore. I «Piccoli editori in mostra» sono diventati semplicemente «Editori in mostra»: da quest'anno la rassegna è aperta anche alle medie testate, solo quattro o cinque per volta con inviti a rotazione, ma scelte tra i nomi di massimo prestigio. Oggi e domani i 150 ex piccoli dovranno confrontarsi con Einaudi, Saggiatore, Marsilio e Sellerio. E non è tutto: sempre oggi SMILANO ICCOME sostiene che più passano gli anni più bisogna lavorare, Ferruccio Parazzoli ha scelto la pensione. Era direttore degli Oscar Mondadori: ora ne è il consulente; e ci ha aggiunto una collaborazione con la Periodici San Paolo. Fa la spola tra Segrate e via Giotto, a un passo dalla Fiera. E' felice a 59 anni. Si è persino tagliato un po' la barba e assomiglia di meno a Dostoevskij e di più a Vittorio Zucconi. A parte la teoria del mag- g'ore impegno, perché ha sciato la direzione degli Oscar dopo dieci anni? «Nessuna lite. Solo per liberarmi della cucina: l'editoria è tante pentole che bollono. Dovi fabbricarli, i libri, pezzo per pezzo. Lavoro di più, ma meglio». Come ha cambiato gli Oscar? «Da 200 novità l'anno sono passati a 400: incassano 75 miliardi, più di un terzo del fatturato Mondadori, e costituiscono quasi un quarto dell'intero mercato dell'economico, cioè del libro sotto le diciottomila lire, che a sua volta è un quarto di tutto il mercato editoriale. Nell'84 il tascabile era relegato negli scantinati delle librerie, adesso è sui banchi all'ingresso. Grande giocattolo, gli Oscar». Lei come ci ha giocato? «Mi chiamò Leonardo Mondadori, che voleva rilanciarli. Nel '65, l'anno di nascita, si fecero 37 titoli e si vendettero quasi otto milioni e mezzo di copie; il solo Addio alle armi, il primo numero, vendette 600 mila copie. La rivoluzione non era il prezzo di 350 lire (c'era già la Bur), ma la scoperta dell'edicola e di un nuovo mercato. In seguito ci si buttarono tutti gli editori. Il nostro slogan divenne "Negli Oscar c'è", ma proprio perché c'era tutto non si trovava niente: una crescita indifferenziata. Nell'83 risuonavano campane a morto». Perché lei accettò? «Volevo reinventarmi, a 48 anni. Non è stato facile. Ogni settimana leggevo sul tabulato le voci "Fatturato netto copie" e "Saldo" con i sudori freddi». Come vinse la sfida? «Misi giù un piano. Primo: non più una caotica collana unica, ma tante collane precise. Secondo: gli Oscar non dovevano al Castello vi sarà una sorta di storico incontro tra le due associazioni nazionali degli editori (Aie che comprende tutte le categorie e Aipe dei piccoli): si vuole trovare, come spiega Elena Salem, presidente Aipe, «la via per lavorare finalmente insieme». Un progetto di casa comune (entro certi ben evidenti limiti), come già in parte avviene in altri Paesi europei. Per lottare contro i grandi? O per creare nuove lobbies? Si vedrà. Certo si tratta di una svolta. «Inevitabile - dice Giuliano Vigini che del Rapporto per il ministero è stato il coordinatore - nell'editoria italiana siamo in fase di profondo cambiamento, stiamo andando verso le grandi divaricazioni, editoria di massa e editoria di "segmento": non ha più senso quindi mantenere le vecchie divisioni, le concentrazioni si allargheranno, assorbendo le piccole testate migliori e pericolanti, vedi l'acquisto di Camunia da parte di Giunti, mentre quelle che riusciranno a restare indipendenti dovranno rivedere totalmente la propria politica editoriale, in sostanza essere in grado di curare l'intero processo di commercializzazione del libro. Chi non sarà capace di farlo, scomparirà. Un dato preoccupante, la scarsa professionalità, è emerso nitidamente dalla nostra indagine (il 58,6% tra gli intervistati ha detto di non attingere ad alcuna fonte d'informazione di settore). Altro grave handicap, collegato al primo, la mancanza di managerialità: oggi, Parazzoli e (a destra) Bacclwlli In pensione dopo 30 anni al timone dell'economico: dai pennini di Bocchelli alle iniezioni diKerouac al successo della Cordella più soltanto riproporre in edizione economica i libri già usciti in hard cover, perché il mercato del tascabile era un altro mercato, alternativo. La strategia era da campo di battaglia: c'era la fanteria (le legioni della saggistica), l'artiglieria (i classici, da lunga gittata) e la cavalleria (i best seller). E' stata la seconda rivoluzione degli Oscar e del tascabile in genere». Quale invenzione ricorda come più sua? «"E' nata la paperback generation", dicevo: i giovani leggono gli economici; dunque si possono produrre libri apposta per loro. Non solo era vero, ma mentre lo dicevo diventava sempre più vero. E vennero gli Originals, una bandiera, dove ebbi la fortuna di scoprire Volevo i pantaloni di Lara Cardella: 600 mila copie da noi, il doppio in Germania». Prima della guerra degli Oscar, che cosa faceva? Vigùii: sono destinate ad allargarsi le concentrazioni Tra le novità: Di Pietro spiega la Costituzione nell'editoria, non si può più essere intellettuali puri». Il solco tra i due schieramenti del futuro, grandi gruppi da una parte e il resto dell'editoria dall'altra, sarà reso inevitabilmente più profondo dall'arrivo, imminente, dei prodotti elettronici, floppy disc, ecc. (l'8 ottobre, a Francoforte, Umberto Eco presenterà Encyclomedia, la prima enciclopedia in ed rom sulla storia della civiltà europea prodotta da Opera Multimedia dell'Olivetti). Attrezzarsi unendosi risulta perciò l'unica via di salvezza per piccole e medie imprese. Sembra questo il significato del «nuovo» Belgioioso che, in realtà, non ha alcuna intenzione di abbandonare i vecchi compagni di strada. «Il fatto è che, quasi tutti i miei ospiti, in questi sei anni sono cresciuti - constata Spaini -, lavorano su progetti culturali e editoriali che funzionano, e tendono a stare insieme, non a dividersi». Una ripro- va? Al Castello sarà «battezzata» la nuova associazione di piccoli e medi editori cattolici II granello di senapa, mentre il pioniere Tappeto Volante, inventato da Antonio Monaco di Sonda, aggiungerà nuovi nomi (Centro Scientifico, Tempo Libro e Vivalda) ai soci storici (oltre a Sonda, Iperborea, e/o, Rosembeg 8- Sellier, Edt, Data News) con l'intenzione di accedere, accanto alla vendita per corrispondenza, alla vendita diretta. Un altro modo perché i piccoli non siano più tali. «Ormai non solo è urgente associarsi - aggiunge Monaco bene avviato anche in editoria computerizzata - ma, per i piccoli, smetterla di fare gli snob, entrare nei binari, usare i canali ordinari. Spaini ha colto bene e con tempismo questa nuova consapevolezza...». Sicché, nelle prossime 48 ore si farà, a Belgioioso, una festa del libro più allargata, e si spera, perciò, anche più saporita che nel passato.

Luoghi citati: Belgioioso, Francoforte, Germania, Italia, Monaco, San Paolo, Segrate