Manette al manager Tradati di R. M.

Manette al manager Tradati Manette al manager Tradati Amico di Craxi, versò in Svizzera il miliardo della tangente Ansaldo MILANO. Moda. Guardia di finanza. E poi di nuovo i finanziamenti illeciti al psi di Bettino Craxi. Giornata di arresti, ieri, a Milano con nuovi e vecchi filoni dell'inchiesta Mani pulite che si sono intrecciati. Di mattina presto tocca al commercialista Franco Heller Vainicker colpito da ordine di custodia cautelare del gip Andrea Padalino per concorso in corruzione: sarebbe stato lui, Heller, a tenersi una parte (100 milioni) della tangente (da 500) pagata agli ispettori del Secit dallo stilista Girolamo Etro, arrestato due giorni fa. A sera, dopo l'interrogatorio davanti a Di Pietro (nel quale Vainicker ha sostenuto di aver consegnato agli uomini del Secit tutti i 500 milioni e non solo 400 come avevano ammesso i finanzieri), il nulla osta del gip Padalino per gli arresti domiciliari. Scattano nel pomeriggio le manette per due ex dirigenti dell'ufficio imposte di Milano accusati di concorso in corruzione e truffa ai danni dello Stato dal pm Paolo Ielo che sta indagando sulle tangenti all'ufficio Iva milanese. Il primo, ex vicedirettore dell'ufficio Iva di Milano, Ciro Vittolo, viene prelevato dai carabinieri a Como, dove è attualmente direttore dell'ufficio Iva, mentre sta tenendo una lezione nella sala del consiglio agli amministratori pubblici locali. Il secondo, Angolo Gabriele Fierro, ò fermato a Tirano dove è oggi direttore del locale ufficio imposte: anche lui nell'89 era a Milano come vicedirettore dell'ispettorato imposte dirette. L'accusa per entrambi di concussione riguarda la richiesta di 200 milioni per addomesticare la verifica fiscale alla conceria Gi-Bi di Milano nell'ottobre '89, quella di corruzione perché l'azienda fu costretta a pagare 9 milioni per accelerare i tempi e quella di truffa allo Stato perché i due iniziavano l'ispezione alle 11 di mattina, anziché alle 8. Di pomeriggio tocca all'imprenditore Giorgio Tradati. Nome eccellente, il suo, intimo di Craxi, descritto come dirigente di una quindicina di società vicine all'ex segretario psi e alla sua famiglia. I carabinieri l'arrestano nei suoi uffici di via Archimede con un'accusa molto precisa: ò stato lui a versare un miliardo almeno proveniente dall'Ansaldo su alcuni conti bancari esteri a disposizione di Craxi. In sostanza, Tradati avrebbe ricevuto dall'Ansaldo 420 mila dollari finiti sul conto Northen Holding (riferimento Grain) aperto alla Calriden Bank di Ginevra. Secondo i magistrati, il versamento avvenne nei primi giorni del gennaio '92 e si trattava della prima tranche di un accordo scaturito da una trattativa condotta da Vincenzo Balzamo: l'ex tesoriere psi chiese un finanziamento in nero di 5 miliardi, pena il blocco dell'accordo tra Ansaldo e Siemens. A trattare, per conto dell'Ansaldo, i dirigenti Bruno Musso e Giuliano Tedescumi e alla fine l'accordo raggiunto fu di sborsare 3 miliardi in due rate, una da due e una da un miliardo: il primo versamento in marchi presso la Clariden Bank con riferimento «Swift», il secondo con riferimento «Grain». Frutto di elementi emersi nei contatti dei giorni scorsi con magistrati svizzeri l'accusa che è costata il nuovo ordine di custodia per il latitante Gianfranco Troielli, ex agente generale Ina a Milano ritenuto dai magistrati uno dei cassieri-ombra del psi. Secondo i magistrati, Troielli ricevette 500 milioni da Roberto D'Alessandro, ex amministratore dell'Agusta: 500 milioni versati (per conto dell'Ansaldo nel quadro dell'accordo stipulato con Balzamo) su una banca di Hong Kong. Ma se dalla Svizzera sono arrivati particolari importanti per Di Pietro e colleghi, ieri dalla Svizzera ò giunta anche la notizia di una censura da parto della Chambre d'accusation elvetica per il giudice istruttore Paul Perraudin. Il motivo? Ha trasmesso a Di Pietro e al gip Maurizio Grigo, che l'avevano incontrato a Ginevra lunedì scorso per alcune rogatorie incrociate sul conto FF2729 dell'agente di cambio Giancarlo Bossi, documenti che avrebbero invoce dovuto restar riservati. A protestare e a chiedere l'immediato intervento della Chambre d'accusation ginevrina è il legale svizzero che cura gli interessi dell'agente di cambio romano. Esposto d'urgenza e sentenza immediata da parte della Chambre: censurato Perraudin, non doveva rivelare a Di Pietro documenti che non dovevano uscire dalla Svizzera. [r. m.]