Quelle caserme di lusso dove si fabbricano i sogni

Quelle caserme di lusso dove si fabbricano i sogni Quelle caserme di lusso dove si fabbricano i sogni LE SCUOLE DI CALCIO BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Sonia sta sulla soglia, e guarda i campi di calcio. Prati così belli che vien voglia di coricarsi sopra, e alberi e campi, e Remigio Salimbeni che passa con la rete così gonfia di palloni che gli piega le spalle. I ragazzi fanno allenamento, dice Sonia, uno grida e gli altri corrono attorno al campo. Li guarda: «Fino alle sei, poi cominceranno a studiare». I professori di matematica e italiano aspettano seduti attorno al tavolo nella sala grande. Due medici stanno sotto al porticato, sole calante e un alito di brezza. Un bel posto per inseguire un sogno da ragazzi. «Benvenuti a Casteldebole», dice il cartello nello spiazzo dopo il cancello. Centro sportivo del Bologna Football Club, collegio per i migliori fra i ragazzi dai 13 ai 17 anni da destinare alla prima squadra. Un po' caserma e un po' hotel di lusso, gran serraglio di sogni, miti, illu¬ sioni e divi. Molte società hanno centri come questo, e tanti campioni piccoli e grandi sono venuti su così. Benito Carbone, mezzala del Napoli, ex Toro, è imo di questi e li ricorda come fra i giorni più belli: «Stavamo sempre insieme, tutti, e a volte ci si annoiava, perché si facevano sempre le stesse cose. Ma si è diventati come fratelli». Le squadre magari nascono così. Ma fra i ragazzi del Filadelfia in molti ce l'hanno fatta. Qui non è andata sempre bene. «Oh, io li ho visti piangere», fa Sonia lisciandosi il naso. Chi, signora? «Li ho visti piangere quelli che hanno vissuto in questo collegio, quando hanno dovuto lasciare questa società, e non volevano andarsene». Sonia parla al telefono. I ragazzi continuano a correre mentre il sole vien giù e un signore seduto sulla panca a braccia larghe li guarda dietro la rete. Per quelli dell'82 anche lui era un eroe. Piper Oriali, finalissima Italia-Germania, mondiali di Spagna, era quello che ca¬ deva sempre e poi si tirava su e lo ributtavano giù, ma il tempo passava e Pertini applaudiva. Sembra uguale in giacca, cravatta e camicia bianca, con i capelli lunghi come allora: saranno pure fuorimoda, ma se li tagliasse magari non sarebbe più lui. I ragazzi del collegio nell'82 erano appena nati. Beh, «con lui un po' di soggezione la provano, è normale», dice Ermete Fiaccadori, il direttore generale. «Oriali è il direttore sportivo. Ma è soprattutto uno che ha fatto la loro vita ed è riuscito a farcela». E i ragazzi del collegio gli corrono davanti. Quest'anno sono 15. L'anno scorso erano 26, ma sono stati tagliati per esigenze di bilancio: «ognuno di loro ci costa all'anno venti milioni». Quindici nomi scritti su un foglio che si può solo sbirciare. Stamaccioni Andrea, Zardini Francesco: forse qualcuno diventerà famoso. Vivono qui, in una cameretta come questa, la penultina in fondo al primo piano della palazzina giallo ocra. Due letti a una piazza e mezzo, le lenzuola bianche con i fiorellini, le coperte di lana blu a strisce, un comodino di compensato in mezzo con una piccola sveglia della Stantìa. Sopra, sugli scaffali solo due libri di scuola: Storia della Letteratura italiana di Salinari Ricci e «Diritto per geometri». Una televisione Sinudyne nell'angolo dello scrittoio con il telecomando firmato così nessuno te lo può fregare e una radio quasi più grande della tivù. Nemmeno un fumetto qualsiasi, che ne so un Tex o un Topolino. Di fronte alla porta la finestra con le tende rosso e blu spalancate sui campi di calcio, ovviamente. E poi questo odore inconfondibile da spogliatoio, di olio di canfora, di vapori, di bagnoschiuma. Pavimento di linoleum. Un armadio a muro per i vestiti, due ante di legno chiaro: niente di elegante, nessun completo, nessu¬ solo per gli allenamenti, ma non ci vivevano. Non resta che inseguire il sogno di Mancini. Per farlo sono venuti dalla provincia, da Jesi, da Sesto Fiorentino, anche da Roma. In quella cameretta ci passano le ore della notte, perché di giorno vivono fuori quasi sempre in gruppo. L'allenatore è Remigio Salimbeni, che è un padre di famiglia che però vive qui anziché a casa sua, nell'ultima stanza in fondo del primo piano, quella con le finestre sempre aperte. Quando è buio, e sono le 22,30, lui passa in tutte le camere a controllare che le luci e la tivù siano spente e i ragazzi a nanna. Perché al mattino ci si sveglia presto, alle sette tutti giù dalla branda, per fare una piccola colazione mezz'ora dopo. Ci pensa Alfredo Negro, il cuoco, che è l'altro signore che vive qui quasi tutto il suo tempo. A quell'ora passa a prenderli il pullmino della società (bianco con le strisce rosso e blu) e li porta a scuola. Ripassa a prenderli alle 13,30 e li riporta a Casteldebole. Un pasto leggero nella sala ristorante, perché al pomeriggio bisogna correre e fare gli allenamenti fino alle 18. Poi, si studia. Chi vuole o ne ha bisogno si fa aiutare dai due professori di sostegno che aspettano attorno a un tavolo verde nella sala, piena di trofei. «Questi ragazzi sono selezionati, sono i migliori», ripetono i dirigenti. In questa atmosfera ovattata, sembrano quasi prigionieri di un privilegio, o vittime di un miraggio lontano. Ma no, sbotta Fiaccadori. «L'unico problema è quello della radio», dice. La radio? «Sì perché la tengono sempre a massimo volume». Ogni tanto si fanno delle riunioni, si parla delle cose che vanno bene e di quelle che non vanno. E all'ultima riunione lui li ha rimproverati per questo: «Ehi. ragazzi, io ormai so tutto della musica moderna. Perché me la fate sentire voi». Ma oggi questo non è l'unico problema. E' venuto il padre del ragazzo che avrebbe ricevuto violenza e ha preso e portato via tutto, i vestiti, le scarpe da pallone, le sacche, i ricordi. Passano i poliziotti e fanno domande, i giornalisti vanno e vengono. Telefonano le mamme a Sonia: «Ma che succede? E' vero quello che hanno scritto i giornali?» I ragazzi alle sei non sono saliti in camera a studiare. Stanno sotto al porticato, fra le luci vespertine, in silenzio. Anche le radio sono spente. Pierangelo Sa pegno In campo a sudare per ore, poi la sera lezioni di italiano Una selezione molto rigida na giacca, solo maglie, pantaloni di jeans e giubbotti di tela. Il bagno con gli armadietti gialli, senza rasoi e dopobarba. I ragazzi del collegio cominciano solo a crescere qui. Ma se chiedi a qualcuno dei dirigenti di fare solo due nomi di giovani passati di qui e diventati famosi sanno farne solo uno: Roberto Mancini da Jesi, quello della Samp. Marocchi e Pagliuca sono di Bologna, a Casteldebole ci venivano

Luoghi citati: Bologna, Filadelfia, Germania, Italia, Jesi, Roma, Sesto Fiorentino, Spagna