«Non posso disertare» Mino scende in campo

Martinazzoli candidato sindaco di Brescia Martinazzoli candidato sindaco di Brescia «Non posso disertare» Mino scende in campo «Ilpds non ha chiesto i nostri voti ma ha rispettato il ruolo delppi» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO «Lo so che la partita è molto aperta, ma io non ho niente da perdere...». Un mese per pensarci su, ringraziare subito, ricevere telefonate e tifosi nello studio di via Gramsci: «Dai Mino, che solo tu ce la puoi fare». Le ultime due settimane a litigare o quasi con i giornalisti: «E basta con questa storia dell'Amleto, chi mi racconta così non mi conosce e peggio ancora Shakespeare». Ma adesso, in una cascina di periferia, altro che Amleto: Mino Martinazzoli parte e va, direzione Palazzo della Loggia, da questo momento candidato sindaco per le elezioni del 20 novembre. Alla cascina Pedersani, centro sociale modello, lo aspettano al debutto i suoi primi sostenitori. Un elenco di 188 bresciani, il «Comitato per l'elezione di Mino Martinazzoli a sindaco di Brescia». In terza fila ad ascoltare e applaudire c'è Paolo Corsini, storico e sindaco uscente (pds). Tra i 188 c'è di tutto un po', dal filosofo Emanuele Severino agli allenatori di calcio Azeglio Vicini e Gigi Maifredi. Qui tutti sanno com'è andata: la candidatura Martinazzoli che parte dal pds e incontra il sì dei laici, dei popolari, del volontariato, dei pattisti e dei verdi. Ma qui nessuno sa come andrà a finire. Tino Bino, editore e commercialista, per Martinazzoli più che un amico: «Questa città è confusa, disorientata, e noi siamo alla ricerca di un'alternativa possibile». Martinazzoli vorrebbe che le elezioni di Brescia rimanessero le elezioni di Brescia, ma sa bene che non sarà solo così: «Qualche Stenterello, anche se ho deciso la conclusione della mia esperienza politica nazionale senza che nessuno mi avesse cacciato, potrà pensare che voglia rilanciare la mia persona. Qualche altro ci inseguirà con l'invettiva del cattocomunismo o del compromesso storico...». Con il debutto in Cascina, Martinazzoli ha comunque giocato d'anticipo: «Non conosciamo chi parteciperà alla gara, ma seguiamo con grande rispetto le movenze, le indicazioni e i silenzi». E questo è il primo interrogativo. Chi altro in corsa? Finora è stata annunciata una lista civica, «La Pallata», che sarebbe la fontana di Brescia, guidata da Angelo Ram- pinelli, amministratore delegato della Beretta Armi, consigliere delegato del Credito Agrario Bresciano, famiglia e fama laica e liberale. Un candidato che potrebbe andar bene a Forza Italia, che qui ha ereditato buona parte del prandinismo che fu e fortissima è. E poi c'è la Lega. Una Lega che nelle amministrative di tre anni fa era diventata primo partito della città. La Lega del capogruppo al Senato Francesco Tabladini e del ministro dell'Industria Vito Gnutti. Una Lega, così ha deciso la base, che vuol correre da sola. Un candidato doc, una lista doc, puri, soli e un dubbio enorme: ce la faranno, i leghisti, ad entrare in ballottaggio? Oppure, e per la Lega sarebbe una jattura, il sindaco sarà un testa a testa tra Martinazzoli e l'eventuale Rampinelli o chiunque sia il candidato di Forza Italia? E ancora: chi appoggiare, poi, tra Martinazzoli e l'altro? Fatto il primo passo, da ieri Martinazzoli aspetta che i giochi si concludano. E c'è tempo fino al 20 ottobre, un'eternità in politica. «Noi chiederemo i voti a tutti, proprio a tutti, ma senza elemosinare il consenso», dice Martinazzoli. Sulla Lega, nonostante il buon rapporto personale con Umberto Bossi, non si fa illusioni: «Le mie riflessioni sulla leadership della Lega non hanno nulla a che vedere con queste elezioni. Dice che gli assetti politici attuali non sono definitivi, e questo l'ho segnalato positivamente. Figuriamoci se non sapevo che la nomenklatura leghista di Brescia non si alzava a dire che non vado bene...». Ancora non si sa come questa candidatura arriverà al 20 ottobre, ultimo giorno per la presentazione delle liste, se con i simboli di partito o meno. La novità bresciana, e Martinazzoli la ripete, «è che il pds non è venuto a chiedere i voti del partito popolare, ma a riconoscere un ruolo che anzi appare superiore al consenso elettorale». Un pds, fa notare, ben diverso da Forza Italia e Silvio Berlusconi: «A me risulta che al massimo abbiano detto "porte aperte al partito popolare"...». Da ieri, per Martinazzoli e i suoi 188, è già campagna elettorale: «Non ho sfogliato la margherita, è che mi sono convinto che l'impresa è vera. E non potevo disertare». Giovanni Cerniti

Luoghi citati: Brescia, Cascina