Sette delitti e un enigma per i gioielli di re Fahd di Mario Ciriello

10 Il giardiniere thailandese fuggì con 40 miliardi Sette delitti e un enigma per i gioielli di re Fahd INTRIGO IN STILE LE CARRÉ' SLONDRA ULL'identità del Grande Autore, non v'è certezza, si fanno tre nomi, Simenon, Chandler, Le Carré. Ma la morale dell'aneddoto è invariabile. Al giovane scrittore di thriller che gli descriveva le molte e sfibranti ore passate nella ricerca di un'idea, di un avvincente intreccio, il Grande Autore rivelò il suo segreto. «Legga i giornali. Studi le cronache. Vi scoprirà i fatti più incredibili, trame che nessuno di noi, giallisti, con tutta la nostra fantasia, riusciremmo mai a concepire». Parole sagge, un aureo consiglio. La prova? Eccola, ineccepibile. Chi avrebbe mai immaginato un mistero, un letale intrigo, come quello dei gioielli sauditi? E' da quasi quattro anni che la stampa internazionale segue questa vicenda con il fiato sospeso: e la suspense è più alta che mai. Tutto cominciò con un furto vistoso, sgargiante, sbalorditivo, ma che, in teoria, non pareva presentare difficoltà insuperabili per la polizia. Invece, il diavolo ci ha messo lo zampino, ha trasformato il puzzle in un incubo oscuro, ha imprigionato uomini e cose in un labirinto, e osserva adesso, ghignando, i risultati delle sue fatiche. Risultati sanguinosi; assassini sconosciuti hanno ucciso sette persone, le ultime due, una madre e un figlio, il mese passato. Un muro di ghiaccio divide due Stati, Arabia Saudita e Thailandia. Il sipario si alza nel 1989, e chi appare sulla scena? Un poveraccio, un emigrante thailandese, Kriangkrai Techamong. Questo bracciante si unisce alle centinaia di migliaia di connazionali che andavano a cercare lavoro nel Medio Oriente, ve n'erano ben 250 mila nella sola Arabia Saudita. E fu lì che sbarcò, in Arabia Saudita, Kriangkrai, e la fortuna gli fu amica. Trovò presto un ottimo posto, fu assunto come giardiniere nel palazzo del principe Feisal Fahd Abdulaziz. Subito Kriangkrai fu colpito, stregato, dall'opulenza della famiglia, un'opulenza visibile e per di più accessibile. Dopo qualche mese, il giardiniere entra di notte nel palazzo e, quando ne esce ha con sé uno scintillante bottino, i più bei gioielli del principe, un tesoro il cui valore, in lire, si aggira sui 35-40 miliardi. Kriangkrai scompare, non si sa neppure come, non lascia tracce nella sua fuga; riappare nel suo luogo natio, Phrae, nella Thailandia settentrionale. Chi lo vide arrivare ricorda il suo bagaglio, un vero valigione da emigrante. Conteneva i preziosi, abbastanza per aprire una gioielleria. Come aveva superato le severissime frontiere meridionali e quelle, ancora più ferree, della Thailandia? Non si sa. Ma presto Kriangkrai deve emergere dall'oscurità, deve sbarazzarsi della refurtiva, convertire la merce in quattrini. Comincia così a vendere alcuni pezzi a gioiellieri locali, soprattutto a Santi Sithanakan, il più attivo e il più ricco della regione, fu lui ad acquistare un diamante di 50 carati. Questa improvvisa pioggia di gemme non passa però inosservata, desta l'attenzione della polizia, che, frattanto, era stata informata del furto dalle autorità saudite. Nel gennaio '90, Kriangkrai è arrestato e la polizia recupera i gioielli, tutti. La storia sembra così conclusa, felicemente. E' finito soltanto il primo atto, il prologo. Sta per cominciare il vero dramma, quello che ancora continua, truce e ferale. Anzitutto un intermezzo non privo di humour. Nel marzo '90, la polizia thailandese consegna i gioielli all'ambasciatore saudita. Fiere del loro successo, le autorità di Bangkok convocano una speciale cerimonia, solenne e festosa allo stesso tempo, dinanzi alla stampa internazionale e all'intero corpo diplomatico. Gli oratori ricordano le «cordiali relazioni» fra Riad e Bangkok, applausi, brindisi. Pochi giorni dopo, un tribunale condanna Kriangkrai a cinque anni per furto. L'euforia dura poco, qualche settimana, poi la bomba. I sauditi esaminano i gioielli e annunciano, esterrefatti: mancano numerosi pezzi e gli altri non sono quelli originali, sono copie, contraffazioni. Riad è furibonda, il governo thailandese reagisce ordinando inchieste, istituendo commissioni speciali. L'inizio è dinamico, ma non passa molto e le indagini di Bangkok si arenano, si impantanano. Nel '91, quattro sauditi sono assassinati a Bangkok, tre diplomatici e un importante businessman. Erano tutti alla ricerca dei gioielli. A questo punto, Riad fa conoscere, senza ambagi, il suo giudizio sull'enigma. La sua teoria è questa: «Quando la polizia raccoglie la refurtiva, prende vita un complotto per spartire i gioielli. Vi sono coinvolti funzionari dello Stato e persone al vertice della società di Bangkok. E tutti costoro sono pronti a uccidere pur di non essere scoperti». E' una teoria convincente e che parve confermata, nel '92, dall'omicidio di un onesto agente di polizia, assetato di verità. Finalmente, verso la fine del '91, martellata dalle proteste saudite, la polizia riaprì il caso e, «miracolosamente», recupera alcuni dei gioielli, pochissimi, per un valore di 180 milioni di lire. Passano tre anni e, poche settimane fa, un automobilista si imbatte in una Mercedes con due cadaveri, la moglie e il figlio quattordicenne di Santi Sithanakan. La polizia dice «è un incidente», ma si scopre poi che le due vittime erano state uccise da brutali colpi alla testa, con un martello. Santi si presenta alle autorità e rivela che aveva appena sborsato a «sconosciuti» 200 milioni, nel tentativo di ottenere la liberazione della moglie e del figlio. Poi, protetto dalle autorità, comincia a parlare. Due generali di polizia e cinque altre persone sono state arrestate negli ultimi giorni e accusate di complicità nell'omicidio dei familiari di Santi. Il giallo è dunque alla fine? Purtroppo no. Dove sono i gioielli? Gli arrestati affermano di non saperne nulla e negano ogni responsabilità nelle due morti. L'Arabia Saudita, più indignata che mai, non concede più visti d'ingresso agli emigranti thailandesi, in quattro anni la perdita delle loro rimesse ha inflitto a Bangkok una perdita pari a 15 miliardi di dollari. E Santi, il gioielliere? Ha ricevuto una visita, nella sua cella, del primo ministro thailandese Chuan Leekpai, che ha invano tentato di vincere il suo terrore, che non l'ha convinto a fare tutti i nomi, a rivelare tutto. All'uscita dalla prigione, il premier ha detto: «Santi vive nel panico e non lo posso biasimare. Non vi è più un luogo su questo pianeta dove Santi potrà essere al sicuro». Mario Ciriello La polizia li ritrova ma ai sauditi restituisce dei falsi Re Fahd e il palazzo del ministro dell'Interno (suo fratello)

Persone citate: Chuan, Feisal Fahd Abdulaziz, Re Fahd, Simenon