Surat i medici in fuga dal lazzaretto di Fabio Galvano

Temono di essere contagiati dalla peste, come è avvenuto a sette colleghi: radiati Temono di essere contagiati dalla peste, come è avvenuto a sette colleghi: radiati Surat, i medici in fuga dal lazzaretto A Bombay 19 casi, ufficiali sanitari controllano la città casa per casa LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un cordone sanitario avvolge l'India colpita dall'emergenza-peste mentre a Surat - l'epicentro dell'epidemia - persino i medici fuggono dall'ospedale e dal pericolo del contagio. Numerosi Paesi asiatici e del Medio Oriente hanno adottato ieri misure di controllo dei viaggiatori provenienti dall'India; la città di Bombay chiede aiuti a Israele e al Sud Africa per proteggere i suoi 13 milioni di abitanti; nuovi focolai si accendono in altre regioni nonostante le assicurazioni del governo centrale che «l'epidemia è sotto controllo». E da Surat, dopo la notizia che anche sette medici e due infermiere si sono ammalati nell'ospedale che ricovera gli appestati, si apprende che una parte del corpo sanitario - fonti di stampa indiane dicono quasi la metà - in una crisi di panico hanno abbandonato il loro posto. Il terrore miete vittime. E così molti medici e infermieri avrebbero seguito l'esempio della dottoressa Khatija Saisee, capo patologo dell'ospedale, che dopo avere fatto la prima diagnosi la settimana scorsa era fuggita con cinque suoi assistenti. Sono stati tutti radiati - e ora anche ricercati - per essere venuti meno al loro dovere. E neppure le conseguenze che il loro gesto potrà avere sono valse a scoraggiare i colleghi che nelle ultime ore li hanno imitati. Il bilancio ufficiale dei morti, che va col passo del gambero, è passato da 44 a 43 vittime, in linea con i desiderata del governo centrale; ma l'agenzia di stampa Uni riferisce che nel crematorio di Surat sono finiti 93 cadaveri registrati ufficialmente come vittime di «febbri» e «morbi imprecisati». La «psicosi dell'appestato» arri¬ va persino negli Stati Uniti, dove secondo i giornali indiani le autorità sanitarie avrebbero istituito controlli agli aeroporti collegati con l'India. Ma ieri Hong Kong, Pakistan, Corea del Sud, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti sono andati un passo più avanti, annunciando che tutti i viaggiatori provenienti dall'India saranno attentamente esaminati da personale sanitario nei porti e negli aeroporti. Altri cinque Paesi del Golfo - Arabia Saudita, Oman, Kuwait, Bahrain e Qatar - stanno esaminando l'ipotesi di adottare analoghe misure per proteggere la loro regione, dove lavorano centinaia di migliaia di indiani. Altri Paesi, come la Malaysia, invitano i loro cittadini a sospendere i viaggi in India; e così facendo hanno dato una definitiva mazzata all'industria turistica che già dava segni di pericoloso rallentamento. Povera India, costretta a chiudere anche le frontiere interne per paura che il contagio avanzi. Ma forse non c'era scelta. Mentre le autorità di Bombay chiedevano a Israele l'urgente fornitura di vaccino anti-peste (gli impianti locali non sarebbero in grado di fornire le quantità richieste che fra dieci giorni) e al Sud Africa cinque tonnellate di gas a base di cianuro per uccidere i ratti, notizie di numerosi casi del morbo provengono da località ben distanti da Surat. Ci sarebbero malati in alcune città del Rajasthan, dove si sono rifugiate almeno 10 mila delle 300 mila persone fuggite nei giorni scorsi da Surat. Un profugo di 28 anni è morto a Dhule, distante circa 200 chilometri. Un altro paziente - uno dei molti ricoverati nell'ospedale locale - è morto a Rajkot, un centro situato 250 chilometri a Ovest di Surat. Altri 6 pazienti sono stati ricoverati in isolamento ad Ahmedabad, 200 chilometri a Nord. Anche a Bombay ci sono stati 19 ricoveri. Con misura, ma a macchia d'olio, il contagio si allarga. Per questo numerosi Stati indiani hanno ora istituito posti di blocco per controllare i viaggiatori provenienti dal Gujarat. A Bombay si è andati oltre: squadre sanitarie perlustra¬ no la città, casa per casa. Due milioni di persone sono già state esaminate e circa duemila, nelle quali è stata riscontrata una temperatura corporea abnorme, dovranno subire quotidiani controlli fino a quando non si possa escluderle da una lista dei malati. Eppure da New Delhi il ministro per la Sanità Madhusudan Dayal, smentendo le azioni delle autorità statali e cittadine, anzi negando l'evidenza dei fatti, insiste che la peste non è più una minaccia. Dice che da domenica nessuno dei pazienti ricoverati nell'ospedale di Surat è morto; ed è forse vero, anche se le statistiche ufficiali ignorano tutti gli anonimi morti nelle bidonville della periferia, cremati in silenzio dai famigliari. Ha addirittura negato che ci siano stati casi di peste lontano da Surat e ha accusato la stampa indiana di «inutile allarmismo». «Se si mettono anche i giornalisti a diffondere paura e panico infondati - ha detto il ministro - chi potrà informare il pubblico del reale stato delle cose?». Dayal ha addirittura sostenuto che decine di persone muoiono ogni giorno di polmonite, con sintomi molti simili a quelli della peste polmonare: «Non è assolutamente necessario - ha concluso - dire che chiunque abbia la polmonite sia un caso di peste». Fabio Galvano tàììfi L'ospedale di Surat presidiato dai militari per evitare fughe dei pazienti A destra: una donna getta rifiuti nel fuoco