Moana, pornodiva con fierezza; il male oscuro della democrazia

Moana, pornodiva con fierezza; il male oscuro della democrazia LETTERE AL GIORNALE Moana, pornodiva con fierezza; il male oscuro della democrazia Nessuna traccia di volgarità Sembra incredibile, ma la morte di Moana Pozzi lascia un vuoto. Non l'ho mai vista nel suo ruolo professionale, ma l'ho vista come membro della società in televisione, sui giornali, sulle riviste e, pornodiva o no, l'ho sempre apprezzata per la sua intelligenza, per il suo modo di esprimersi, per il suo buon gusto e perché culturalmente dava dei punti a persone note e affermate in serissimi ruoli professionali. Pur sapendo il lavoro che faceva, non sono mai riuscito a trovare tracce di volgarità in lei. Sicuramente credeva seriamente in certe sue verità che le permettevano di essere una pornodiva con fierezza, ma anche di essere in qualche modo, al di là del suo mestiere, bene integrata nel tessuto culturale del Paese, collocata in un ruolo di qualche rilievo. Non posso certo dire che Moana Pozzi debba essere considerata globalmente un esempio da additare, ma credo che nel suo modo di essere vi fossero molti aspetti che avrebbero potuto essere degnamente additati. Abbiamo sempre pensato che le pornodive non potessero essere persone verso le quali provare rispetto, ma Moana Pozzi, secondo me, ha dimostrato il contrario. Valerio Paolucci, Ivrea I sassi dei teppisti e i ragazzi dell'lntifada Sono uno studente palestinese e studio medicina qui in Italia. Dopo aver letto quel che ha scritto (lettere del 16 settembre) il sig. Penna, sento il dovere di replicare. Il lettore dice che sono pietre sia quelle lanciate dagli stupidi dell'autostrada, sia quelle usate dai ragazzi dell'lntifada. Volendo scherzare, anche se l'argomento male si presta, siamo tutti d'accordo con lui, ma solo per l'aspetto geologico. In realtà egli dimostra superficialità non avendo compreso le due differenze fondamentali. 1) i sassi lanciati dai ragazzi in Palestina non sono caramelle, ma forse non hanno mai ucciso nessuno, mentre i macigni dei giovani dei ponti colpiscono dei veicoli potendo uccidere direttamente (come la povera sposa di Verona) o facendo andare fuori strada qualche vettura magari piena di gente; 2) nell'Intifada una motivazione - giusta o sbagliata che sia esiste, e i ragazzi nel loro ingenuo entusiasmo credono di aiutare i genitori. Nel caso dei ragazzi dell'autostrada invece esiste solo una genuina stupidità, per non dire delinquenza. Quelli che non sono affatto uguali sono i cervelli dei due tipi di ragazzi! Kunthab Al-Tash, Pavia Un terremoto che ha demolito tutti E' giusto condannare la storia dei cattolici democratici, concentrando la polemica sulla corruzione e sulla degenerazione partitocratica? Me lo sono chiesto leggendo l'articolo di Marcello Sorgi sul «Grande mistero della de». Il terremoto che ha demolito la de ha colpito in modo anche più rovinoso altri partiti, e neppure il contro-potere dei media ha evitato gli effetti di questa scossa. 11 male oscuro che insidia la democrazia moderna turba anche l'inizio della Seconda Repubblica, come se il nuovo regime abbia ereditato da quello vecchio il vizio di abusare del potere. Non si tratta di un male soltanto italiano anche se questa constatazione non ci giustifica; non dirò neppure come ho letto in questi giorni che «questa storia non mi appartiene». Tutti i responsabili dei partiti, insieme alle grandi corporazioni che hanno alimentato il voto di scambio, ai movimenti collaterali vissuti all'ombra delle istituzioni, debbono lare una seria riflessione sulle ragioni di questa prò- fonda crisi, senza rifugiarsi dietro la polemica sulla «secolarizzazione» o sulla «clericalizzazione» della società contemporanea. Non si liberano da questo dovere neppure quelli che salgono sul carro del vincitore, ormai affollato dalla vecchia nomenclatura. Questa e la mia amarezza. Il teorema sul «caso italiano» non ci fa diventare più europei, ma alimenta un provincialismo che è alla radice di quella mancanza di senso nazionale e di senso dello Stato che espone la società italiana a ogni avventura e a ogni riflusso. Questo modo di leggere la storia italiana porta a una grande ipocrisia, e a considerare in qual¬ che modo complementari scelte politiche e comportamenti profondamente diversi, come quelli richiamati dall'assassinio di Moro e dalla vicenda Cirillo. Mi è impossibile ricordare avvenimenti che riguardano la vita e la morte di un uomo con superficialità, o addirittura con cinismo. Alcuni politologi esaltano la fermezza dei comunisti contro il terrorismo e nello stesso tempo parlano con sospetto dei democristiani. Anche Sorgi liquida la questione con la formula del «partito-Stato», senza riconoscere che, almeno in quel terribile momento, quel partito ha rispettato i doveri dello Stato e i suoi doveri verso lo Stato. Se altri non lo han fatto, se l'apparato dello Stato era impreparato a uno scontro così duro, se i «poteri occulti» erano radicati nelle viscere del Paese e nelle stesse istituzioni, tutto questo intreccio rende più limpida la testimonianza di quanti con Moro, da Bachelet a Ruffilli, hanno pagato la debolezza del sistema politico per difendere i valori della Repubblica. Il teorema sul «mistero» che avvolge e spiega gli aspetti oscuri della vita italiana - mettendo insieme le violazioni della legalità fatte per contrattare la vita di un uomo, e all'opposto il fatto di non avere piegato lo Stato agli interessi del partito - non è accettabile e suscita in me un sentimento di indignazione. Ho ricordato, proprio in un'intervista su La Stampa, che Sandro Pettini disse allora a Zaccagnini: «In questi giorni voi siete il mio partito», il partito del Paese, non il partitoStato. Eppure quella fu, per noi, una durissima sconfitta. La linea che punta alla distruzione morale di questo complesso passato cancella con la de anche le radici della Repubblica, diffondendo nella gente un'indifferenza che rende incapaci di resistere all'autoritarismo che insidia il futuro del Paese. Non serve dare l'allarme contro i pericoli del dispotismo e della dittatura della maggioranza, quando si evitano le fatiche di una corretta analisi storica e si preferisce fare di ogni erba un fascio. E' così pregiudiziale e sommario questo processo, che già si condannano gli «eredi» della de. Chi potrà impedire che in questo modo ritornino sulla scena i fantasmi della storia e sia travolta ogni idea di democrazia? Guido Bodrato Pagheranno i futuri pensionati Che i nostri governanti promettano di non operare tagli ai pensionati è una gran bella cosa. Che dire però dei propositi di tagliare, e molto, a danno dei futuri pensionati? Che debbano essere proprio e solo costoro a raddrizzare i conti in rosso dell'Inps? Così chi ha lavorato e contribuito per 35 anni è costretto a lavorare ancora per altri cinque anni prima di percepire la pensione! I pensionati baby che hanno versato solamento 20 anni di contributi continueranno a ricevere la loro buona pensione. Così i falsi invalidi continueranno a ricevere il loro assegno mensile. E potrei continuare con altre categorie di privilegiati. L'entità della pensione deve essere in funzione dei versamenti fatti. O no? Albino Avetta Cossano Canavese (Torino) «Krizia non c'entra con il mondo di Craxi» Scrivo a nome della signora Mariuccia Mandelli (Krizia) cui la signora Susanna Marzolla ha dedicato un articolo sulla Stampa del 21 settembre. Nello stesso spiace ritrovare una serie di considerazioni di riporto che avrei preferito non leggere. Perché associare ancora una volta Krizia al mondo di Craxi, cosa che la signora ha tante volte smentito? E' vero: era stata iscritta d'ufficio nell'assemblea nazionale del psi, ma non ci è mai andata una volta. I permessi per i restauri dello «Spazio Krizia» che per la Milano di oggi è sicuramente un fiore all'occhiello sono stati ottenuti in piena legalità, tanto è vero che nessun'inchiesta è stata mai aperta. Insomma legare queste considerazioni forzate a un colloquio che Krizia ha avuto col dott. Di Pietro e il cui contenuto si dichiara a giusto titolo di ignorare, mi sembra proprio fuor d'opera. avv. Mario Scamoni, Milano

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