Capri teneri fantasmi

Capri, teneri fantasmi Il cimitero degli irreligiosi: una Spoon River all'ombra dei Faraglioni Capri, teneri fantasmi E| CAPRI / piovuto tutta la notte, dopo cinque mesi d'arsura e l'aria profuma di pane. Nel tenero mattino, Capri appartiene ai gatti e ai capresi; a mano a mano che il sole cresce, gli indigeni cedono il passo ai forestieri. Gli ospiti si destano negli alberghi col conforto del giornale che sa d'inchiostro e d'una prima colazione rallegrata dai fagottielli caldi, soffice versione isolana delle crèpes; i capresi se ne vanno a letto per poche ore di sonno balsamico. I più provati sono i sarti: cuciono tutta la notte, con rassegnata furia, come Ciro che sembra uscito da un libro di Dickens. In quanto ai gatti, grassi, sussiegosi siccome anziani camorristi, una volta divorate montagne di nobili resti di cucina (a quattro stelle) andranno a sdraiarsi, fra l'ombra e il sole, ai piedi di fichi generosi di lattice. E' piovuto tutta la notte e la pioggia raccolta nelle antiche catinelle di ceramica asciugherà gli occhi cisposi dei vecchi, sarà acqua lustrale per la Chiesa Madre, «posta di profilo, con la gradinata che sale di sbieco all'ingresso», tale e quale la vide Alberto Savinio, viaggiatore ellenico ma altresì barocco, nell'aprile del 1926. La pioggia ha ristorato la terra scatenando una mistura d'odori vulcanici e salmastri, altrove assenti; ha restituito al sole la sua luce d'argento; ha mondato il caldo settembrino dallo scirocco. Ha dunque sparso bene la pioggia in ogni dove, a Capri. Salvo che in un luogo ch'è fuori dalle rotte turistiche: nel Non Roman Catholic Cemetery, vale a dire nel cimitero acattolico di Capri. La lunga pioggia della notte ha trasformato i tre scoli del sovrastante cimitero cattolico in un torrente blasfemo dimodoché, ora ch'è smesso di piovere, una pappa di foglie, di rifiuti, di detriti s'addensa nei viali precari, s'insinua nelle crepe di lapidi spente e di remote lastre tombali gonfie d'annosa dimenticanza. La pietà è così cancellata e il visitatore precipita nella vergogna. Giù per via Roma perennemente ventosa, oltre il giallo del limoncello moltiplicato dalle bottiglie ricche di cedrina (l'Erba Luisa delle fiabe), superata la Stantìa, lasciato alle spalle un orto protetto dalle punte dell'aloe e dall'insidia del ficodindia, si arriva a un trivio. La strada di sinistra scende tortuosa alla Marina Piccola, quella di destra, anch'essa a tornanti, alla Marina Grande; andando diritti il cimitero acattolico è a un centinaio di metri, sovrastato dal piccolo poggio sul quale si allunga, involontariamente prevaricatore, quello cattolico: ordinato, pulito. Nell'estate del 1952, Curzio Malaparte ospitò nella sua villa di Capo Masullo (ribattezzata dai capresi Capo Fasullo) una americana d'origine tedesca, Joanna Z„ bionda come la paglia, bellissima e povera. E finse, o credette, Curzio, di innamorarsene. Ma la ragazza aveva 26 anni, Malaparte 50 sicché il «maledetto toscano», dopo quindici giorni piuttosto faticosi di convivenza, spiegò alla bellissima (e povera) ospite che il loro amore non aveva futuro, data l'irrimediabile differenza d'età. Joanna: «O.K.», disse e, raccolti i suoi stracci, lasciò la vasta terrazza panoramica dove Curzio scorrazzava su di una bicicletta da corsa, regalo di Coppi. La ragazza guadagnò la riva, giù, a strapiombo della villa, cavò dal sacchetto di tela ch'era la sua valigia un tubetto di sonnifero, e dopo averlo ingoiato tutto, s'immerse in mare. Correva nel cielo la controra, il momento immenso in cui il sole celebra il sogno del mitico alchimista trasformando il turchino del mare in oro liquido. L'alba è breve, a Capri, ma il tramonto no. Si può dire che cominci nella controra quando la luce, estenuata dal suo stesso prodigarsi, si anemizza fino a morire di sfinimento. Dappertutto, nel Sud, la controra opprime, stimolando angosce fisiche e morali. E' un momento estremamente topico della giornata, questo nel quale con l'allungarsi delle ombre, i violenti riflessi della luce cedono a una sinfonica invasione d'azzurro. Sono gli ulivi a liberare nell'aria affilata il loro impalpabile colore; unico eppur variato da infinite sfumature; questo colore severamente metallico che avvolge Capri in un sommesso fulgore. Quando la luce declina, tutto acquista più morbidi toni, nell'aria rarefatta si insinuano accordi di vento, delicati nel resuscitare nuvole destinate a un'ultima invasione di colori, prima che sopravvenga il buio. Del giorno rimarrà, per un po', al di sotto delle palpebre, una bruciante memoria. Joanna era un'americana del Nord, mezzo tedesca. Non voleva perdere quel che credeva d'aver trovato. Per conservarlo doveva morire. Buona nuotatrice, con larghe bracciate andava verso l'abisso dove sarebbe presto sprofondato il sole. Nuotò a lungo sentendo il sonno intorpidirle il corpo nudo. Era decisa a morire, Joanna, ma aveva soltanto 26 anni sicché, di colpo, sentì che non poteva perdere la vita per un uomo di cinquanta. Rinsavita, levò un braccio verso una barca che le veniva incontro veloce. Tre giorni lottò Joanna contro il blocco renale che la strizzava ma alla fine morì, incurante del dolore mostruoso di Curzio Malaparte. Gli amici suggerirono di seppellirla nel cimitero acattolico, ma improvvisi sorsero cento impedimenti. E Joanna fu sepolta altrove. Ho ricordato questa storia patetica perché fu allora che compii una ricognizione nel cimiterino di Capri. Apparteneva al Centro intitolato a Ignazio Cerio, l'archeologo e naturalista cui Capri deve, fra l'altro, i soggiorni nell'isola di Gorki e financo di Lenin, nel 1905 e ancora nel 1908, quando i due vi fondarono una «scuola quadri» di ispirazione socialdemocratica. Ma i capresi debbono a Cerio, che fu anche medico municipale bravo e dedicato, soprattutto quello che chiameremo «il gusto della cultura», il rispetto dei cosiddetti intellettuali. Insieme con Cortina, Capri si adorna orgogliosa degli scrittori, degli artisti che la frequentano assidui. (E non importa che siano grandi o no). Ne viene che Capri (con Cortina) è l'unico posto nell'avido paesaggio del turismo dove gli uomini di cultura abbiano la precedenza, perfino sui miliardari. Così accade, per fare un esempio fra i tanti, che Billy, manager-padrone del «Mamela», vada nel primo mattino a raccogliere i fichi dei quali è ghiotto un «intellettuale» suo ospite. Nei Cinquanta, del resto, Gemma serviva «scaloppine alla Gorresio» mentre al «Posta» il risotto allo champagne, ordinato da Paolo Monelli, lo cucinavano le mani attente di Renato. Come spiegare, allora, lo sfregio dell'incuria al cimitero acattolico, dove riposano intellettuali anche famosi? Ho letto in uno sdegnato articolo di Roberto Ciuni che a causa d'un «incidente burocratico» il cimiterino «non è più del Centro Cerio (che l'ha donato) ma non ancora del Comune di Capri (che attende il permesso di recepirlo)». Qua¬ rantanni fa era lindo e curato, un mix di Europa anglotedesca e di Santa Madre Russia; di ebraismo e di anarchia. Lapidi e lastre di pietra dura, croci gotiche, cippi squadrati, stelle di David, caratteri cirillici, epigrafi polemiche: «Qui giace XY, libero pensatore». In alcuni angoli ricordava il cimitero di Pasternak. Mi colpirono le tombe a due piazze, confortate da fiori e lumini invero misericordiosi. Anche in questo Capri è luogo eletto e diverso poiché l'omosessualità qui non fu mai satanizzata bensì accolta nel segno della privatezza. Il viaggiatore francese Jean-Jacques Bouchard annotava nel 1632: «Molto belle le ragazze, così come pure i ragazzi. Sia gli uni che le altre fanno la cortesia. Naturalmente, discretamente». Nei Cinquanta, «anni fiduciosi» come li definisce Carlo Laurenzi, quando eravamo poveri (ma spensierati), per non perdere la compagnia dei Maestri che scendevano al «Quisisana», alla «Palma» eccetera, alloggiavamo in camerette microscopiche ma immacolate presso le sorelle Natalizio ovvero al Villino Apollo e Adolfo, a Marina Piccola, ci faceva mangiare bene e tanto a un prezzo davvero speciale. La sera, nella piazzetta accogliente come un nido, da Vuotto, accostavamo trepidi la sedia a quella di Gianna Manzini, di Falqui, di Cecchi, di Maiuri, di Paolo & Vittorio che scortavano la Palmina, bella, sdegnosa. In quel tempo, come in questo, guardavamo, rapiti, le vetrine delle Camerelle, fiorite di petit-rìens, di prezioso superfluo. La notte ballavamo instancabili con Novella, Ursula e finalmente con Mariarosa, sfidando Burt (Lancaster) che non aveva ancora incontrato Visconti, e Gaetano P„ principe aristocratico. La guerra sembrava lontanissima, pensavamo di poter toccare, presto, la luce della felicità con le nostre giovani mani. Senza scottarci. Insomma, eravamo sereni e consapevoli d'esserlo e, certamente, allora, non visitavamo i cimiteri. Ora è diverso poiché l'autunno coincide con quello della vita. Sia come sia, l'abbandono che mortifica le romantiche tombe ebraiche, russe, inglesi, anarchiche, del Non Roman Catholic Cemetery è uno sputo in faccia. Umilia Capri, uccide la pietà. «Pity is the virtue of the law» (Shakespeare, Il Mercante di Venezia, IV, 1). Igor Man Burt Lancaster sfidato ai ballo dai «poveri ma belli», prima che incontrasse Visconti egli scrittori delQuisisana L'americanina che si uccise per amore di Malaparte Curzio Malaparte e Burt Lancaster A sinistra una veduta di Capri: al di fuori dalle rotte turistiche più conosciute si trova il «Non Roman Catholic Cemetery», vale a dire il cimitero acattolico Sopra: l'albergo Quisisana