Trema l'esercito dello scoop

Trema l'esercito dello scoop Trema l'esercito dello scoop In gioco un'audience senza precedenti LA CRISI TRA GIUSTIZIA E INFORMAZIONE E WASHINGTON così, dopo tre mesi di «circo» giornalistico, di scoop veri e falsi, di , violazioni I lisÉrT* istruttorie, di | analisi del san¬ gue che dai laboratori finivano prima sulle pagine dei giornali che sulla scrivania dei magistrati, il disperato giudice che guida il processo a O.J. Simpson ha perso la pazienza. Ha minacciato di escludere le telecamere e i taccuini dal Palazzo di giustizia di Los Angeles a partire da domani, lunedì, quando il dibattimento avrà il suo inizio formale. Lo farà davvero o il suo è stato un semplice scatto di nervi, l'avvertimento di un magistrato serio, ormai esasperato dall'invadenza dei media che da mesi conducono un processo parallelo sugli schermi della tv e sulle prime pagine? Non è una domanda da poco: dalla risposta che il giudice Ito, un americano di origine giapponese, darà nei prossimi giorni dipende uno dei più colossali business che mai l'America abbia conosciuto: network tv, settimanali, quotidiani, pubblicitari, aziende aspettano con la schiuma alla bocca, e la penna sul libretto degli assegni, gli 80 milioni di telespettatori e lettori promessi dal «processo del secolo». Non più cieca, ammesso che mai lo sia stata, raramente imparziale, sempre soggetta al vento degli umori e della cultura del momento, Madama Giustizia sta rischiando di diventare, nell'America del processo Simpson, «la grande prostituta dell'industria dell'entertainment», ha sentenziato con qualche iperbole il professor Allan Dershowitz, uno dei luminari che siedono fra gli avvocati dell'ex campione di football accusato di avere ucciso l'ex moglie e l'amico di lei. Mai, nella storia della nazione americana e del mondo, una vicenda giudiziaria aveva attratto tanti reporters (400 in servizio permanente) da tante nazioni (34 sono rappresentate a Los Angeles) con tanta spesa (il co- sto globale di una giornata di copertura del processo è superiore al costo quotidiano dell'occupazione di Haiti) e con tanta disinformazione travestita da giornalismo. Fare un inventario delle notizie pubblicate o trasmesse dall'esercito di media che assedia il tribunale di Los Angeles dall'inizio dell'estate è impossibile. Ma è invece facile vedere come questo processo abbia contribuito a confondere ancor di più la linea di confine, già molto vaga, che ancora separava il giornalismo tabloide da quello cosiddetto serio. Sfogliando i giornali, e navigando sulla superficie dei canali tv, non si capisce più nulla. Gli «stracci da supermercato», i fogli venduti alle casse d'uscita che ogni settimana annunciano lo sbarco dei marziani alla Casa Bianca o una nuova cura per il cancro, pubblicano servizi sul processo ormai quasi indistinguibili dagli articoli stampati sul New York Times o sul Washington Post. I telegiornali inseguono le stesse voci, le stesse insinuazioni, le stesse «rivelazioni» di ex parrucchiere, ballerine, vicini di casa, stelline, puttanelle, chauffeurs, giardinieri che compaiono alla stessa ora negli show della «trash television», la tv spazzatura che insegue il sensazionale senza scrupoli. E in questo stagno fangoso di competizione per le vendite e per i «ratings», i protagonisti del processo nuotano sfacciatamente. Tutti si accusano l'un l'altro e tutti si comportano allo stesso modo. La polizia, la procura, la difesa denunciano con una mano «l'invadenza dei media», mentre con l'altra passano ai reporters i pezzetti di notizie che fanno comodo a loro diffondere. C'era il sangue, non c'era il sangue, i guanti macchiati di Simpson erano nel cortile di casa, i guanti sono stati messi apposta da un poliziotto che lo voleva incastrare, la vittima «si faceva» di cocaina, la vittima era pura come un angelo, la vittima pagava in natura le dosi, la vittima era una madre esemplare, Simpson aveva tre amanti, Simpson era devoto solo alla ex moglie, nessuno riesce più a capire nulla. Ma il gioco del profitto non sta nel capire, al contrario. La confusione crea domanda di nuove informazioni, di nuovi show televisivi, di nuovi esperti legali. La confusione è un buon affare. Soltanto la Cnn, la rete via cavo che segue le udienze dal primo battere del martelletto del magistrato, ha fatto sfilare 45 esperti, avvocati e professori di diritto nei suoi studi per spiegare e commentare le fasi più arcane del dibattimento. Ogni sera ci sono almeno 3 canali che alla stessa ora presentano talk show sull'«affare Simpson». «Forse - dice ancora il professor Dershowitz, che pesca nello stesso stagno torbido che egli denuncia al suono di 300 mila dollari (mezzo miliardo) per la sua consulenza - forse soltanto se Lee Oswald fosse resuscitato e portato sotto processo per l'omicidio Kennedy vedremmo scene paragonabili a questa. E' un'indecenza». Ma è molto di più. Il caso Simpson ripropone con una violenza abbagliante il problema del rapporto fra la giustizia e l'informazione oggi, fra il Diritto con la maiuscola e il diritto di cronaca. O.J. Simpson è stato processato mille volte, condannato e assolto, davanti al tribunale dell'opinione pubblica. I segreti della sua vita privata, così come i presunti segreti dell'istruttoria, sono stati rivoltati come cappotti logori e battuti nel sole della California come vecchi tappeti. Gli avvocati, come i magistrati d'accusa, recitano per le telecamere e per l'immensa giuria dei telespettatori. E da domani, in teoria, il disgraziato giudice Ito dovrà cominciare la selezione della giuria popolare, dei 12 cittadini ai quali spetterà alla fine la decisione. La legge vorrebbe che questi uomini e donne fossero vergini di pregiudizi, mondi di ogni informazione e opinione. Una assurdità. «Il profilo del perfetto giurato nell'età dei mass media - dice ancora il professor Dershowitz è un eremita cieco, sordomuto e analfabeta, possibilmente un po' cretino». Al massimo è possibile sperare in una persona che non abbia ancora raggiunto una convin¬ zione su colpevolezza o innocenza, prima di sedersi in aula. Per scovarla, gli avvocati frugheranno fra i 300 californiani adulti sorteggiati per il processo (almeno duemila persone si erano offerte volontarie, ma la corte non accetta volontari) armati di questionari capaci - sulla carta - di rivelare pregiudizi e intenzioni. Ogni potenziale giurato riceverà un volume con quasi 500 domande. Poi, chi avrà risposto correttamente, verrà sottoposto a interrogatori in aula. Infine, difesa e accusa dovranno negoziare le scelte finali dei 12. Sarà una procedura estenuante, che occuperà almeno le prossime due settimane. L'accusa cerca persone quadrate, solidi cittadini, padri e madri di famiglia. La difesa punta su «spiriti liberi». Ma nessuno si illude di trovare più quei «12 eremiti sordomuti e analfabeti». L'intrusione dei mass media ha dunque già cambiato la giurisprudenza americana immaginata dalla Costituzione. «Non c'è giustizia senza libera informazione» avvertiva Thomas Jefferson due secoli or sono. Ma, come sospetta il giudice Ito, ci può essere «informazione senza giustizia» nell'età del giornalismo spazzatura. Vittorio Zucconi La lotta fra i mass media ha creato un enorme caos e stravolto le regole della giurisprudenza Il lavoro quotidiano dei 400 reporter costa più di un giorno d'occupazione ad Haiti , I lisÉrT* | A sinistra O.J. Simpson. Sopra il titolo il giudice Lance Ito che presiede il processo contro l'ex star del football