«Qui non c'è pane per tutti» di Fulvio Milone
«Qui non c'è pone per tutti» «Qui non c'è pone per tutti» 77 sindaco sfida i clandestini «Ci hanno rubato il lavoro» VILLA LITERNO. Eccolo qui, il sindaco di Villa Literno, capopopolo con i compaesani e diplomatico quanto basta con le autorità. E' lui che ha promosso la manifestazione per la cacciata dei neri. Ma se gli chiedi perché l'ha fatto, sgrana gli occhioni color nocciola e scuote il capo: «Io non c'entro nulla, è stato il comitato civico a organizzare il corteo». Ma quale comitato civico, se in paese nessuno dice di farne parte? «Io sono solo il sindaco, sto con il popolo punto e basta», taglia corto, sornione, il primo cittadino. Quarant'anni, un passato da socialista, scapolo ma fidanzato, legatissimo alla vecchia madre, Vincenzo Tavoletta possiede una dote indispensabile per un amministratore locale affezionato alla propria poltrona: sa essere un padre-padrone con la sua gente ma al tempo stesso, se è necessario, è capace di sfoderare doti non comuni di mediatore politico. Ora, davanti a quel che rimane del ghetto distrutto dal fuoco una settimana fa, interpreta il primo ruolo. Arringa la folla e i giornalisti e indica gli immigrati che lo fissano stupefatti oltre il cordone dei poliziotti: «Io propongo al governo di acquistare Villa Literno e darla a quelli lì e di traferire noi in qualche amena località del Nord». Risate, ampi cenni di consenso, applausi. Poi, dopo avere imposto il silenzio ai sostenitori con un cenno della mano, Tavoletta spiega le ragioni della protesta. «Il problema sono gli immigrati clandestini, non quelli in regola con la legge - dice -. I clandestini debbono fare fagotto perché portano lo spaccio della droga e la prostituzione in un paese che, prima d'ora, non sapeva cosa fossero queste cose orribili». Guai a ricordargli che Villa Literno è indicata nei rapporti di polizia, carabinieri e magistratura come una delle roccaforti della camorra. E non da oggi. Ma qualche ragione dovrà pure averla, il sindaco, visto che riscuote tanti consensi a Villa Literno. «Questo è un paese del Sud dove mancano il lavoro, i servizi e gli alloggi - spiega -. Non c'è abbastanza pane per noi, figuriamoci per gli immigrati. Quelli fanno la parte dei reietti, dicono che li sfruttiamo. Bugie: lavorano nelle campagne e guadagnano quanto un contadino italiano. Con una differenza: noi paghiamo le tasse, loro no. Eppoi, queste benedette leggi sull'immigrazione esistono o non esistono? Villa Literno è diventata il simbolo dell'incapacità e dell'indifferenza del governo». E' ormai pomeriggio quando Vincenzo Tavoletta, per gli amici «Cavalluccio», indossa il doppiopetto per recarsi dal prefetto di Caserta. Al suo ritorno al ghetto sventolerà davanti alla folla un foglio dattiloscritto e dirà con tono gelido: «Mi è stato detto di far riferimento a questo comunicato: agli immigrati va garantito un minimo di accoglienza». Per i sostenitori di «Cavalluccio» è un segnale di sconfitta, almeno per il momento. Ma durante la notte tutto può accadere. Fulvio Milone
Persone citate: Tavoletta, Vincenzo Tavoletta
Luoghi citati: Caserta, Villa Literno
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