Poster di pace a Damasco

8 Assad prepara il suo popolo all'accordo con l'odiato Stato ebraico: vuol concluderlo prima che torni il Likud Poster di pace a Damasco La città pavesata: «Sarà onorevole» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Non dev'essere davvero stato facile per il vecchio Assad di Siria intraprendere la battaglia della comunicazione, calcare il terreno dei media, occuparsi dell'opinione pubblica siriana: in tanti anni di dominio incontrastato e tirannico sul suo Paese e di egemonia sul Medio Oriente, certamente il consenso non è stato il suo primo pensiero. Adesso, invece, dalla visita del delegato americano Dennis Ross, Assad ha mobilitato tutto l'armamentario propagandistico, che da decenni si esprimeva in funzione anti-israeliana e antioccidentale, verso uno spettacolare rovesciamento. Damasco e dintorni sono coperti di messaggi in favore della pace. Gli strumenti della propaganda siriana sono, come ovunque, la televisione, la radio, i giornali; ma si fa anche uso di una selva di bandierine e striscioni color pastello che sovente recano l'immagine del presidente, e stavolta invece invitano a «La pace dei bravi»; oppure ricordano che «Abbiamo combattuto con onore; conduciamo negoziati con onore; faremo la pace con onore». Poco tempo fa gli stessi striscioni dicevano: «Quello che fu strappato con la forza, ci verrà restituito con la forza»; naturalmente il riferimento era al Golan e alle guerre del '67 e del '73; ma il sottinteso, molto più vasto, era che Israele viveva di prepotenza e di prepotenza, prima o poi, sarebbe perito. Adesso invece anche Radio Damasco ha il mandato di ripetere che la Siria vuole la pace, e il giornale «El Baath» ovvero l'organo della parte di Assad, ha scritto che «finalmente Rabin parla di ritirarsi, e non più di occupare o conquistare». 11 giornale fa persi- no un curioso accenno alla supposta volontà di pace del grande odiatissimo falco Ariel Sharon. La televisione ha trasmesso inoltre con evidenza l'incontro fra Rabin e il re giordano Hussein nonché gli incontri fra le delegazioni israeliana e giordana. Poi, non si sa come, è filtrata fra i siriani la notizia segretissima che l'ambasciatore siriano a Washington Walid Mohalem si è incontrato a quattr'occhi con quello israeliano Itamar Rabinowich, per dei colloqui lunghi e oramai zeppi di questioni tecniche: quando inizierà il ritiro dal Golan? da dove? e in che tempi? e quanta parte dei rispettivi eserciti e delle forze Usa dovrebbero garantire la pace? Oramai quasi tutti dunque in Siria sono consapevoli più o meno di un fatto: il Capo pensa ormai che Israele non è quel mondo con¬ dannato, quel granello di polvere sul mantello dell'universo islamico, ma uno Stato confinante con cui fare la pace. Perché Assad si è deciso ad agire al cospetto del mondo invece di portare in porto le trattative tramite la diplomazia segreta, soprattutto dato che in Israele esiste ancora un fortissimo movimento che si contrappone alla restituzione del Golan? Innanzitut¬ to due fattori psicologici importanti: la malattia che lo perseguita da anni, e la morte del figlio Basai Assad hanno posto all'anziano rais il problema della corsa contro il tempo; mentre l'accerchiamento dell'integralismo islamico si fa sempre più conturbante e rischia di spazzare via persino la memoria del dominio di Assad. Assad inoltre ha una netta percezione di quanto rapidamen¬ te è possibile perdere il primato e i vantaggi acquisiti: prima il crollo dell'Urss, che era il suo maggiore sostenitore. Poi l'esclusione dal tavolo vero della pace che è stata conclusa con i palestinesi e con re Hussein senza consultarlo. E infine dopo l'incontro con Clinton a Ginevra nel gennaio '93, la furiosa reazione americana all'esclusione dei giornalisti israeliani dalla conferenza stampa voluta dal presidente siriano. Tutti questi elementi han fatto capire ad Assad che è venuto, ora o mai più, il tempo di conquistare definitivamente la pace alla futura memoria del suo dominio. Inoltre, chissà se fra due anni Rabin sarà ancora il primo ministro, dato che le elezioni incombono. Un governo Likud certo non gli restituirebbe mai le alture tanto bramate. Ma nei Paesi arabi, occorre sempre guardar bene alle dinamiche interne, ai miniacciosi messaggi incrociati: si sa che il generale Ali Haider, uno degli uomini da sempre più vicini ad Assad, ha manifestato in riunioni segrete con alti gradi dell'esercito il suo dissenso alla pace con Israele. Haider si era anche autocandidato alla successione dopo la morte del figlio prediletto di Assad. Adesso che Assad ha scritto su tutti i muri di volere la pace Haider sa bene che cosa il presidente pensa delle sue idee e delle sue mire; e sa che il boss non manda a dire due volte la stessa cosa. Infine, Assad ha voluto mandare un messaggio anche all'opinione pubblica israeliana che si oppone alla pace: vedete, dice con le sue apparizioni televisive e le sue bandierine, non sto ingannandovi come vi suggerisce la destra. Datemi il Golan, la pace è a due passi. Parola di vecchio lupo. Fiamma Nirenstein Persino il falco Ariel Sharon viene presentato come un agnello Dal leader siriano Assad per anni sono venuti gli strali più insistenti e ostili a Israele. Ma ora la propaganda di Damasco ha cambiato segno e prepara l'opinione pubblica alla pace col nemico di sempre Il «falco» israeliano Ariel Sharon La tv di Damasco lo ha presentato di recente come un convertito al processo di pace