Abele a Berlusconi ora serve più coraggio di Paolo Patruno
Agnelli: all'estero c'è interesse ma vogliono atti di governo Il presidente della Confindustria: riforma seria delle pensioni, privatizzare anche la Rai Abele a Berlusconi: ora serve più coraggio «Sono necessari rigore e equità» CAPRI DAL NOSTRO INVIATO «La trattativa fra governo e sindacati non sta andando nella giusta direzione - scandisce deciso Abete -, per la furbizia di qualcuno o l'inesperienza di qualche altro rischia di imboccare una strada che i mercati finanziari possono giudicare sbagliata. Per questo abbiamo voluto anticipare l'incontro con Berlusconi e ricordargli quello che pensiamo». Davanti alla platea dei giovani imprenditori riuniti a Capri, il presidente della Confindustria accenna in sintesi ai due incontri avuti in ventiquattr'ore con Berlusconi (prima a Palazzo Chigi e poi a casa Agnelli) e rilancia la sua «linea della fermezza» sulla legge finanziaria duellando in punta di fioretto con i ministri Tremonti, Gnutti e Mastella e con il leader della Cisl D'Antoni intervenuti al convegno. E in chiusura Abete ha sorpreso tutti sollecitando, nell'ambito di un rilancio delle privatizzazioni, anche quella della Rai. Il presidente di Confindustria ha subito posto come fulcro della manovra finanziaria la riforma pensionistica, definita «il simbolo di modernizzazione del Paese». Una riforma che è finita sotto la lente d'ingrandimento dei mercati finanziari internazionali, attesa come il segnale di un cambiamento effettivo, come l'impronta del nuovo. In polemica con D'Antoni, Abete ha affermato che «se è giusto che il rigore si abbini anche alla fine dei privilegi, equità e rigore devono però marciare di pari passo». Per questo, ha reclamato da Berlusconi «una proposta globale e chiara, che soddisfi insieme le esigenze di rigore ed equità». In questa prospettiva, la Confindustria ritiene che non si debba accettare «nessun tabù» come il coefficiente di rendimento del 2% per le pensioni. «Perché in Germania o in Francia il coefficiente è solo dell'1,5, dell'1,3?», ha chiesto polemicamente Abete, sollecitando il governo a un comportamento di «trasparenza e coerenza» per far emergere dalla riforma delle pensioni «un sistema stabile definito», non una misura tampone da rifare ogni due o tre anni. Davanti all'irrequieta platea dei giovani imprenditori e ai ministri di Berlusconi, il presidente degli industriali ha voluto rendere anche l'onore delle armi ai precedenti governi Amato e Ciampi. L'apprezzamento per il primo è stato motivato dall'aver avviato la riforma pensionistica, mentre il secondo ha ricevuto parole di riconoscimento per aver proseguito e oonsolidato la discesa dei tassi d'interesse, un altro tasto sul quale Abete ha battuto ripetutamente. Il presidente degli industriali ha infatti ricordato come la prima fase del governo Berlusconi, definita dell'entusiasmo, abbia registrato per due o tre mesi una ulteriore fase di ribasso dei tassi. Ma questo incanto si è interrotto nell'estate, «con le chiacchiere di luglio e agosto», che hanno spinto in su i tassi e il costo del denaro, oggi superiori d'un punto e mezzo o due. «Ogni punto in più significa 25 mila miliardi all'anno, 16 mila per lo Stato e 9 mila per le imprese, stornati da impieghi produttivi a favore della rendita». Poi è ripresa, a settembre, la nuova fase di confronto con le parti sociali, ha proseguito Abete, ma in un clima di incertezza e confusione. Di qui, le riserve di Confindustria sul «metodo dell'approccio del governo» e l'esigenza di una manovra finanziaria rigorosa, verso tutti. Abete ha risposto così anche al ministro Tremonti che vuole raschiare qualche migliaio di miliardi abolendo le agevolazioni fiscali anche alle imprese. «Se le società sono davvero di comodo, siamo d'accordo sull'istituzione di una minimum tax. Ma è necessario precisare con quali parametri vanno individuate. Non accetteremo una norma generica, penalizzante per le società che non hanno un risultato positivo non perché sono di comodo ma proprio perché hanno corso un rischio d'impresa». Si profila, insomma, un nuovo campo in cui Confindustria e governo possono incrociare le lame nei prossimi giorni. Ma la posta in gioco è più alta del blocco di queste agevolazioni fiscali, perché gli imprenditori hanno reclamato dal governo un decisivo rilancio delle privatizzazioni: «E' fondamentale e urgente - ha sostenuto Abete - perche ha un effetto di modernizzazione della società». Naturalmente oltre a quello di un miglioramento dei conti pubblici, che hanno un riflesso diretto sui tassi. Sulle privatizzazioni, dunque, il presidente di Confindustria ha aperto un nuovo fronte: «Si può anche cominciare a pensare alle tv - ha detto infatti Abete - per allargare la presenza dei privati nel campo della radiotelevisione». Poi, per non rischiare di scottarsi le dita nell'infuocato dibattito che sta scuotendo la Rai in questi giorni. Abete ha usato parzialmente il pedale del freno. «Ho usato questo esempio solo per dire che insieme alla Finanziaria occorre rilanciare le privatizzazioni anche dei servizi pubblici. Si parla molto di energia e telecomunicazioni, non vedo perché non si possa pensare a privatizzare anche la tv. Basta definire bene le regole e rischi di concentrazione non ce ne sarebbero». Il sasso è gettato: se ne riparlerà. Paolo Patruno Il presidente Confindustria Luigi Abete
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