le mani della camorra su Pompei di F. Mil.

Versate tangenti perché venissero tolti i vincoli su un'area archeologica Versate tangenti perché venissero tolti i vincoli su un'area archeologica le mani della camorra su Pompei Nell'inchiesta su Gava entra anche l'ex ministro Pomicino La camorra stava per uccidere cinque magistrati napoletani NAPOLI. Ce n'è anche per Paolo Cirino Pomicino. Nella monumentale ordinanza di custodia cautelare contro Antonio Gava e altre 97 persone accusate di associazione a delinquere di stampo camorristico, il giudice dedica più d'una pagina all'ex ministro del Bilancio. Le accuse mosse nel '92 dal pentito Pasquale Galasso sono gravi: secondo lui il deputato che fu il numero uno degli andreottiani a Napoli si propose addirittura come garante della camorra presso le grandi imprese impegnate nella ricostruzione postterremoto in Campania. Galasso racconta un episodio che ha per protagonista la società «Pizzarotti»: «Mi sembra che quell'impresa avesse l'incarico di costruire un tratto delle ferrovie o di autostrada. Alessandro Nocerino (costruttore arrestato per associazione a delinquere; ndr) mi disse che Pizzarotti si era lamentato perché doveva pagare le tangenti alla malavita. L'imprenditore aggiunse che tutto ciò accadeva nonostante avesse avuto l'assicurazione da parte dei politici, cioè di Pomicino, che versando loro il dieci per cento dell'importo dei lavori i cantieri non avrebbero avuto alcun problema per quanto riguarda la sicurezza». Secondo Galasso, inoltre, Pomicino aveva interessi economici radicati in numerose aziende. Il pentito sostiene che attraverso quelle imprese e grazie all'amicizia del boss Carmine Alfieri «l'ex ministro riusciva ad accaparrarsi un elevatissimo numero di appalti». Lo stesso Alfieri, anch'egli pentito, ha confermato infine di avere incontrato alcuni anni fa l'ex ministro in una stazione ferroviaria. Pomicino, indignato, smentisce: «Vedo con stupore che vengono divulgate dichiarazioni del Galasso vecchie di due anni. Ho già documentato davanti ai magistrati l'assoluta infondatezza di quelle accu¬ se, tant'è che essi hanno già adottato alcuni provvedimenti di archiviazione». Ma le sorprese riservate dalla maxi-ordinanza non si fermano qui. Durante un altro interrogatorio, Galasso ha parlato di tangenti versate al comune di Pompei e alla soprintendenza archeologica affinché venissero tolti i vincoli che impedivano l'edificazione su un suolo di cinquantamila metri quadrati. «L'attuale sovrintendente di Pompei ed Ercolano, Conticello, era amico di Ferdinando Cesarano, elemento di spicco del clan Alfieri - ha aggiunto il pentito -. I lavori cominciarono di notte distruggendo anche moltissimi reperti archeologici». Un altro curioso episodio riguarda Antonio Gava: uno dei suoi figli avrebbe ottenuto il diploma di maturità con il massimo dei voti grazie ai buoni uffici del titolare di una scuola privata, Rosario Boccia. Intanto a Napoli divampano le polemiche su un appalto sospetto concesso in occasione del G7. Il procuratore Agostino Cordova ha precisato che l'inchiesta riguarda «l'attività imprenditoriale svolta da soggetti indagati per il delitto di associazione mafiosa, e non la regolarità dell'attribuzione degli appalti». Dalla stessa ordinanza di custodia cautelare per Gava e le altre 97 persone emerge un'altra clamorosa notizia: la camorra stava progettando un attentato in grande stile contro i magistrati della Procura Antimafia di Napoli. Il progetto stragista, teso ad annientare il pool dei 5 magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, risalirebbe al luglio del 1993. Secondo un pentito i mandanti dell'omicidio sarebbero stati Pasquale e Salvatore Russo, affiliati al clan di Carmine Alfieri, mentre il brigadiere della guardia di finanza, Gennaro D'Addio, 34 anni, sarebbe stato la talpa dell'organizzazione criminale. [f. mil.]

Luoghi citati: Campania, Ercolano, Napoli, Pompei