«Mi hanno torturato per farmi confessare» di Paolo Passarini

l'americano fustigato «Mi hanno torturato per farmi confessare» 13J1 l'americano fustigato WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Michael Fay può proprio dire di portare addosso i segni del suo incontro con la giustizia di Singapore. Non sono solo quella larga cicatrice sulla natica sinistra e quei quattro segni scuri sulla destra. «Mio figlio fa ancora molta fatica a addormentarsi», racconta il padre, George. Soprattutto, a quasi cinque mesi da quei quattro colpi di canna sul deretano, Michael continua a vedere uno psicanalista e, spesso, il suo comportamento denuncia insicurezza e instabilità. Poi c'è anche la sfortuna. All'inizio di settembre, il ragazzo, 19 anni, è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale perché si era bruciato la mano destra e una guancia mentre lavorava sotto il cofano dell'auto. Pochi giorni prima, Michael aveva fatto a botte con il padre. Vive con lui, a Kettering, Ohio, e lavora in un negozio di video. Anche la madre, Randy, ha lasciato Singapore ed è tornata da un paio di mesi negli Usa con il marito cino-americano. Vivono a Metairie, Louisiana. Ma Michael sta con il padre, come ci stava prima di fare quel viaggio a Singapore. C'era andato per le vacanze e la trovò «bellissima». Così decise di restarvi per un anno e finire lì le scuole superiori. Michael non vuole che sulla sua storia vengano fatti film, ma ne parla, volentieri. Ci tiene a ribadire la sua innocenza e a mettere in chiaro che fu costretto a Firmare la confessione sotto tortura. «La polizia mi venne a prendere a scuola - ricorda -, Me e altri quattro ragazzi. Un ragazzo cinese che era stato arrestato per furto d'auto aveva fatto i nostri nomi. Qualche giorno prima erano venuti a perquisire la mia stanza e avevano trovato qual¬ che segnale stradale che avevo preso come ornamento». «Mi chiesero di confessare che avevo commesso atti di vandalismo - continua -. Risposi di no. E loro mi davano degli schiaffi. Poi uno cominciò a camminarmi dietro. Tutte le volte che si avvicinava mi dava una botta sulla nuca. Poi mi dissero che mi avrebbero messo in quella stanza». «Quella stanza» è una stanza fredda dove si viene fatti entrare senza vestiti, spruzzati di acqua ghiacciata e lasciati lì a tremare per ore. Quando Michael parla delle frustate, ricorda «un male boia». Ma dice: «La confessione fu peggio. L'umiliazione fu ancora più grande». Paolo Passarini Michael Fay

Persone citate: Kettering, Michael Fay

Luoghi citati: Louisiana, Ohio, Singapore, Usa, Washington