India 300 mila in fuga dalla peste di Fabio Galvano

Esodo da Surat nonostante il cordone sanitario. Bombay e New Delhi temono il contagio Esodo da Surat nonostante il cordone sanitario. Bombay e New Delhi temono il contagio India, 300 mila in fuga dalla peste L'Organizzazione mondiale della sanità: una catastrofe LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La peste infuria. Sono già 44 i morti «ufficiali» - ma almeno un centinaio secondo fonti di stampa - nella città di Surat, centro dell'industria diamantifera nell'India occidentale. Ora si teme, in un clima di catastrofe, che il contagio possa propagarsi a Bombay, situata 270 chilometri a Sud; o addirittura nella capitale New Delhi, dove si predispongono misure d'emergenza. Nonostante gli sforzi delle autorità, infatti, si registra nelle ultime ore un esodo di massa. Il panico trionfa, le raccomandazioni alla calma - in una città dove locali pubblici, scuole, fabbriche, negozi e uffici sono stati chiusi - sono parole al vento. Di fronte a un'epidemia per la quale si è mobilitata da Ginevra anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità, offrendo assistenza tecnica ai servizi sanitari indiani, in tutte le città della regione si predispongono centri per un'eventuale emergenza su più vasta scala. A New Delhi il primo ministro Narasimha Rao ha ordinato l'apertura di un centro operativo per coordinare gli interventi sanitari. «Siamo seriamente preoccupati», ha ammesso il ministro della Sanità Madhusudan Dayal. Oltre 300 mila persone, su una popolazione di 1 milione e mezzo, sono già fuggite negli ultimi due giorni da Surat. La stazione ferroviaria e quella degli autobus sono state prese d'assalto, chi ha un mezzo di trasporto si è messo per strada. «Meglio morire di fame da qualche altra parte che di peste a Surat», dicono molti dei lavoratori avventizi che nelle catapecchie della città si erano costruiti due soldi di speranza. «Molti se ne sono andati e molti altri si stanno preparando a farlo nonostante i nostri sforzi per persuaderli a restare», afferma il vicesindaco Kansara. Mettono i loro pochi averi in una scatola e partono per sfuggire al bacillo mortale. Altri cercano di combattere il contagio con il fuoco: l'intera città è punteggiata di grandi falò su cui si bruciano panni e oggetti ritenuti contagiati. Fatica inutile. La peste che ha colpito Surat è del tipo polmonare, la più pericolosa perché può uccidere in poche ore e perché si trasmette nell'aria. E' molto più grave della peste bubbonica che ha colpito lo stato di Maharashtra, teatro l'anno scorso di un terremoto in cui morirono 10 mila persone, contagiando un centinaio di persone (ma finora senza morti). Entrambe si curano, se prese in tempo, con la tetraciclina; ma mentre è relativamente facile isolare la peste bubbonica - basta una derattizzazione su vasta scala e un abbondante uso di Ddt per uccidere le pulci che trasmettono il morbo dai ratti all'uomo - nulla si può fare per frenare quella polmonare. Così, mentre i 32 villaggi del Maharashtra maggiormente colpiti assumono un aspetto lu nare, imbiancati come sono dalle irrorazioni di Ddt, a Surat avanza la morte invisibile. «Ho tre bambini, non posso morire», implora una giovane donna dal suo letto d'ospedale. Nella sua corsia ci sono 178 persone, molte ormai condannate. «La mia famiglia si è messa in salvo - ha detto Ram Singh, un uomo di mezza età, all'agenzia indiana Pti - ma io non posso andare. Mio figlio di 18 anni è qui, gravissimo, e non posso lasciarlo solo». Sono scene drammatiche: una donna che chiede - invano di portar via il corpicino del figlio morto; un uomo che corrompe gli infermieri per entrare in ospedale e confortare la moglie morente. «Ci siamo ammalati insieme - spiega un'altra donna - ma io sono viva e mia figlia è morta». Il governo ha fatto arrivare nella zona 500 mila dosi di tetraciclina. Ma non bastano e c'è chi sfrutta indegnamente questa nuova tragedia indiana. Le farmacie, aperte anche di notte, vendono ormai le dosi a 30 rupie, 10 volte il prezzo normale. Ma è il meno, in una città dove la psicosi della «morte nera» tiene banco. Si cerca di capire come l'epidemia abbia avuto origine, per cercare di affrontarla in modo più concreto. Per ora, tuttavia, non si possono fare che ipotesi. Sembra scartata quella di un contagio dal Maharashtra, proprio per il diverso tipo del male, che in India era praticamente debellato da quasi 30 anni. Più probabilmente la peste polmonare è stata portata dai ratti entrati nelle case dopo le inondazioni che il mese scorso hanno allagato le bidonville lungo il fiume Tapti. Surat è stata dichiarata «zona disastrata»; ma lo è sempre stata. Un quotidiano di New Delhi la descriveva ieri come «una delle città più congestionate e inquinate del Paese, con un servizio pubblico praticamente inesistente anche in tempi normali». La grande paura, però, viene da Bombay, dove sono già stati predisposti centri di raccolta e ambulatori specializzati. La metropoli attende l'urto mortale, sperando che non arrivi. E intanto da Ginevra l'Organizzazione Mondiale della Sanità è in preallarme: «Sebbene il quadro sia ancora incompleto - ha detto ieri un portavoce - non c'è dubbio che ci troviamo di fronte a una grave epidemia. Siamo pronti a fornire tutta l'assistenza richiesta, compreso l'invio di personale specializzato». L'Oms precisa che nel 1982, l'ultimo anno di cui esistono statistiche complete, ci sono stati in 9 Paesi un totale di 1768 casi di peste, con 198 decessi. Surat ha già stravolto quei livelli. Fabio Galvano Già cento i morti La città è punteggiata da falò di case appiccati nel vano tentativo di bloccare il morbo Nel Maharashtra interi villaggi sono bianchi di Ddt Una donna morta a Surat. La peste ha messo in fuga 300 mila persone

Persone citate: Narasimha Rao, Ram Singh

Luoghi citati: Ginevra, India, Londra