E il fedelissimo di Craxi si innamorò della destra

E il fedelissimo di Craxi si innamorò della destra E il fedelissimo di Craxi si innamorò della destra TRA VANITA' E POTENTI AMICIZIE CROMA RAXIANO, e va bene, non si discute. Però anche qualcosa di più, nel bene e nel male. Arrogante, ma intelligente; infelice e scostante, quasi sempre, nel contatto umano .- il solito timido aggressivo che delizia il mondo del potere - e tuttavia anche affascinante e pieno di successo, come dimostrano i due matrimoni con l'elegantissima Margherita Boniver e, venticinque anni dopo, con la splendida attrice e direttrice di Penthouse Elide Melli che l'ha reso di nuovo papà a 56 anni. Un bel narcisone esibizionista da Anni Ottanta, Massimo Pini, uno, per intendersi, che col cronista in casa sguainava lo spadone regalatogli da Bettino proclamando teatrale, dal corridoio: «Sciabolatore, sì. Io sono per l'assalto. Amo il rischio, cerco la lotta e trovo che, nella vita» eccetera, vanità delle vanità, che poi s'è capito come va a finire. Eppure, a suo modo, coerente più di tanti altri con quella strana idea, quasi più esistenziale che politica, più iniziatica che laica, più privata e di clan che pubblica, del craxismo. E infatti l'ultima immagine, l'estrema fotografia che viene in testa è quella di un uomo che, seduto sui gradini di una specie di cortiletto all'aperto, fra le grate e i cancelli del retro non bonificato del cinema Belsito, l'ultima dispendiosa follia socialista, assiste lucidamente sconvolto alla fine di Bettino maledicendo tutto e tutti. Era (solo) il maggio dell'anno scorso: «Vogliono fare dell'Italia una repubblica delle banane. Vedrete - s'accalorava Pini - tra qualche mese metteranno tutti gli inquisiti in carcere. La politica è sangue. Diventeremo come l'Argentina e il Cile». E tutta questa catastrofe, veniva da pensare, tutta questa disperazione con misteriose valenze planetarie solo perché i membri dell'Assemblea nazionale psi, amici suoi, avevano fatto dimettere Craxi e insediato al suo posto quello «strnz» - come si- bilava con l'indispensabile alterigia - di Benvenuto... Sciagura e depressione, del resto, da cui Pini, già a lungo manager della Rai (esperienza racchiusa nel libro «Memorie di un lottizzatore»), dell'Iri (dove non capirono mai bene l'altro suo libro, «L'assalto al cielo», in cui salvava la nobiltà dell'Autonomia operaia contro le nefandezze togliattiane), nonché consigliere del presidente del Consiglio Amato per le privatizzazioni e il riordino delle Partecipazioni Statali, in questa nascente Seconda Repubblica sembrava essersi quasi del tutto ripreso. Grazie alla sua rinomata ed avveduta assenza - ma davvero - di pregiudizi: spostandosi, quindi, ed insieme facendosi vigorosamente spostare a destra. In quell'area, cioè, che originariamente aveva esplorato per conto di Bettino con l'aiuto di un intellettuale come il direttore dell'Italia settimanale Marcello Veneziani. Proprio quel giornale Pini aveva aiutato a nascere, anche dal punto di vista finanziario, e all'Italia ancora collabora. Il fatto che all'inizio, con tutta probabilità, avesse in animo di conquistare la destra per Craxi e che poi fosse invece la destra ad accogliere lui, deve averlo turbato fino a un certo punto. Fatto sta che «l'amico di Bettino», temuto e odiato per un intero decennio a via del Corso come l'incarnazione del più prevaricante spirito di clan contro i diritti del partito, ecco, dopo la catastrofe craxiana Massimo Pini s'era - come si dice malamente - «posizionato» in una zona grigia di fresco potere, o di vecchio potere da occupare - nel suo caso, da rioccupare - stavolta però con la benedizione di Fini e degli altri fascisti, oggi alleati nazionali. Era, d'altra parte, la stessa personalissima mancanza di pregiudizi che in campo culturale aveva fatto da turbina ai fasti della casa editrice Sugarco, nata Sugar nel 1957, con l'intuizione di pubblicare Beckett e Kolosimo, e poi proseguita sulla scia di un poliedrico e promiscuo vitalismo: Nixon e Nenni, Kissinger e Neruda, Reich e Ortega, Burroughs e Kolakowsky, ma anche Lukàcs e i diari di Marco Predolin, Trotzkij e le marchette al sanguinario Ceausescu, senza contare l'opera omnia di Craxi, con i craxiani del primo giro che lottavano per far la prefazione. Altri tempi. La Sugarco Pini l'aveva venduta alla fine del 1993. E senza libro, né moschetto, stava (o sta ancora) per diventare l'alleato perfetto. Filippo Cec carelli Dice di sé: «Sono per l'assalto. Sciabolatore, sì. Amo il rischio e cerco la lotta» É | I

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