Massimo Pini scivola su una bustarella

Arresti domiciliari al primo marito dell'ex ministro Boniver, ex consigliere Rai, manager editoriale Arresti domiciliari al primo marito dell'ex ministro Boniver, ex consigliere Rai, manager editoriale Massimo Pini scivola su una bustarella Indagato Alberto Rusconi MILANO. Un'autentica buccia di banana per Massimo Pini, «boiardo di Stato» di ventennale esperienza. E' agli arresti, a casa, con l'accusa di corruzione per una «bustarella» da 20 milioni pagata alla Guardia di Finanza. Quasi un insulto per lui - ex membro dell'assemblea nazionale socialista, marito dell'ex ministro Margherita Boniver, ex consigliere di amministrazione della Rai, ex componente del co*m*tato di presidenza dell'Iri nonché consigliere per le privatizzazioni del governo Amato - finire nei guai così, dopo che era riuscito a passare indenne nella bufera di Tangentopoli. Pare così che abbia scaricato sui carabinieri, che gli hanno notificato l'ordine di arresto, tutto il livore per simile «affronto». E chissà quale reazione avrebbe avuto se il gip Andrea Padalino avesse accolto la richiesta di Antonio Di Pietro: il pm voleva infatti che Pini finisse a San Vittore, non a casa sua. Venti milioni, dunque, che Pini ha pagato (o meglio ha fatto pagare dai suoi commercialisti) nel 1990 in quanto azioni¬ sta di maggioranza di una casa editrice, la «Cosmopoli srl». Anche qui toccato nel punto più debole, lui che è fondatore e consigliere di amministrazione delle ben più consistenti «Edizioni SugarCo» (biografie di Bettino Craxi, libri di Paolo Pillitteri e così via). Pini avrebbe ammesso il pagamento della bustarella affermando però (come gli altri imprenditori) di essere stato vittima di una concussione: una pattuglia della Finanza potentissima, quella che conduceva la verifica fiscale su «Cosmopoli» visto che sarebbe riuscita a ricattare quello che allora era uno degli uomoni più potenti e ammanicati del Paese. Assai potenti anche altri finanzieri, quelli che avrebbero mi- É nacciato uno | dei più importanti editori italiani, Alberto Rusco- I ni, figlio di Edilio, di «bloccare l'attività dell'a¬ zienda» se non avesse pagato la tradizionale mazzetta. Questo almeno ciò che sostiene l'avvocato Giampiero Biancolella, legale di Rusconi, che testualmente dice: «Il mio cliente si ritiene vittima di una vera e propria violenza morale in quanto gli venne prospettato che, se non avesse versato quanto chiesto, i controlli sarebbero stati fatti durare moltissimo tempo». Rusconi, che si ritrova nella posizione di indagato, ha ammesso quindi di aver versato 70 milioni ad un maresciallo. Che è poi quell'Agostino Landi, morto suicida circa due mesi fa: un colpo di pistola a casa, dopo l'onta dell'arresto. L'improvviso interesse per le attività editoriali, non spegne però i riflettori sul mondo della moda. Il gip Andrea Padalino, tra i vari ordini di custodia (ieri ne sono stati eseguiti sette) ha firmato infatti quello nei confronti di Luigi Monti, ex presidente e coordinatore degli stilisti del gruppo Basile, una «griffe» in crisi da tempo (da sei mesi l'azienda è in concordato preventivo). Monti, interrogato alcuni giorni fa, aveva negato il pagamento di tangenti alla Finanza; poi è stato sentito l'ex amministratore delegato del gruppo, Nicola Di Luccio, che invece ha ammesso. E Monti, secondo l'inesorabile «regola» di Mani Pulite, è finito a San Vittore. Non è il solo. Assieme a lui sono in carcere altri due imprenditori, Angelo Basile e Sabino Bianchi, e due commercialisti romani, Piergiacomo Baldassarre e Valter Gioffè. Basile e Bianchi, titolari dell'industria metelmeccanica «Landis ad Gyr», avrebbero pagato alcuni finanzieri affinché eseguissero la verifica fiscale in un determinato periodo, in modo da trovare «in ordine» i conti dell'azienda. Per i commercialisti, invece, l'episodio di corruzione riguarda una verifica alla società milanese «Iberna». Chiude l'elenco degli arrestati un maresciallo della Finanza, Francesco Capone: in questo caso è accusato di aver ricevuto 80 milioni dalla Tamoil, ma nell'inchiesta era già comparso. Era a Capone, infatti che Francesco Nanocchio, il primo finanziere arrestato, disse di aver passato 25 milioni: soldi disse ancora - che provenivano da Telepiù. Ma Francesco Capone ha sempre smentito la circostanza. Susanna Marzolla li : L'editore Alberto Rusconi, indagato nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza

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