Màrquez nel '700 tra amori, paure e Inquisizione

Màrquez nel '700 tra amori, paure e Inquisizione Màrquez nel '700 tra amori, paure e Inquisizione ONTRO uno sfondo antico, apparentemente immobile, in realtà percorso da forze spaventose e incontrollabui, si staglia la grazia di una favola d'amore funebre e struggente: tra le più tragiche che si possano immaginare in qualsiasi tempo, compreso il nostro. Questo il senso, o almeno una delle possibili interpretazioni dell'ultimo, straordinario romanzo di Gabriel Garcia Màrquez, Dell'amore e di altri demoni, nella bellissima traduzione di Angelo Morino. Cartagena de las Indias, verso la fine del XVHI secolo, in un anno certamente situato tra il 1768, quando si pubblica un famoso libro spagnolo, il Fray Gerundio del padre gesuita Isla, e il 1779, data della morte di Voltaire. L'indicazione è offerta da Garcia Màrquez stesso: infatti, ambedue i volumi, il Fray Gerundio e le opere complete di Voltaire, proibitissime dalla Chiesa, si trovano nella biblioteca di Abrenuncio de Sa Pereira, ebreo portoghese emigrato nei Caraibi in seguito alle persecuzioni in Spagna, «il medico più importante e controverso» di Cartagena de las Indias. Anche Cartagena, come Abrenuncio, è divisa e controversa tra la gloria del passato e le ristrettezze del presente. Durante sei mesi vive dell'attività del porto e dell'arrivo dei galeoni, ma per il resto dell'anno è città sonnolenta, malata della grande nostalgia della Spagna. Su tutto, aleggia l'Inquisizione: nell'atmosfera crepuscolare del viceregno di Nueva Granada, l'Inquisizione si colora delle canzoni, dei riti e delle credenze degli Indios e dei negri, trasformandosi in coacervo dì terrori umani, inutile ostacolo alle debolezze dell'uomo e alle potenze demoniache in agguato. Antagonista, preda e vittima di questo universo in pieno disfacimento è una creatura giovane e inerme: una ragazzina di 12 anni. Viene incontro al lettore, non da viva, ma da morta, quando, in un brevissimo capitolo di tenore e stile contemporaneo, Màrquez racconta di avere assistito, in veste di cronista, nel 1949, a Cartagena de las Indias, allo svuotamento delle cripte funerarie di un antico convento di Clarisse. E lì, come per miracolo, gli apparve, intatta, la lunghissima chioma rossa di una ragazzina. Sulla lapide di marmo, corrosa dal salnitro, soltanto un nome senza cognomi: Sierva Maria de Todos los Angeles. A Garcia Màrquez il nome ricordò la leggenda, udita nell'infanzia, di una marchesina di 12 anni, con una chioma che «le strascinava appresso come la coda di un abito da sposa», morta di mal di rabbia in seguito al morso di un cane e venerata, nei Paesi caraibici, per i suoi molti miracoli. Dalla commistione tra visione reale e leggenda, la nascita di questo libro e anche di un nuovo personaggio letterario: con quella chioma sensuale che nessuna volontà esterna o religiosa e neppure la morte ha saputo annullare, Sierva Maria è una grande amante teenager, una lolita dalla seduzione asprigna, dalla scienza innata dell'amore, che trionfa, nell'aldilà, su chi l'ha condannata a morire. La vicenda di Sierva Maria, figlia unica e trascuratissima del marchese di Casalduero e di una meticcia della «cosiddetta aristocrazia di bottega», ha inizio quando si reca al mercato, con una domestica mulatta, una domenica di dicembre. Viene morsa da un cane rabbioso. Al principio, questa circostanza è tenuta segreta, poi, attraverso il tamtam del quartiere degli schiavi che costituisce l'unica società frequentata dalla bambina, finisce per trapelare. Non c'è nulla che faccia pensare che la bambina abbia veramente contratto la rabbia, ma, torturata dai rimedi crudeli dei medici locali, da altri rimedi improvvisati dagli schiavi, Sierva Maria diventa preda di «dolore e furia». Si diffonde allora la convinzione che sia posseduta dai demoni e, a questo punto, nessuno potrà più salvarla. Non il padre, che finalmente si è accorto di amarla, non il medico Abrenuncio, che, in quell'universo di follia, rappresenta la ragione perseguitata. Non il vescovo, uno spagnolo disincantato, da molto tempo privo della fede, ma convinto che la conquista delle terre d'oltreoceano rappresenti «una trappola del Nemico» e pertanto richieda persino l'immolazione di coloro che in Dio non credono. Non la salveranno certo le monache del convento in cui viene rinchiusa per essere esorcizzata e neppure l'unica persona che sarebbe in grado di farlo: l'esorcista, il gesuita Delaura. Infatti egli si innamora di lei, riamato, giace con lei in castità, recitandole e insegnandole i grandi versi d'amore di Garcilaso de la Vega e così sognando di fare di lei la sua sposa, condanna Sierva Maria e se stesso a morti orribili. Màrquez visto da Loredana Sierva Maria è figlia del suo tempo e, per nar¬ E', nella letteraH tura russa, accanJ to all'ampio e maestoso fiume del realismo che si snoda senza fretta nella sua immensa pianura centrale, un torrente saltellante e nervoso che scende dai contrafforti periferici e là si abbevera a sorgenti incontaminate e a cascate iridescenti: è il torrente del fantastico, del surreale, il torrente di una satira sempre mal tollerata e spesso brutalmente soppressa. E se la letteratura realistica ha spesso combattuto col potere una battaglia campale, a truppe schierate, questa letteratura fantastica ha preferito invece la tattica degli incursori: rapide e micidiali puntate che rompono il fronte d'attacco di un potere pachidermico costituzionalmente incapace di prevederle. Alcune di queste incursioni così indigeste a quel realismo socialista che quest'anno evrebbe compiuto 60 anni - il congresso che lo approvò si svolse infatti nell'agosto del 1934 - vengono ora pubblicate in italiano. Gli autori dei due libri hanno visto forse due Russie diverse, hanno vissuto vite che apparentemente hanno poco in comune. Sigizmund Krzizanovskij, di cui la Biblioteca del Vascello propone Autobiografia di un cadavere, fu sceneggiatore di opere teatrali, film e cartoni animati, critico letterario, traduttore, scrittore dall'attività tanto vasta quanto virtuale. Quando morì nel 1950, infatti, la sua opera era totalmente inedita e solo il paziente e devoto lavoro della moglie e degli amici ha condotto, nel 1989 appunto, al suo esordio postumo. Tat'jana Tolstaja è nata invece nel 1951 ed ha esordito nel 1983; tradotta in italiano già in quello stesso 1989 e premiata l'anno successivo come finalista del Grinzane Cavour, vi ve negli Stati Uniti dove tiene corsi universitari. Eppure, al di là degli accidenti esteriori di una vita che è difficile immaginare più diversa, lo scrittore «fallito» di origine polacca e la brillante nipote di Aleksej Tol stoj descrivono la stessa identica Russia, la sua grigia realtà quotidiana, il suo prosaico non-senso E la stessa identica fuga da questa realtà verso un mondo fantastico e surreale ma non per questo liberatorio e felice. Aspirazioni e realtà, sogni e vi ta, gioventù di speranza e vec chiaia disillusa. Le pseudoscienti fiche utopie negative di Krzizano I vskij, «serie di azioni intraprese

Persone citate: Aleksej Tol, Angelo Morino, Durante, Gabriel Garcia, Garcia, Garcia Màrquez, Loredana Sierva Maria, Pereira, Sigizmund Krzizanovskij, Vega

Luoghi citati: Cartagena, Cartagena De Las Indias, Grinzane Cavour, Russia, Spagna, Stati Uniti