Singapore impicca il primo occidentale
uà Condannato per droga, oggi l'esecuzione: respinti gli appelli della regina Beatrice e delTUe Singapore impicca il primo occidentale L'olandese: sono un infiltrato della narcotici, è una trappola L'Aia conferma, ma non spiega i 4 chili di eroina in valigia BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il giudice che lo ha condannato è convinto di avere punito un trafficante internazionale d'eroina. I suoi difensori lo descrivono invece come un informatore della polizia, fregato dalla stessa malavita che lui tentava di combattere. Quel che è certo è che Johannes Van Damme, ingegnere olandese di 59 anni, è stato pescato tre anni fa all'aeroporto di Changi con una valigia imbottita di eroina: più di quattro chili di polvere bianca, che a meno di un miracolo gli costeranno la vita. L'isola-Stato di Singapore è tre volte più piccola del comune di Roma: appena 618 chilometri quadrati, su cui si affollano quasi tre milioni di persone. Ma la Repubblica della Tigre (Singha) è orgogliosa, e vuole che le sue regole siano rispettate. Chi getta una cartaccia in terra si becca una multa memorabile, e chi viene acchiappato con più di 15 grammi di eroina, o con oltre mezzo chilo di marijuana, finisce sulla forca. Van Damme non poteva dire di non saperlo, perché l'avvertimento è stampato in caratteri rossi sui moduli per la richiesta del visto di ingresso, e perché a Singapore, dal 1975 ad oggi, già settantacinque persone sono finite appese ad una corda per lo stesso motivo. Parecchi erano stranieri: indiani, malesi, thailandesi, ma ancora nessun occidentale. L'olandese, però, ha sempre sostenuto la propria innocenza. Ha raccontato di essere un informatore della polizia dell'Aia, ha sostenuto che la polvere gli era stata messa in valigia per vendetta da una banda di nigeriani, che lui stesso aveva smascherato e denunciato. Ed effettivamente il ministero degli Esteri olandese, dietro insistenza dell'avvocato di Van Damme, ha fatto sapere alle autorità di Singapore che sì, l'ingegnere era un informatore della polizia, ma che nulla risultava su un eventuale legame tra le notizie trasmesse in patria e la faccenda dell'eroina. E del resto, perché mai i trafficanti nigeriani avrebbero dovuto far trovare alla polizia quattro chili d'eroina, quando a far impiccare l'olandese ne bastavano quindici grammi? Il giudice, così, non gli ha creduto, ed a nulla sono valsi gli appelli alla clemenza lanciati dalla regina Beatrice d'Olanda, dal ministro degli Esteri olandese Van Mierlo, da Amnesty International e dagli ambasciatori dei Paesi dell'Unione europea accreditati a Singapore. La condanna è arrivata inesorabile: pena di morte mediante impiccagione. L'avvocato di Van Damme ha tentato di far riaprire il processo, ma anche questo tentativo è caduto nel vuoto, e tre giorni fa i familiari dell'olandese sono stati informati che l'esecuzione sarebbe avvenuta stamane all'alba nel cortile della prigione di Changi, a due passi da quel maledetto aeroporto. La salma «potrà essere ritirata domenica». «Non lasceremo nulla di intentato», ha detto il ministro Van Mierlo. Ma già qualche tempo fa le autorità di Singapore hanno dimostrato la propria capacità di resistere alle pressioni di Paesi ben più grandi, quando un giovane statunitense venne frustato in pubblico malgrado l'intervento personale del Presidente Clinton. Van Damme, del resto, sembra avere accettato il proprio infame destino. Gli ultimi giorni li ha passati davanti alla televisione, e solo ieri ha ricevuto la visita della moglie nigeriana, dalla quale è separato da anni. Uscita dal carcere, la signora è scoppiata in lacrime, riuscendo a dire tra i singhiozzi che il marito le è parso «calmo, rassegnato e sostenuto dalla fede in Dio». Una fede dimostrata anche dalla presenza di Joop Spoor, reverendo protestante olandese, fatto arrivare appositamente a Singapore per confortare il condannato. «Spero in un miracolo», ha detto il prete, ed infatti solo un miracolo potrà sottrarre Van Damme al suo destino: la forca. Fabio Squillante uà
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