Pronto il pranzo del disgelo di Augusto Minzolini

Pronto il pranzo del disgelo Pronto il pranzo del disgelo Tregua fra Berlusconi e industriali LA TAVOLA DEL CAVALIERE E' ROMA probabile che una sera delle prossime settimane si siedano attorno ad una tavola imbandita il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e i dieci imprenditori più importanti d'Italia. Alla «cena del dialogo» dovrebbero partecipare tra gli altri (siamo ancora in fase di preparazione) Gianni Agnelli, Cesare Romiti, Carlo De Benedetti, Luigi Lucchini, Giampiero Pesenti, Pietro Marzotto. Nelle intenzioni l'incontro dovrebbe avere un carattere prettamente privato al di fuori dei tradizionali canali confindustriali e servirebbe per uno scambio di vedute con il capo del governo sull'economia e sulla prossima legge finanziaria. Ma questa cena che sfugge al solito rituale dei rapporti tra palazzo Chigi e gli industriali dovrebbe avere un altro scopo ben più importante: portare a compimento quella fase di approcci, colloqui, incontri che va sotto il nome della «offensiva delle colombe» (Berlusconi nell'ultimo mese ha visto un po' tutti, da Agnelli a Romiti, a De Benedetti). Un processo di avvicinamento per tentare di porre fine alle polemiche di quest'estate e che potrebbe gettare le basi per una collaborazione tra il governo e gli imprenditori. A quanto pare, infatti, la voglia di pace sembra aver contagiato sia Palazzo Chigi, sia la grande industria italiana. Tutti gli imprenditori, infatti, sono interessati a trovare un «modus vivendi» con il governo. E la politica del ramoscello d'olivo negli ultimi tempi c stata predicata da molti dei protagonisti del gabinetto Berlusconi, a cominciare da Giuliano Ferrara per finire a Tatarella. «Siamo spiega proprio quest'ultimo - in pieno processo di armonizzazione. Del resto anche la mia polemica sui poteri forti era un modo per aprire la strada ad una collaborazione». «L'offensiva delle colombe» sembra aver coinvolto un po' tutti, persino irriducibili avversari del Cavaliere come l'Ingegnere, cioè Carlo De Benedetti. Basta rivolgere, infatti, l'orecchio ai sussuri che provengono dalle segrete stanze di palazzo Chigi per sentire gli echi di questo grande movimento. Sono settimane, per dirne una, che il capo del governo si lascia scappare questa battuta a proposito dell'Ingegnere: «L'ho incontrato a cena e mi ha riempito di melassa. Ne sono ancora tutto ricoperto». Eh si, quello che sta avvennendo tra il Cavaliere e l'Ingegnere può essere considerato l'esempio più evidente di tutto questo processo. Da quando Berlusconi ò approdato al governo, i due hanno avuto tre in- contri: il primo a Palazzo Chigi finì a male parole; nel secondo a casa Previti si passò dai toni duri al confronto; nel terzo (una cena sempre a casa Previti che si è svolta qualche settimana fa prima della partenza del ministro della Difesa per gli Usa), i «duellanti» hanno cominciato a dialogare. De Benedetti, soprattutto, si sarebbe arreso ad una constatazione quanto mai ovvia: finché Berlusconi sarà a Palazzo Chigi per lui sarà un interlocutore obbligato. Al di là delle «antipatie» e delle «simpatie» personali, infatti, l'Ingegnere non potrà non tener conto del Cavaliere se vorrà condurre in porto affari importanti, come quello sui telefonini, in cui ha come interlocutore il governo. Così dopo aver esplorato tutte le diverse anime dell'attuale maggioranza (si è incontrato due volte con Tatarella e una volta con Roberto Maroni) l'Ingegnere ha cominciato il confronto ravvicinato con Berlusconi. L'apertura di questo «dialogo» (caratterizzato naturalemnte da tanta diffidenza) non è sfuggita a molti. E i segnali della tregua sono molteplici. «De Benedetti - racconta il numero due del governo, Tatarella, nel cortile interno di palazzo Montecitorio - ò un uomo di mondo. E' un personaggio che può vivere nella prima, nella seconda Repubblica come pure nell'antica Roma. Nell'antico Egitto, ad esempio, sono sicuro che in un modo o nell'altro si sarebbe messo a costruire piramidi. Per dirne una, ogni volta che l'ho incontrato ò venuto da me con una borsa piena di incartamenti; tra questi c'era anche il piano dell'Olivetti per la Puglia...». Un attimo per riprendere fiato e il «vice» di Berlusconi fa il punto sui rapporti tra l'Ingegnere e il governo. «Probabil¬ mente - spiega - quando è venuto da me non mi ha trovato ostile e questo lo ha incoraggiato ai nuovi incontri con Berlusconi. Del resto per i telefonini non c'è nulla da decidere. De Benedetti ha vinto la gara e ci ha comunicato di essere pronto ad onorare tutti gli impegni presi, a cominciare da quell'assegno di 750 miliardi di lire previsti per la cauzione. Per cui, se manterrà gli impegni, nessuno degli altri partecipanti alla gara potrà mai protestare...». Questo segnale, come altri (il ministro Previti, ad esempio, non è più interessato come quest'estate, quando i rapporti tra il governo e De Benedetti erano pessimi, alle denunce di Pannella sull'Olivetti) dimostrano che piano piano il governo sta trovando la strada per una possibile coesistenza, se non addirittura per una collaborazione, con tutti gli imprenditori italiani. Certo il processo non è sem¬ plice, né irreversibile: la grande industria vuole una finanziaria rigorosa che gli dia la sicurezza che l'economia italiana non si allontani da quella degli altri Paesi europei. Detto questo, però, un dato è acquisito: la «fase» della totale incomprensione con il governo se non addirittura, per alcuni imprenditori, dello «scontro sotterraneo» per il momento è chiusa. Augusto Minzolini Tre incontri tra il Premier e De Benedetti Il primo a Palazzo Chigi poi le aperture con due cene a casa Previti A sinistra, l'ingegner Cario De Benedetti, a destra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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