Il devastante teatrino di Sgarbi di Filippo Ceccarelli

Il devastante teatrino di Sgarbi Il devastante teatrino di Sgarbi Come trasformare Montecitorio in un serraglio TRA FOLLIA E INNOVAZIONE AROMA NCORA Sgarbi, come sfida alla costrizione ripetitiva. Ancora Sgarbi, dopo il tempestoso happening dell'altro giorno. «Basta Sgarbi» intima di nuovo, in mattinata, il missino Storace. «Liberateci da Sgarbi» implora dopo pranzo il progressista Trione, ricevendone in cambio, nel pomeriggio, una lapidaria e superba replica: «Il fin qui anonimo deputato progressista tenta di esistere, ma temo che non ci riuscirà». Ancora Sgarbi, il presidente più bizzarro della storia parlamentare, e quei temerari della VII Commissione di Montecitorio, dedicata pomposamente a Cultura, Scienza e Istruzione. Anche quest'ultimo martedì la riunione è finita nel caos più variopinto e irreale. Per cui, ora, agli incauti commissari, non resta forse che consolarsi con l'ultimo libro di Guido Quaranta, «Non avrai altro Divo all'infuori di me», sottotitolo: <.(Dalla Sgarbilatria alla Sgarbiclastia» (Rizzoli), con la speran- za che gli sia utile, almeno in futuro, per stemperare quell'atmosfera vagamente dissennata che si respira tra loro. Il ritratto di Sgarbi, d'altra parte, è completo. Nel bene e nel male, Quaranta riepiloga e classifica tutte le caratteristiche che rendono lo «sgarbismo» un fenomeno devastante. Aneddoti, illuminazioni, provocazioni e proclami che avrebbero sconsigliato l'ele¬ zione del personaggio o, da un altro punto di vista, che ne raccomanderebbero un uso funzionale e mirato. Altrimenti, come sta accadendo, è la pura e semplice Helzapoppin parlamentare. Un vispo, cioè, confuso e spettacoloso psicodramma a sfondo procedural-esistenziale che dopo i dannati rabbiosi della commissione Stragi (decima legislatura) e i vaniloquenti saggi della Bicamerale sulle riforme istituzionali (undicesima) premia stavolta i membri della Commissione Cultura della Camera come i più spaesati lavoratori del Parlamento. «Il gran circo Sgarbi» come l'aveva definito già in estate Panorama: «Il più incredibile caravanserraglio mai visto a Montecitorio». Frammenti insoliti, che disorientano: «La deputata Nadia Masini - per esempio - sottolinea che lo stesso presidente ha definito poc'anzi Sergio Zavoli un "brontosauro"»... Pur con tutto il ridicolo del tono concisamente ufficiale, pure i resoconti (sommari) dell'ultima bolgia non rendono esattamente ciò che accade di solito dietro a quelle porle. E tuttavia, anche solo a rileggere le carte, si capisce che la nevrosi collettiva, alimentata da giornalisti, telecamere, ospiti (c'è pure Funari che abbandona l'aula «come Wanda Osiris»), protagonismi, narcisismi, arroganze e siparietti, ma anche novità vere e scontri politici rivelatori, ha steso la sua ala grigiastra e contagiosa sulla VII commissione. Non che manchino deputati e deputati disposti ad assumersi il ruolo di macchiette. Ma all'impazzimento semi-generale, naturalmente, il presidente Sgarbi offre senz'altro il suo inconfondibile contributo: «Cari e gentili colleghi sopravvissuti a questa inutile tempesta...». Quindi s'arrabbia, sfotte il missino Sidoti, vittima I prediletta: «Le sue illuminanti considerazioni mi hanno convinto a fare una pausa per consentire alle televisioni di riprendere i lavori della Commissione e il suo volto così spettacolare». Ma si fa offendere anche («Insindacabilmente le dico: - questo è Storace chi se ne frega!»), e si scusa, accoglie i rimproveri («per le mie personali intemperanze»), puntualizza, stempera, rilancia («ma guarda che tipi siete...»), s'allontana, interrompe di continuo («I miei piccoli intarsi») e contro i telefonini minaccia di portar lì i suoi quattro (così la commissione «diventa una soneria che fa concorrenza alla musica di John Cage»). Convoca gente, poi, con un ritmo che non ha precedenti, e qui il risultato dell'indagine sulla tv, per esempio, è egregio. Però improvvisa troppo, arruola consulenti al volo, teorizza la divagazione programmatica (con «argomenti extravaganti») e sempre per distendere il clima si presenta con continui ritardi («Ah, la mia mezz'ora di dannazione eterna»...). La sua specialità è in ogni caso quel¬ la di correggere il linguaggio dei commissari: ha protestato contro l'uso di «precondizione» mentre «approcciando» gli ha fatto venire un «trauma». Sogna di convocare Battaille, Rimbaud e Michael Jackson. Ogni tanto, in aula, si leva una voce disperata: «Vogliamo proseguire?». Ma intanto ha agganciato la televisione alla Cultura - che non era mai successo - e non la molla più. Insomma dissacra, Sgarbi, mettendo la dinamite sotto le procedure formali, gli antichi linguaggi e i riti arcaici dell'umile lavoro di Commissione. E tuttavia il prezzo è assai salato, e la paralisi dell'attività sempre a portata di mano. Quanto possa durare così il biografo Quaranta, che l'anno scorso convinse Sgarbi a offrirsi nudo (e ben pagato) sulla copertina dell'Espresso, non s'azzarda a dirlo. A occhio, dovrebbe essere comunque una fine babelica e smisurata. Filippo Ceccarelli A lato, Vittorio Sgarbi. Sotto, il giornalista Guido Quaranta e Michael Jackson Alla Commissione Cultura regna il caos più variopinto I riti arcaici sono seppelliti ma il prezzo è la paralisi A lato, Vittorio Sgarbi. Sotto, il giornalista Guido Quaranta e Michael Jackson