Enimont sfilata di muti di Susanna Marzolla
Ieri la riapertura del processo, niente tv né deposizioni Ieri la riapertura del processo, niente tv né deposizioni Enimont, sfilata di muti Assenti Cragnotti, Latini e Braggiotti Non risponde ai colleghi il giudice Curtò MILANO. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere»: ieri è ricominciato il processo Enimont ed è ripreso il ritornello. Nessuno, proprio nessuno, degli «indagati in procedimento connesso» ha voluto rispondere alle domande. E tutti di una cosa si sono raccomandati: niente riprese tv. «Si spengono le luci», ha commentato, tra l'ironico e il rassegnato, Antonio Di Pietro. Strano destino, quello del caso Enimont. Dopo il processo a Sergio Gusani, sembrava che il dibattimento in corso dovesse esserne un'edizione amplificata. In fondo 6 proprio in questa sede che vengono giudicati tutti i responsabili (pagatori e beneficiari) di quella che enfaticamente è stata chiamata «la madre di tutte le tangenti». Invece niente. Tutto avviene in sordina e nel generale disinteresse. E' vero, anche qui ci sono le telecamere a fianco della corte, pronte a riprendere qualsiasi cosa accada in aula. Ma in aula avviene poco o niente: eccezioni procedurali, piccole schermaglie tra Di Pietro e i legali (ma nulla a che vedere con i fuochi d'artificio di Giuliano Spazzali). E poi la stanca sfilata dei testimoni-indagati. Molti di loro, al processo Cusani, erano stati sentiti per ore. Ma adesso non vogliono più rispondere; attraverso la «gogna elettronica» ci sono già passati e nessuno ha voglia di ripetere l'esperienza. Non certo Sergio Cragnotti, ad esempio, che ha ripreso in pieno la sua attività economica e chi glielo fa fare di esporsi in una posizione tanto scomoda? E infatti non si presenta neanche («non ce n'era bisogno, non avevo più niente da dire» spiegherà poi). Lo stesso fanno Silvano Larini (che però è «giustificato» da Di Pietro) ed il sempre latitante Enrico Braggiotti. Ad evitare «pubblicità sgradevole», non rispondendo, pensano invece il finanziere napoletano Franco Ambrosio, l'avvocato Calogeio Cali, l'ex dirigente del Mediocredito Centrale Giovanpiero Elia e il legale d'affari romano Ovidio Lefebvre, Arturo Ferruzzi e suo cognato, Vittorio Giuliani Picei. E pure Bruna Di Lucca, vedova dell'ex presidente dell'Eni Gabriele Cagliari, e Teresa Di Marco, vedova dell'ex ministro Franco Piga, hanno preferito non raccontare nuovamente di quelle somme imbarazzanti lasciate loro dai rispettivi mariti. Agli ex colleghi non ha voluto dir nulla neppure il giudice Diego Curtò. Quello che dispose il «fermo provvisorio» delle azioni Enimont e che per la sua «attività giudiziaria» si trovò beneficiato di una tangente di 400 milioni: «I soldi li ho getj tati in spazzatura», disse; ma il cassonetto dell'immondizia era un comodo conto svizzero. Curtò al processo Cusani non era stato chiamato e perciò la sua immagine, certo oggi più dimessa di quando era il riverito presidente vicario del tribunale di Milano, fa gola ai fotografi. Lo inseguono per i corridoi, poi per le strade. Tenta la battuta: «Neanche fossi Sofia Loren»; poi scatta, stizzito: «Toglietevi dai piedi, pezzi di m.„». Pochi flash, invece, per Giuseppe Garofano: l'ex presidente della Montedison è l'unico imputato che si fa vedere a tutte le udienze e, assicura il suo legale, «risponderà all'interrogatorio perché ha molte cose da dire». Anche Claudio Martelli garantisce che parlerà al tribu¬ nale: «Da testimone, da indagato, da imputato... Che differenza c'è? La verità è sempre la stessa», dice l'ex ministro della Giustizia. Giacca blu, capelli brizzolati, abbronzato e un po' smagrito si è presentato ieri per «interrompere» la dichiarazione di contumacia. Quando lo vede, Di Pietro gli stringe la mano e parlotta con lui, facendo allontanare i giornalisti troppo curiosi. Poi l'avvocato Marco De Luca chiede al tribunale di revocare il divieto di espatrio per Martelli; e Di Pietro è d'accordo. «Spero davvero di poter riprendere i miei studi di economia a Londra», spiega l'ex ministro. Susanna Marzolla Presenti Garofano e Martelli «Diremo la nostra verità» A sinistra, il giudice Diego Curtò. Sotto, l'ex ministro e
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