Un patto miliardario per il rilascio di Giuseppe Zaccaria

Un patto miliardario per il rilascio Un patto miliardario per il rilascio pp " ; "—— " — Mesi di trattative dietro la liberazione di Cirillo il debitocon le cosche IL segretario aveva dato appuntamento in via Chiatamone, subito dietro l'hotel Vesuvio, sotto i portici fetidi di un bar che chiudeva presto. «E' fatta - ansimò - stanotte torna libero». Il ricordo più netto di quella sera, a parte l'eccitazione trasmessa dall'annuncio, ancora oggi riguarda la cravatta che indossava. Giuliano Granata, strettissimo collaboratore di Ciro Cirillo quella sera portava annodata al collo una sleppa giallo senape che «sparava» anche nel buio. Come a innalzare un cartello che gridasse non solo ai giornalisti, convocati dietro una siepe di cassonetti, ma a tutta Napoli: «E' un incontro segreto, lo sanno tutti...». Eh sì, proprio tutti. Quel che si era mosso dietro e interno al sequestro Cirillo lo si sapeva già allora, e lo si è ripetuto fino al disgusto. Ma di cos'altro c'era bisogno per accorgersi che quel rilascio era stato non solo pilotato dalla de napoletana, ma soprattutto retribuito? Che il miliardo e mezzo pagato alle Brigate Rosse (ire anni dopo l'«intransigenza» nel sequestro Moro) in realtà celava debiti infinitamente più grandi, verso la camorra, che nessuno avrebbe più smesso di pagare? Che strano clima, untuoso, era quello. Tre mesi (dal 27 aprile '81, giorno del rapimento e dell'uccisione di due agenti, alla liberazione del 24 luglio) passati in una condizione lunare, dove ogni allarme pareva sospeso e le parti si rovesciavano in continuazione. Decine di giornalisti a seminare preoccupazione, tentare approfondimenti, avventurarsi in analisi su ricostruzione e terrorismo e dall'altra parte Gava e i gavianiei, Scotti e gli scottiani, Forlani e il suo segretario a diffondere pubblico sgomento e private rassicurazioni. Lo liberano? Massi, che lo liberano...Lo uccideranno come Moro? Ma quando mai... Se i mattoni sapessero parlare, il muretto all'incrocio fra la strada di Poggioreale e la Salita del Pianto potrebbe raccontare ancora adesso .una storia straordinaria: quella del secondo rapimento di Ciro Cirillo. Poiché forse il sequestro più pericoloso che l'assessore abbia dovuto subire si svolse non la sera del 27 aprile ma al mattino del 24 luglio, subito dopo la liberazione. Prima stranezza: le Br telefonano all'Ansa di Napoli per avvertire del rilascio, e l'Ansa chiama non il giudice o la polizia, ma anzitutto casa Cirillo. Seconda stranezza: per caso una pattuglia della Stradale incrocia l'assessore che si muove come un ubriaco, e lo carica a bordo. Terza stranezza: all'angolo della Salita del Pianto, dopo appena 500 metri, l'auto viene circondata da ululanti «pantere» della polizia. Comanda l'operazione il commissario Biagio Ciliberti (oggi più giovane questore d'italia) che trascina Ciro Cirillo non in questura né dal magistrato, ma direttamente a Torre Annunziata. Di lì a pochi minuti alla villa del reduce piomba Antonio Gava con l'intero stato maggiore de. Da quel momento, per due giorni Ciro Cirillo rifiuterà di incontrarsi col magistrato. La linea concordata in quella visita è chiarissima: fra de e br non c'è mai stata trattativa. Ammetterla, significherebbe indicare i canali che hanno reso possibile il contatto. I canali condurrebbero fino ai terroristi rinchiusi nelle carceri speciali. Nelle carceri speciali si trovano anche i principali «boss» della camorra. E se la camorra è intervenuta, perché l'ha fatto? In vista di «favori», protezioni, affari? Grazie all'occasione di stringere finalmente un rapporto organico col potere? In prospettiva ci sono i miliardi della ricostruzione (alla fine, diventeranno 60 mila), esiste la speranza (oh, quanto profetica) che la «corrente del Golfo» finisca col condizionare l'intera democrazia cristiana. Si traccia il sentiero che diventerà viale e condurrà dritti alla fine della Prima Repubblica. Ma tutto questo si comprende ora, e in quel momento è proiettato verso il futuro. Non spiega ancora il «prima». Come mai, appena avvenuto il sequestro, uomini della de si sono messi subito in contatto coi camorristi? Come mai uomini dei servizi segreti sono stati sguinzagliati nelle carceri, per preparare il terreno? Insomma: chi, nella «corrente del Golfo», possedeva già grossi contatti camorristici da attivare? Non è domanda da poco: e se legami fra camorra e de napoletana esisteva, no già, il rischio di rivelazioni da parte di Cirillo apparve subito enorme. In due parole, ecco perché Cirillo fu salvato, mentre per Moro non era andata così. Ma dove eravamo, tutti? Beh, un Di Pietro c'era anche allora: si chiamava, si chiama Carlo Alemi, in quel momento era giudice istruttore e aveva deciso di vederci chiaro. Aggravanti: non era politicizzato, non si poteva liquidare come estremista, non era condizionabile né ricattabile. Quello che in sette anni è accaduto intorno a Carlo Alemi meriterebbe un romanzo. Lui a indagare, tranquillo, pedante, cocciuto e prima l'intera de, poi l'intero governo a dargli addosso. Non apre bocca, il giudice: ricordo intere mattinate trascorse nel suo ufficio, mentre a Castelcapuano ancora rimbombavano le feroci accuse del «Mattino» di Gava. Gli altri a chiedere, lui cortesissimo a non aprire I bocca. Un ministro guardasigilli, Vassalli, giunse a metterlo sotto inchiesta non per dichiarazioni rese in pubblico, ma per il contenuto stesso di un rinvio a giudizio. Il processo finì con l'assoluzione (morale) dell'intera de napoletana: Cutolo aveva solo ricattato lo Stato. Sarà: ma se a qualcuno può interessare, ecco un elenco incompleto delle vittime del caso Cirillo: Alfonso Rosanova (camorrista destinato ai contatti in carcere: ucciso all'ospedale di Salerno); Vincenzo Casillo (stesso ruolo: saltato a Roma con la sua auto); Luigi Bosso (scrive una lettera all'«Unità» dicendo di sapere tutto: muore d'infarto nel carcere di Pisa); Enrico Madonna (difensore del «boss» Cutolo: ucciso ad Avellino); Antonio Ammattirò (capo della squadra mobile napoletana. Chiama al ministero degli Interni il fratello Grazio e gli dice: «Ho scoperto tutto sul caso Cirillo». Tre giorni dopo «le br» lo uccidono. Il fratello morirà in un incidente stradale in Africa). E poi Aldo Semerari, Nicola Nuzzo, Franco Vicino... Qualcuno pensa che non siano ancora finiti. Giuseppe Zaccaria I misteri continuarono anche dopo il ritorno a casa del politico de Ciro Cirillo Sotto: Marina Maresca e Aldo Moro

Luoghi citati: Africa, Avellino, Napoli, Roma, Torre Annunziata