«Pronto Bill richiama gli aerei» di Christiane Amanpour

«Pronto Bill, richiama gli aerei» «Pronto Bill, richiama gli aerei» Carter: così ho sventato l'attacco americano Pubblichiamo in esclusiva le parti salienti dell'intervista concessa dall'ex presidente Jimmy Carter alla rete televisiva «Cnn» e ai suoi reporter, Bernard Shaw.Judy Woodruff e Christiane Amanpour. E WASHINGTON stato il generale Biamby ad avere l'informazione che l'invasione era cominciata. Penso che a comunicarglielo siano stati gli haitiani-americani che lavorano nelle basi americane o che vivono nelle vicinanze. Avevamo quasi raggiunto l'accordo con la giunta, quando Biamby è entrato nella nostra stanza e ha detto: "Generale Powell, voglio che sappia che gli americani hanno già fatto partire i loro paracadutisti. Adesso come pensa che reagiranno gli haitiani? Dobbiamo immediatamente troncare i colloqui e riunire le nostre forze per difendere il Paese"». A quel punto cos'è successo? «L'accordo stava per saltare e solo in extremis siamo riusciti a convincere i militari a trasferirci tutti nell'ufficio del presidente Jonassaint. Si trova dall'altra parte della strada, di fronte al quartier generale dove stavamo trattando. Così ci siamo spostati, facendoci largo tra la folla, fino al palazzo presidenziale e lì ho incontrato Jonassaint, che conosco da anni, e gli ho spiegato la situazione. I suoi ministri-chiave sono entrati nella sala e si sono seduti. C'erano il ministro degli Esteri, quello della Difesa, il generale Cedras e il suo vice. «Jonassaint ha ascoltato le opinioni contrarie dei suoi ministri e dei suoi generali e, poi, ha detto con il tono più deciso possibile e con una grandissima carica emotiva: "Ho vissuto in questo Paese per 81 anni, sono stato il presidente della Corte Suprema, ho redatto la Costituzione che ha introdotto la democrazia nel 1987 e vi dico che sceglieremo la pace, non la guerra". Tra i suoi ministri è sceso il gelo.. «Poi, è sorto il problema su chi avrebbe firmato il documento, dato che Washington - com'è ovvio - non riconosce Jonassaint come legittimo Presidente di Haiti. Ci siamo consultati costantemente con la Casa Bianca e, alla fine, l'accordo finale è stato raggiunto». Lei ci sta dicendo, quindi, che l'accordo stava per essere siglato prima che la giunta haitiana sapesse che i «C130» erano partiti. «Loro sapevano che i paracadutisti sarebbero partiti. E infatti siamo andati a Haiti proprio per as¬ sicurarci che se ne rendessero pienamente conto. Non c'era modo di cambiare questo dato di fatto e non avevamo modo di influenzare il programma dell'operazione. Ormai era tutto stabilito e loro ne erano consapevoli. «Tuttavia, non c'è dubbio che la partenza della prima ondata d'attacco, mentre stavamo ancora negoziando, abbia creato molte difficoltà, sia per noi che per loro. Io non sapevo quando l'operazione sarebbe scattata. Ma poi, subito dopo aver raggiunto l'accordo, ci siamo rimessi in contatto con la Casa Bianca e con il presidente Clinton e, a quel punto, gli aerei hanno fatto dietrofront». Ma quali garanzie è riuscito a strappare al generale Cedras che qualche esponente della sua giunta militare non decida di ricorrere alla guerriglia? A Port-au-Prince ci si chiede se ci siano uomini vicini a Cedras che non riconosceranno l'accordo di pace. «E' un problema che mi ha preoccupato molto, soprattutto quando la giunta ha scoperto che la prima ondata d'invasione era già partita. Ma quando Jonassaint e io abbiamo finalmente stipulato l'accordo e ha dichiarato che il documento avrebbe impegnato tutti gli haitiani, allora mi sono rivolto al generale Powell. Lui ha preso subito la parola e ha domandato a Cedras e ai suoi collaboratori: "Onorerete questo accordo che, come ha detto il vostro Presidente, tutti gli haitiani dovranno rispettare? ". E loro hanno risposto: "Noi siamo militari, dipendiamo dall'autorità civile e giuriamo sul nostro onore che faremo tutto ciò che il nostro Presidente ci dirà di fare". «Naturalmente, ciò non significa un giuramento da parte di tutti gli ufficiali, anche di coloro che non erano presenti nella nostra sala, e quindi ci potrebbero essere alcune violazioni dell'accordo. Non c'è modo di controllare tutti a Haiti. «Inoltre, bisogna rendersi conto che questo è un Paese molto orgoglioso, anche se piccolo: è stato la prima Repubblica nera della storia. Haiti ha conquistato l'indipendenza nel 1804. Ha combattuto e sconfìtto un potente esercito francese e per gli haitiani è molto difficile accettare che truppe straniere entrino nel loro Paese. E' molto difficile. «Comunque, ritengo che il momento decisivo nei colloqui sia stato domenica mattina». Ci parli di quei momenti. «Domenica, di prima mattina, siamo andati a casa del generale Cedras e devo confessare che sua moglie è una delle donne più forti e più temibili che io abbia mai incontrato. Lei era assolutamente contraria a qualunque accordo, perché lo considerava comunque una violazione della sovranità di Haiti. Non voglio dilungarmi in troppi dettagli, ma posso dire che siamo riusciti a convincerla che il dovere più alto del marito non era quello di sacrificare la sua vita o le vite della moglie e dei figli, ma di proteggere le vite degli haitiani che lui aveva giurato di aiutare. E abbiamo aggiunto che, per lui, la decisione più difficile era quella di cedere, non di scendere in guerra. E' stato un colloquio molto lungo. Il generale Powell è stato efficacissimo quando ha detto: "Questo è l'onore di un militare, il vero coraggio". Poi ce ne siamo andati, noi due e il senatore Sam Nunn, e penso che a quel punto la moglie di Cedras si fosse convinta e, dopo, ha parlato con il marito». Vuol dire che, una volta convinta la moglie di Cedras, è stato tutto più facile? «Non c'è dubbio». Tornando a Cedras e a Biamby, è vero che se ne andranno in esilio? «Posso dire che Biamby ha dichiarato a Powell che si sarebbe tolto la vita piuttosto di lasciare il Paese. Ma questo non significa che non sia disposto a partire. Basta pensare che la moglie di Cedras ci aveva giurato che lei, i tre figli e il marito erano pronti a morire. Io non so con certezza se i due generali andranno in esilio. E' possibile ma non certo. Se verranno negli Usa, penso che dovremo rispettare l'amnistia che è stata decisa a Haiti. Se invece vogliono andare a Panama o in Canada, penso che ne abbiano il diritto. Non spetta a me valutare questo tipo di decisione». Copyright «Federai News Service Group» e per l'Italia «La Stampa»