Haiti per Cedras l'ultima chance

Wm f L'ex presidente tratta col dittatore, Panama e Argentina pronte a dare asilo ai golpisti Haiti, per Cedras l'ultima chance Carter gli offre la fuga, la flotta sospende l'attacco WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Tutto, in un modo o nell'altro, si risolverà nelle prossime ore. Si aspetta di vedere se la spettacolare missione a Haiti condotta da Jimmy Carter, e approvata all'ultimo minuto da un Bill Clinton un po' perplesso, ha individuato uno spiraglio per evitare lo scontro. Ma tutto è pronto e del resto l'occupazione americana di Haiti avverrà comunque e presto. Potrebbe trattarsi di un'invasione destinata a incontrare qualche resistenza oppure di una tranquilla operazione di polizia, una volta che i militari golpisti avessero accettato di farsi da parte. Questo, naturalmente, farebbe una differenza. Ma da questa notte, ora italiana, ogni momento è buono per l'inizio di un'operazione che imporrà agli Usa una doppia responsabilità. Gli americani saranno ritenuti responsabili di quanto accadrà a Haiti durante il periodo in cui la terranno direttamente sotto controllo. In seguito saranno ritenuti responsabili degli atti compiuti da Jean Bertrand Aristide, riportato al potere dai Marines. Fonti della Casa Bianca hanno informato che Clinton era «riluttante» ad autorizzare la missione di Carter. Poche ore prima, in un drammatico discorso tv, aveva annunciato che «tutte le soluzioni diplomatiche sono state esaurita». Qualcuno avrebbe potuto accusarlo di oscillare, come al solito. Lo staff del Presidente era attraversato da una profonda divisione. C'era anche chi sottolineava l'inopportunità di «appaltare» la politica estera presidenziale a Carter, che era già stato mandato a mediare la crisi nordcoreana e aveva messo in imbarazzo Clinton annunciando l'accordo prima alla tv che alla Casa Bianca. Convinto da Strobe Talbott, Clinton alla fine ha detto sì a due condizioni: Carter non avrebbe negoziato, ma solo fatto del suo meglio per convincere i generali ad andarsene. Secondo: non avrebbe fatto annunci. Inoltre, sarebbe stato accompagnato dall'ex capo dello Stato Maggiore congiunto Colin Powell, invitato dalla giunta golpista, e dal presidente della commissione Forze Armate del Senato Sam Nunn, in rappre- sentanza del Congresso. Si è creata così una situazione curiosa. Sul Boeing 707 del governo degli Usa che è partito con Powell ieri dall'Andrews Air Force Base, vicino a Washington, e ha fatto sosta in Georgia, alla Warner Robins Air Force Base, per caricare Carter e Nunn, c'erano praticamente tre Presidenti: un ex e due potenziali. L'impressione della delega era forte. Inoltre, i tre personaggi erano anche legati da una comune opposizione verso un intervento militare a Haiti. E questo, nonostante le condizioni poste, poteva apparire un segno di cedimento. Così, mezz'ora dopo che l'aereo di Carter è atterrato a Port-auPrince, dal quartier generale del Pentagono, visitato in quel momento da Clinton, è stato annunciato che tutto era pronto per l'attacco: navi in posizione, contingente schierato. Voleva essere un segnale di determinazione, perché si sapeva che per l'attacco occorreva aspettare almeno 24 ore. I militari di Haiti sono stati contenti di ricevere Carter, che conosce bene Raoul Cedras da quando andò a garantire le elezioni dell'89. Per l'occasione la giunta ha fatto sgomberare la pista dell'aeroporto, che con uno stratagemma difensivo era stata disseminata di rottami. Ad accogliere l'ex presidente, Cedras ha mandato qualche dignitario e, fuori dall'aeroporto, un paio di centinaia di manifestanti che protestavano contro l'intervento Usa. Carter ha fatto un breve discorso per sottolineare «l'importanza» della missione e per annunciare che non avrebbe più parlato alla stampa. Si sa che ha offerto ai golpisti buone condizioni per fuggire e 24 ore per pensarci. Panama si era offerta per l'ospitalità e anche l'Argentina. L'incontro tra la delegazione e Cedras è durato tre ore. E uscendo l'ex presidente ha tenuto fede al suo impegno: nessuna dichiarazione. Frattanto negli Usa un nuovo sondaggio dice che Clinton non è riuscito a convincere gli americani dell'opportunità dell'invasione. Il 58% degli interpellati si è detto contrario, favorevole soltanto il 27%. Nel golfo, in mezzo alla sua annata di 20 mila uomini, l'ammiraglio Paul Miller aspetta, [p. p.] Ma il discorso in televisione di Clinton non ha convinto gli americani: favorevole al blitz solo il 27 percento Hill Hill min» *»*<> \ BAHAMAS OJB, JAMAJCA^ HAITI f PUERTO RICO MOLE . rlgP ST-NICOLA% % mi PC-RT-DE^IX J| Wm ■a A fi. 1 HAITlJfc GONAIVES ST. MICHEL FORT UBERTE^IR ». ST. MARC r Oportau'prince JACMEL Il palazzo presidenziale di Port-au-Prince uno dei principali bersagli dell'imminente invasione americana In basso il leader del regime golpista generale Cedras