Rampanti: è l'ora della verità

Rampanti: è l'ora della verità Rampanti: è l'ora della verità «Il Padova mi dirà se il Toro può salvarsi» UN TECNICO GIÀ' IN SALITA TORINO AMPANTI, fa effetto .scoprire che Torino-Padova è già una partita per la salvezza e che lei, alla terza prova in A, deve rendere conto del suo lavoro senza aver avuto neppure il tempo di ambientarsi. Ci si chiede se il Toro può salvarsi e come. La gente ha paura. E lei? «Io credo che dovrebbero spiegarci prima di tutto come hanno potuto stilare un calendario per cui il Toro ha un avvio molto più difficile ad esempio della Fiorentina che è neopromossa». I calendari li fa il computer. «Allora è un computer che per favorire qualcuno ha sfavorito qualcun altro. Noi nelle prime cinque partite abbiamo Inter, Lazio, più il Foggia e il Parma, tutte e due fuori casa. Dica se è un buon modo per cominciare, con i problemi che abbiamo». Insomma, lei ha paura o no? «Per rodare una squadra tutta nuova servono sei o sette partite, ma con questo calendario bisogna aggiungerne un paio. Spero che tutti lo capiscano. Cosa crede che pensino ora i tifosi del suo Torino? «In parte sono rimasti gratificati del gioco e in parte scontenti del risultato con l'Inter, poi li ha sconcertati la prestazione con la Lazio. Sono scettici. Da tifoso penso che abbiano ragione, da allenatore mi prometto di convincerli». Perciò, per non accrescere lo scetticismo, rinuncia alla zona? «No. Semplicemente recupero il modulo che ho sempre adottato nelle giovanili e che volevo usare anche qui». E' vero che è stato Calieri a imporle la zona? «Con lui si parla di cose serie e si raccontano barzellette. Di tattica non si discute mai». Allora, perché ha cominciato la stagione andando contro le proprie convinzioni tattiche? «Diciamo che nella squadra si erano create situazioni favorevoli alla zona». Ed ora ci avete sbattuto la faccia. Confessi che un allenatore all'esordio è più soggetto alle invadenze dei presidenti-tecnici e dei gio¬ catori con più esperienza. «Di Calieri ho già detto: la risposta è no. I giocatori sono stati correttissimi e io sono stato attento a lasciar loro la giusta autonomia. Comunque le dittature sopravvivono solo ad Haiti e in qualche parte dell'Africa e sono convinto che un dittatore forse ottiene i risultati subito ma fa poca strada». Scusi, ma non sarebbe meglio puntare al subito più che alla lunga strada? «Già, tuttavia non è nelle mie abitudini. E poi se cominci una strada e ti trovi subito con i problemi di giocatori fuori condizione e infortunati sei fregato: che tu sia un dittatore o uno che accetta il confronto, non cambia niente». Comunque siete al punto in cui perdere con il Padova sarebbe un dramma. «Non dovremo perdere. Anzi, dovremo vincere, perché questa è la prima prova della verità: dobbiamo capire se siamo superiori alle altre squadre che giocheranno per salvarsi. Aver affrontato l'Inter e la Lazio non è servito a misurarci». Cosa può cambiare, zona a parte? «Potremmo ritrovare uomini che finora hanno deluso, non per colpa loro (perché i malanni non sono una colpa), ma obiettivamente non hanno dato ancora quello che possono». Dunque Silenzi e Rizzitelli? «Non solo loro. Certo quei due sono molto importanti per risolvere i nostri problemi con il gol. E poi spero che con il Padova si torni a giocare con il cuore come contro l'Inter». Ancora questa storia del cuore granata. «E' la nostra storia. Per quanto sia consapevole che rispetto ai miei tempi è più difficile essere giocatori di un certo tipo». Perché due sconosciuti come Pe trac hi e Lui so chiedono di andarsene dal Torino in serie A? «Posso credere che non immaginassero di trovare tante difficoltà sulla loro strada. Oppure li ispirano i cattivi consiglieri, personaggi che ormai conosciamo bene. Tuttavia non credo che vogliano andarsene, a me dicono esattamente il contrario». Rampanti, non crede che la rivoluzione di Calieri sia stata troppo radicale e che qualcosa andasse salvato della squadra dell'anno scorso? «Ma si poteva fare altrimenti? Tutto quello che è stato deciso serviva a risanare la società». Non c'è stata anche una voglia di cancellare tutto il passato? «Una volta lessi una dichiarazione del presidente dell'Avellino, Sibilia, per il quale ricostruire una società è come ricostruire una casa: meglio radere al suolo i ruderi, perché se tieni qualche pilastro rischia di essere intaccato dagli anni e la casa non cresce più solida». E chi era al Toro, era talmente impregnato della vecchia società da non poter reggere? E allora perché si riparla di un ritorno di Lentini? «Io credo che siano fantasie». Una fantasia che lei accetterebbe o no? «Se venisse davvero non mi dispiacerebbe, lo considero sempre un grande giocatore. E poi è un pilastro di tempi lontani: gli anni al Milan gli sono serviti da maquillage». Marco Ansaldo Spiega l'allenatore: «La zona? L'hanno voluta i giocatori Ora marcia indietro» Rampanti pedala con fatica: un'immagine emblematica, di questi tempi

Persone citate: Calieri, Lentini, Marco Ansaldo, Rizzitelli, Sibilia

Luoghi citati: Africa, Haiti, Lazio, Padova, Torino