l'altra metà dei KENENDY

Così per un secolo le donne hanno costruito la vera epopea segreta di una grande famiglia Così per un secolo le donne hanno costruito la vera epopea segreta di una grande famiglia Mm metà dei WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO L'Europa era già in guerra da mesi, ma il rombo dei cannoni era impercettibile nella Boston festosa del 7 ottobre 1914. Quel 7 ottobre, in una cappella privata, davanti al cardinale di Boston O'Connell, una giovane donna di 24 anni, Rose Fitzgerald, e un banchiere di 25, Joseph Kennedy, si sarebbero uniti nei voti nuziali, sigillando con il loro «sì» l'alleanza fra le due più potenti famiglie irlandesi del Massachusets: i Kennedy e i Fitzgerald. Piovve molto, la mattina del 7 ottobre, poi le nubi di squarciarono, poi piovve ancora. Ma il volto di «Honey Fitz» Fitzgerald, il padre dello sposo, l'ex sindaco di Boston, il boss della politica locale, rimase rannuvolato al brutto stabile. «Fitz», come lo chiamavano gli amici, era contrario a quel matrimonio. Odiava i Kennedy, li giudicava una famiglia di arrampicatori sociali. Quando i «sì» furono pronunciati, il vecchio «Fitz» non resse più. Strappò la spilla di diamanti, dono di nozze, dal petto di Rose. La scagliò a terra. «Questo è un matrimonio sbagliato» che porterà solo «guai e dispiaceri», gridò. E Rose Fitzgerald pianse, a dirotto. Non poteva sapere che quelle erano soltanto le prime di molte, molte lacrime. Non avrebbe neppure potuto immaginarlo, Rose Fitzgerald Kennedy, che il matrimonio con Joseph, detto «Joe», avrebbe fatto di lei la matriarca, la capostipite di una dynasty senza pari nella storia americana. Ma se la saga «dei» Kennedy è divenuta da tempo la riedizione moderna delle ballate dei Reali di Francia per la cultura popolare del XX secolo, ancora largamente oscura, accessoria, è la storia dell' «altra metà» della famiglia: la saga «delle» Kennedy. Solo Jacqueline, che una Kennedy comunque non era, ha avuto diritto alla sua leggenda personale. Le altre donne, Rose la matriarca, Rose Marie, Kathleen, Eunice, Patricia, e Jean Ann le figlie, Etnei e Joan, le mogli, Caroline, Maria Schwarzenegger e le altre «ragazze» della terza generazione, sono rimaste intrappolate nei ruoli di mogli, vedove, madri, orfane. Magnifica tappezzeria, ma pur sempre tappezzeria della storia. Forse è stata la morte di Jacqueline, a svegliare l'interesse per «l'altra metà dei Kennedy», ma nelle ultime settimane, l'industria editoriale americana ha pubblicato ben due libri su di loro. Sono usciti uno dopo l'altro un volume di memorie della ex moglie di Ted Kennedy, divorziata recentemente dopo una vita di alcolismo e di sofferenza accanto all'intollerabile ma¬ rito, e una massiccia storia delle «Kennedy Women», scritta da Laurence Leamer, un biografo di grandi famiglie che ha ricostruito e tracciato, in 932 pagine, il percorso della dinastia al femminile, dalla nascita di Rose, nel 1890 alla morte di Jacqueline Onassis, il 19 maggio del 1994. E' un secolo intero di amore e di dedizione, di sacrifici e di corna, di silenzi e di dolori immensi: un vero secolo da donne. Un tabù squarciato che sicuramente non piacerebbe alla «gran vecchia», a Rose, se ancora potesse intendere e capire. Ma la matriarca insieme fragile e indistruttibile, che ha segnato due mesi addietro il suo 104esimo compleanno - sì, proprio 104 anni - pietrificata sulla sua sedia a rotelle davanti alla spiaggia di Hyannisport dove un tempo correvano e giocavano a football i suoi ragazzi, non capisce più nulla. Meglio così, perché Rose, educata dalle suore in un convento olandese, cresciuta sotto il segno ferreo del cattolicesimo ipocrita degli irlandesi di Boston (0 Cardinale O'Connell era omosessuale e fu richiamato a Roma da Papa Benedetto XV, i suoi due segretari-monsignori erano segretamente sposati con donne di New York e furono più tardi scomunicati per questo) resterebbe sconvolta dalle rivelazioni contenute in questi libri. «Una moglie deve sapere tutto e perdonare tutto», diceva, «ma non deve mai mettere in imbarazzo gli uomini di casa». Non importa che il precetto non si applicasse alla rovescia, ai maschi. Rose sapeva e taceva. Vedeva il marito portarsi a casa polpose «segretarie» che riceveva in camera da letto, vestito soltanto di un accappatoio, per «la dettatura». Sapeva che lui, fra i tanti amori di una notte, aveva preso una cotta formidabile per Gloria Swanson, quando acquistò uno studio di Hollywood. Ed era lei, la madre, la moglie, la padrona di casa, a suggerire alle ragazze amiche delle figlie e ospiti in casa «di chiudere la porta della loro camera a chiave» per evitare le imboscate del coniuge satiro. • Ma nell'universo delle donne Kennedy, gli uomini erano uomini, e le donne erano le custodi della fiaccola famigliare, da tenere accesa contro qualunque vento, contro qualsiasi insulto e tragedia, con uno stoicismo che sembra sfiorare il gelo. «Mia madre è una gran donna - si lamentò con un'amica John F. Kennedy - ma non ricordo che mi abbia mai abbracciato una volta da bambino. Mai». Un'altra donna sarebbe fuggita o sarebbe crollata. Lei ha retto a tutto, e ha insegnato alle sue figlie l'arte terribile dello stoicismo femminile. Ha resistito alle tragedie grandi, quelle che hanno fatto la storia del secolo: il primogenito adorato Joe, morto in guerra, in una missione suicida contro le rampe delle V2 nazista, il sacrificio di John e di Bob sull'altare delle ambizioni e della violenza politica, la vergogna quotidiana di Ted, culminata nel caso della segretaria morta a Chappaquiddick. L'onta famigliare del secondo matrimonio di Jackie con Onassis. Ma ha saputo resistere anche alle tragedie piccole, private, come quella della sua prima figlia, Rose Marie, la sua prediletta. Era nata male, la piccola Rose Marie, per colpa di un ostetrico avido che aveva fatto ritardare la nascita della bambina all'infermiera per dargli il tempo di arrivare al letto della madre e percepire così l'intera parcella del parto. Forse per la mancanza di ossigeno al cervello provocata dal lungo, inutile travaglio, Rose nacque mental- mente ritardata. Divenne una donna grassottella, per la disperazione del padre che obbligava tutti i figli a restare magrissimi per non sembrare «emigrati irlandesi gonfi di patate», ma era graziosa e dotata di forti appetiti sessuali. L'avevano chiusa in un convento di Washington, ma lei scappava quasi ogni notte, rientrando alla mattina arruffata come una gatta dopo una notte sui tetti. Il rischio di scandali femminili per il nome dei Kennedy era insopportabile per il padre - gli uomini sì, le donne mai. Decise di farla lobotomizzare, di condannare la figlia preferita della moglie, la ragazza dolce e sciocclùna che lei aveva personalmente curato e allevato insegnandole a leggere e scrivere, in un vegetale. Fu operata in un ospedale di Washington, nel 1947. Il neurochirurgo le diede un'anestesia locale. Le praticò due fori nella fronte. Chiese alla ragazza di contare e di cantare filastrocche, mentre lui frugava nei lobi frontali con un bisturi, per recidere. Quando Rose Marie cominciava a confondersi coi numeri e con le filastrocche, il chirurgo capiva che era arrivato in un punto chiave del cervello e tagliava. Da allora, la figlia prediletta di Rose vegeta su una sedia a rotelle in un convento. Nessuno della famiglia ha mai più fatto il suo nome. Neppure Rose, che accettò anche questa infamia voluta dal marito come un'altra croce da portare nel nome della fede e della famiglia. Una croce mostruosa eppure per lei più lieve del tormento inflitto dalla terzogenita, Kathleen, che volle sposare un inglese protestante, il duca di Cavendish. Il padre la perdonò. Rose mai. Quando il duca morì sul fronte francese nel 1944, Rose commentò dicendo: «Ringrazio il Signore che ha risolto il nostro problema». Ma forse il Signore non apprezzò: appena 4 anni più tardi, nel 1948, anche Kathleen morì in una sciagura aerea in Europa. Un'altra donna Kennedy. Un'altra tragedia. E' come se un filo rosso e infrangibile di infelicità percorra tutta la saga delle donne Kennedy, trasmettendosi di madre in figlia, di sorella in cognata, di cugina in cugina. Patricia Kennedy, «Pat», sposò l'uomo dei sogni, il bellissimo Peter Lawford. E il suo matrimonio fu un inferno. Peter Lawford era uno sporcaccione dietro la sua maschera chic. Amava gli amori in gruppo, le orge, le ammucchiate. Pat, arrivata vergine al matrimonio, rifiutò di accontentarlo. Lui prese a ignorarla. Lei lo tradì. Impazziva per il «giro» hollywoodiano, specialmente per «Old Blue Eyes», per Frank Sinatra, con il quale forse ebbe un breve amore. Fu Pat a mettere in contatto il fratello John, il futuro presidente, con Sùiatra e il «giro» della Mafia. Ma Pat non divorziò. Nessuna donna di sangue Kennedy ha mai divorzato in 100 anni. E un po' della «grande vecchia» è sceso nelle vene anche delle donne della terza generazione. Caroline, l'orfana di JFK, lavora come avvocato, cura la biblioteca del padre, ma è saldamente sposata con già tre figli e chi la conosce sa che il suo vero lavoro è la famiglia. Maria Shriver, figlia di Eunice, è una giornalista televisiva di buon successo, ha sposato Mister Muscolo, Arnold Schwarzenegger, ma ha trovato il tempo per mettere al mondo anche lei tre figli. «Sono loro - assicura - la mia vita». Parole che scalderebbero il cuore della matriarca, se le capisse, immobile sul portico della stessa casa al mare dove guardava i suoi nove figli giocare. Vittorio Zucconi Un destino tragico: Rose la matriarca insegnò alle eredi l'arte dello stoicismo e lasciò lobotomizzare la figlia prediletta Mogli, vedove, madri orfane: due libri, ora l'America le ha «scoperte» m ■ ,.■:(■■ perdonò. Rose mmorì sul fronteRose commentzio il Signore cstro problema» Rose Kennedy, moglie di Joe, la capostipite della famiglia Sotto: Etnei, moglie di Bob e a destra: Rosemary, la sorella mentalmente ritardata di John, Bob e Edward. Alla sinistra: Patricia, moglie di Lawford, e Jackie, moglie di John Patty Bowman nel corso del processo contro William Kennedy Smith