la paura anche da «politico» di Augusto MinzoliniGiuliano Ferrara

la paura anche da «politico» la paura anche da «politico» E Berlusconi risponde cercando D'Alema :.:■ ::■.■■■■:.... ■ ■■ ■ ■::■ ::.:■::■ . :;:::;::;::::>:v IL MAGISTRATO E IL PALAZZO I sbaglierò ma secondo me Di Pietro si prepara ad entrare in politica. Non mi meraviglierei se si presentasse alle prossime elezioni». Mercoledì 7 settembre nel salotto della sua casa di via dell'Anima Silvio Berlusconi si era lasciato andare a questa previsione davanti al fratello Paolo, a Casini, a Formigoni e a Confalonieri. Il capo del governo non era stato l'unico nelle ultime settimane a prevedere l'approdo del magistrato alla politica. Ieri la pubblicazione delle bozze del prossimo libro di Di Pietro sul Corriere della Sera ha dato ragione a Berlusconi e a tutti gli altri che avevano fatto questa profezia. Probabilmente oggi il magistrato di Mani Pulite smentirà questa sua intenzione, ma anche Berlusconi appena un anno fa disse tanti «sì» seguiti da tanti «no» prima di compiere il gran salto. Ecco perché più che alle parole di Di Pietro bisogna dare retta all'annuncio dato ieri da Francesco Cossiga, amico del magistrato e autore della prefazione del libro: «Con questo libro - ha spiegato l'ex Presidente della Repubblica - Di Pietro segna il suo ingresso nella politica». Eh sì, la «trilogia» di Di Pietro (il discorso a Cernobbio, quello al convegno all'Università di Milano e il libro) trasforma, di fatto, il magistrato più famoso d'Italia in un «soggetto politico»: lo dicano apertamente o sottovoce non c'è esponente di rilievo della politica che non ragioni ormai tenendo conto di questo dato. E non c'è personaggio di spicco del Palazzo che non guardi a questo approdo, se non con avversione, almeno con qualche riserva. Lo stesso Fini, segretario di An, ha mostrato nei giorni scorsi ima certa «freddezza» nei confronti del magistrato milanese. Il «fattore Di Pietro», infatti, ha cominciato a condizionare non poco il dibattito e gli scenari della politica. Le iniziative del magistrato del pool, ad esempio, stanno spingendo il capo del governo a tentare un raccordo con le forze di opposizione, in primo luogo con il pds di D'Alema, sui temi della giustizia. E' in cantiere, infatti, nelle prossime settimane un incontro tra Berlusconi e il segretario pidiessino. Il colloquio doveva svolgersi già prima delle vacanze estive: a giugno Berlusconi chiese ufficialmente con una lettera un incontro con D'Alema sulle «regole», quest'ultimo rispose di sì e, riservata¬ mente, fece sapere al capo del governo che nell'agenda del colloquio dovevano essere inseriti anche i temi relativi alla giustizia. La cosa naufragò a causa delle polemiche sul decreto Biondi. Qualche giorno fa, proprio sull'onda del «fattore Di Pietro», il presidente del Consiglio ha riaffidato ai suoi collaboratori (prima a Letta poi a Ferrara) il compito di riproporre l'invito a Botteghe Oscure. Ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha avuto un primo colloquio telefonico con D'Alema a cui ne seguirà un altro la prossima settimana per fissare la data dell'incontro. Un risultato, comunque, questo avvicinamento lo ha già avuto ed è l'iniziativa del presidente del Senato, Scognamiglio, per un dibattito parlamentare sui temi della giustizia. Del resto, aldilà del solito gioco delle parti, l'idea di un «Di Pietro politico» non piace né a Berlusconi, né al pds: entrambi guardano al magistrato milanese come ad un pericoloso avversario. Due giorni fa nella buvette di Montecitorio il capogruppo dei senatori pidiessini, Cesare Salvi, commentava il discorso di Di Pietro alla Statale in questo modo: «Mi è sembrato aggressivo. E poi questo paragone tra il Parlamento e Sagunto non l'ho capito. Chi dovrebbe espugnarci? Di Pietro? E' lui Annibale?». La diffidenza di Berlusconi e dei suoi uomini, ovviamente, è superiore. Giuliano Ferrara pone il «problema Di Pietro» come una pregiudiziale politica nel rapporto con An. «Noi - ha spiegato in questi giorni - vogliamo costituzionalizzare An. Questo significa che Fini e i suoi non si possono neanche azzardare a candidare Di Pietro alla presidenza del Consiglio: è una proposta fascista. In quanto a lui deve decidere il mestiere che vuol fare: faccia il magistrato, torni a fare il contadino o se vuole faccia politica. Se viene in Parlamento ci divertiamo. L'Italia è uno strano paese: ti mette sull'altare e subito dopo ti prende a calci nel sedere. Cossiga? Io gli voglio bene. Certo è di una bizzarria totalizzante. Ha scritto una prefazione per Di Pietro, ma sono sicuro che la scriverebbe anche per Craxi». Il «fattore Di Pietro» fa riflettere anche i popolari. «Lui - spiegava ieri Roberto Formigoni - è vittima della sua vanità. Fini e Di Pietro? Ma Fini è intelligente, sa che non ha bisogno di Di Pietro per entrare definitivamente nel gioco. Lui ha bisogno di una scissione a destra. So che Kohl sta facendo di tutto per aiutarlo. E' disposto a spendere anche dei miliardi visto che gli piacerebbe avere in Italia un polo moderato composto da Ppi, Forza Italia e un'An ripulita. Glielo ha fatto sapere per interposta persona». Già Fini, che dice su Di Pietro? Tutti dicono che comincia ad essere freddo verso di lui, ma il segretario di An non si sbilancia: le elezioni potrebbero essere dietro l'angolo e di fronte a questo imprevisto anche il magistrato po¬ trebbe tornare utile. Insomma, a ben vedere l'idea del «Di Pietro politico» è all'ordine del giorno ma si scopre che in questo Parlamento il magistrato milanese si ritroverebbe solo, magari con Cossiga. Se ne è accorto anche Scalfaro che ieri in provincia di Como ha pronunciato delle parole che sembrano un avvertimento a Di Pietro: «La storia passa. Ogni tanto ciascuno di noi sembra che sia in una vetrina importante. Ma, fra qualche tempo, non ho dubbio che non si saprà neanche pronunciare il cognome del sottoscritto». Ovviamente, subito dopo il Presidente ha smentito ogni riferimento. Allora, un Di Pietro in politica ma solo. Probabilmente all'interessato potrebbe venire la voglia di tornare a fare il magistrato. Ma potrà farlo come prima? «Certo - osserva Bassanini - il libro che ha scritto può essere divertente, diventare un bestseller, ma l'autore non può fare il magistrato». E Giuseppe Ayala, che pure gli è amico, arriva a dire: «Per me ha sbagliato. Dopo le critiche che gli ha rivolto nel libro, Berlusconi, sia pure strumentalmente, è autorizzato a dire: quell'uomo ce l'ha con me, non è in una condizione serena per indagare sul mio conto». Augusto Minzolini Salvi (pds): «Se il Parlamento è Sagunto lui è Annibale?» Da sinistra: Giuliano Ferrara e il cancelliere tedesco Helmut Kohl

Luoghi citati: Cernobbio, Como, Ferrara, Italia, Milano, Ppi, Sagunto