Il candelabro a sette braccia «simbolo pagano»? di Aldo Baquis

Il candelabro a sette braccia «simbolo pagano»? Uno studioso israeliano contesta l'immagine religiosa che compare sui documenti ufficiali dello Stato Il candelabro a sette braccia «simbolo pagano»? Sotto accusa la «Menorah» voluta da Ben Gurion, emblema di 46 anni di lotte JTEL AVIV ER 46 anni, molti l'hanno visto, ma nessuno l'ha realmente guardato: solo adesso un ricercatore dell'Università ebraica «Bar Ilan» di Tei Aviv, il professor Daniel Sperber, ha scrutato a fondo il simbolo dello Stato ebraico - il candelabro a sette braccia - e ha scoperto che alla sua base figurano «elementi pagani», del tutto estranei alla cultura degli ebrei. Sperber - un professore di scienza talmudica e di arti giudaiche - ha saggiamente reso nota la sua scoperta in una breve composizione pubblicata sul bollettino interno dell'Università: se la notizia fosse apparsa su un quotidiano sensazionalista, avrebbe potuto provocare grande scandalo nel mondo rabbinico e forse anche una crisi di governo. Per giungere alle sue rivoluzionarie conclusioni, Sperber ha agito come un segugio. Ha innanzitutto rivolto la sua attenzione ai rilievi che com- paiono sull'Arco di Tito, nel Foro di Roma, che fra l'altro mostrano il bottino portato in patria dai legionari romani dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme: fra essi, appunto, la «Menorah», il candelabro d'oro. E' proprio la sua immagine - così come appare nell'Arco di Tito - che nel 1948 fu scelta come simbolo nazionale dai membri del primo governo israeliano, guidati da David Ben Gurion. Studiando questi rilievi, il professor Sperber ha subito notato che qualcosa non quadrava con la descrizione biblica: nell'Arco di Tito - un'opera molto posteriore alla distruzione del Tempio - la base del candelabro è costituita da due piattaforme esagonali, mostrate in prospettiva; la Bibbia sostiene invece che la base era costituita da un treppiede, ed era ornata da «fiori e calici». Il ricercatore israeliano è andato oltre e ha notato che nelle piattaforme esagonali sono raffigurati «dragoni, colli ritorti e simboli pagani». E' mai possibile - si è chiesto che queste immagini così estranee alla cultura ebraica fossero esposte nel tempio di Gerusalemme proprio a pochi passi (come ricorda anche lo storico Giuseppe Flavio) dal Sancta Sanctorum, la cella inviolabile in cui solo il Grande Sacerdote era ammesso una volta l'anno? In aiuto del sempre più sbi- gottito Sperber sono giunte alcune cronache storiche. Una di esse narra del sacrilegio compiuto dai Parti all'epoca del re Asmoneh Mattatia (36 avanti Cristo). A quanto pare, si legge in quella narrazione, la base del candelabro fu allora asportata dai saccheggiatori. Quando re Erode fece ingresso a Gerusalemme, diede inizio a una grande opera di ricostruzione. Ammiratore della cultura romana, Erode dotò la sua capitale di un moderno teatro e di un ippodromo, ma per zittire gli zeloti ebrei - dedicò non meno sforzi per abbellire il Tempio. Il suo impegno ebbe successo: anche i sacerdoti più severi ebbero poi a dire che «chi non ha mai visto le opere di Erode non sa cosa sia la magnificenza». Erode - ritiene Sperber, assistito da un po' di fantasia affidò probabilmente i restauri del Tempio ad artigiani di Mileto (nell'odierna Turchia) che già erano famosi per avere edificato il tempio di Didima. Estranei alla cultura ebraica, essi prepararono schizzi che ripetevano i motivi della base di una colonna di quel santuario: dragoni, simboli pagani, ninfe nude. Quest'ultimo dettaglio dev'essere apparso eccessivo persino a Erode, un uomo di mondo che ben conosceva i sacerdoti ebrei: le ninfe furono sacrificate alla ragion di Stato. Ninfe a parte, gli ornamenti di Mileto e quelli studiati da Sperber che compaiono alla base della «Menorah» nell'Arco di Tito sono identici. Quando - nei turbinosi giorni del maggio 1948, nell'imminenza di un attacco congiunto dei Paesi arabi - il primo governo israeliano scelse la «Menorah» come simbolo dello Stato ebraico, nessuno dedicò troppa attenzione alle due «piattaforme esagonali» che compaiono nell'Arco di Tito. Da allora l'immagine rimpicciolita di quel candelabro «pagano» appare su tutti i documenti ufficiali dello Stato ebraico. Nonostante il suo carattere clamoroso, la tesi di Sperber non ha scatenato per ora le attese polemiche. Apparso all'inizio dell'estate, il bollettino dell'Università «Bar Ilan» è già stato archiviato - e probabilmente dimenticato - nelle biblioteche delle Facoltà specializzate. Aldo Baquis I candelabro a sette braccia

Luoghi citati: Bar Ilan, Gerusalemme, Mileto, Roma, Turchia