Prove d artista sulla lista della spesa

I buoni romanzieri si «allenano» scrivendo lettere: uno studioso a caccia fra le minuzie quotidiane dei grandi I buoni romanzieri si «allenano» scrivendo lettere: uno studioso a caccia fra le minuzie quotidiane dei grandi Prove d'artista sulla lista della spesa ECRITTORI, badate a dove mettete le vostre carte. Gli armadi traboccano, i cassetti straripano ma guai a buttare il bigliettino con la nota delle commissioni, la letterina con gli auguri per una nascita, la missiva in cui ci si lamenta dell'ultima vacanza. Tutto fa brodo, e tutto fa letteratura. Se i biglietti mondani con cui Proust fissava o annullava appuntamenti fossero finiti nella spazzatura, o se fossero diventati carta straccia quelli con cui Baudelaire chiedeva soldi per sanare i debiti, oppure se gli appunti con cui Rilke si scervellava su problemi di minuta amministrazione casalinga fossero finiti in cenere, saremmo privi di un bel patrimonio. Non avremmo capito dove è il laboratorio, quali sono i percorsi attraverso cui un narratore si fa le ossa. L'esortazione a prendere sul serio anche i reperti più minuti e inessenziali che le lettere degli scrittori hanno conservato per noi arriva dallo studioso Vincent Kaufmann, nel volume L'equivoco epistolare (Pratiche Editore). Kaufmann, che da anni lavora sugli epistolari più famosi, lo fa senza discriminare tra lettere più o meno belle, tra quelle che trattano di sentimenti sublimi e quelle che parlano dell'emicrania o del gatto di casa. Al contrario, considera gli epistolari come la palestra, il passaggio obbligato per allenarsi a scrivere. E tanto più le lettere sono vicine alla vita e trattano quisquilie e minuzie del quotidiano, tanto più giocano un ruolo di iniziazione, sono l'anello mancante, il trait-d'union tra vita e letteratura. Al battesimo della letteratura si avviano, lastricandosi la strada con un tappeto di corrispondenza, Kafka, Flaubert, Proust e Rilke. E le pagine più alate, come quelle che Rilke invia alla conturbante Lou Andreas Salomé, possono benissimo alternarsi agli argomenti più pedestri e terra terra. L'autore delle Elegie di Duino si rivolge all'amica e protettrice Nanny Wunderly-Volkart, da vera «signora mia», disperato per i guai che combina la servitù: «Cara, se le capitasse, quando fa i conti con Frida, o quand'anche di scriverle, potrebbe forse alludere di sfuggita al fatto che ora ho recuperato il ritardo che avevo nella corrispondenza e che per me comincia prossimamente un severo periodo di lavoro, e ricordare, come se ciò venisse interamente da lei, di parlarmi dunque il meno possibile: non a tavola, né quando crede che io non sia occupato, né soprattutto quando rientro dalle mie escursioni, perché allora, il più delle volte, ho in testa qualcosa di finito a metà che non deve interrompere o disturbare rivolgendomi la parola». Un dilemma irrisolvibile per Rilke, quello delle governanti, che espone in una lunga sequenza di bigliettini dedicati al carattere delle aspiranti al ruolo di collaboratrici della casa: come una certa Madame Schenk, «vecchia dentista declassata», che suscita compassione con il suo destino infelice e che viene rifiutata proprio per questo. Mallarmé, invece, a cui evidentemente la sua personale corrispondenza non basta, sbriga pure quella della moglie e della figlia, e risponde agli inviti sia per la signora Marie sia per la signorina Geneviève: «Ho commesso l'indiscrezione di aprire il biglietto di Madame alle signore, che non sono rientrate, per dare una risposta nel caso in cui ci fosse stato qualcosa per stasera»; «allora, signorine, rispondo sempre io, perché la vostra Geneviève è molto occupata altrove...». Anche quando è in gioco il sentimento più nobile se ne può scoprire il lato più prosaico e meno entusiasmante che emerge nell'intimità della corrispondenza. Per la signorina Colet, amata dall'epistolografo Flaubert, scarseggiano gli incontri sentimentali ma abbondano i messaggi fittamente vergati. Tante le promesse (non mantenute) di passare un po' di tempo insieme dove però le ore dell'a more - già si prevede - saranno destinate a stemperarsi in quelle dedicate alla letteratura: «Sai cosa aspetto? Il momento, l'ora, il minuto che scriverò l'ultima riga di qualche mia lunga opera, come Bovary o altre, e che, raccogliendo subito tutti i fogli verrò a portarteli, a leggerteli con quella voce speciale con cui mi cullo e tu mi ascolterai... Sai che devo prendere all'inizio del prossimo inverno un alloggio a Parigi. L'inaugureremo, se vuoi, con la lettura di Bovary. Sarà una festa». Sarà proprio una festa («cosa ti ho fatto, dunque, perché tu pianga sempre?», s'interroga stupito il romanziere in un'altra lettera del 13 ottobre 1846), molto simile a quella, sempre rimandata, che aspetta Felice, destinataria di tante epistole e di pochi appuntamenti da parte di un altro celebre fuggitivo che confida i suoi pensieri e le sue tenerezze alla carta vergata: Franz Kafka. La lettera, anche quando evidenzia gli aspetti del carattere più bui, nevrotici e meno encomiabili, è sempre un bel gioiello. L'irrita- bile Proust scatena nelle lettere tutte le sue ire quando un piccolo ostacolo si contrappone alle sue aspettative: «Non prenda troppo alla lettera la mia domanda di vederla. Perché far ciò sarà difficil- mente realizzabile e forse da me non è che momentaneamente desiderato» (a Gautier-Vignai, 7 gennaio 1915). «Non mi ha risposto "secondo le regole del gioco". Non lo faccia più o io non oserò più scriverle» (a Madame Strauss, 7 maggio 1905). Con giri tortuosi mostra la sua indignazione a un giovane interpellato come segretario che però ha cambiato parere: «Lei è libero di raggiungermi, ma se lo fa, non sono io che glielo avrò chiesto e per trovarmi non dovrà sbagliare ora, non ci sarò per niente e per nessuno, non sarò responsabile di niente. Come dire che se l'incontro malgrado tutto ha luogo, sarà se non per miracolo, per puro caso». In generale, osserva il critico, si scrive per avvicinarsi all'altro. Ma si può anche scrivere per allontanarsi, per mantenere le distanze, come alle prese con un immaginario lettore. Una prova d'artista, insomma, composta sulla lista della spesa e indirizzata al fantasma di un lettore. Rilke disperato per iguai combinati dalla servitù. E Mallarmé sbriga la corrispondenza per moglie e figlia Le ire di Proust, le tenerezze di Kafka, le promesse li di Flaubert ali amata: «Arrivo, ti leggerò Bovary» i attraverso cui un a le ossa. ne a prendere sul sereperti più minuti e che le lettere degli no conservato per noi studioso Vincent nel volume L'equivoe (Pratiche Editore). he da anni lavora supiù famosi, lo fa senare tra lettere più o tra quelle che trattaenti sublimi e quelle dell'emicrania o del . Al contrario, consitolari come la paleggio obbligato per alrivere. E tanto più le vicine alla vita e tratlie e minuzie del quoo più giocano un ruozione, sono l'anello trait-d'union tra vita mo della letteratura si tricandosi la strada to di corrispondenza, Flaubert, e. E le paate, come Rilke invia bante Lou omé, posmo alterargomenti ri e terra ore delle uino si riica e pronny Wunrt, da vera a», dispe guai che bigliettini dedicati al carattere delle aspiranti al ruolo di collaboratrici della casa: come una certa Madame Schenk, «vecchia dentista declassata», che suscita compassione con il suo destino infelice e che viene rifiutata proprio per questo. Mallarmé, invece, a cui evidentemente la sua personale corrispondenza non basta, sbriga pure quella della moglie e della figlia, e risponde agli inviti sia per la signora Marie sia per la signorina Geneviève: «Ho commesso l'indiscrezione di aprire il biglietto di Madame alle signore, che non sono rientrate, per dare una risposta nel caso in cui ci fosse stato qualcosa per stasera»; «allora, signorine, rispondo sempre io, perché la vostra Geneviève è molto occupata altrove...». Anche quando è in gioco il sentimento più nobile se ne può scoprire il lato più prosaico e meno entusiasmante che emerge nell'intimità della corrispondenza. Per la signorina Colet, amata dall'epistolografo Flaubert, scarseggiano gli incontri sentimentali ma abbondano i messaggi fittamente vergati. Tante le promesse (non mantenute) di passare un po' di tempo insieme dove però le ore dell'a more - già si prevede - raccogliendo subito tutti i fogli verrò a portarteli, a leggerteli con quella voce speciale con cui mi cullo e tu mi ascolterai... Sai che devo prendere all'inizio del prossimo inverno un alloggio a Parigi. L'inaugureremo, se vuoi, con la lettura di Bovary. Sarà una festa». Sarà proprio una festa («cosa ti ho fatto, dunque, perché tu pianga sempre?», s'interroga stupito il romanziere in un'altra lettera del 13 ottobre 1846), molto simile a quella, sempre rimandata, che aspetta Felice, destinataria di tante epistole e di pochi appuntamenti da parte di un altro celebre fuggitivo che confida i suoi pensieri e le sue tenerezze alla carta vergata: Franz Kafka. La lettera, anche quando evidenzia gli aspetti del carattere più bui, nevrotici e meno encomiabili, è sempre un bel gioiello. L'irrita- scriverle» (a Madame Strauss, 7 maggio 1905). Con giri tortuosi mostra la sua indignazione a un giovane interpellato come segretario che però ha cambiato parere: «Lei è libero di raggiungermi, ma se lo fa, non sono io che glielo avrò chiesto e per trovarmi non dovrà sbagliare ora, non ci sarò per niente e per nessuno, non sarò responsabile di niente. Come dire che se l'incontro malgrado tutto ha luogo, sarà se non per miracolo, per puro caso». In generale, osserva il critico, si scrive per avvicinarsi all'altro. Ma si può anche scrivere per allontanarsi, per mantenere le distanze, come alle prese con un immaginario lettore. Una prova d'artista, insomma, composta sulla lista della spesa e indirizzata al fantasma di un lettore. l'antica passione Miniti •umili mn«*M ••■••) >»••■■■■••• EA palestra delle lettere, per gli scrittori, anche se il genere è un po' in disuso è attiva ancora oggi? «L'80 per cento di tutto quello che scrivo è di carattere burocratico - dice Luigi Malerba -. Ho avuto negli anni passati degli intensi scambi epistolari. Con il grande anglista Mario Praz, per esempio, la corrispondenza s'è iniziata quando ha riconosciuto in un mio libro, Il serpente, la figura di un altro professore. E da quel momento abbiamo continuato a scriverci a lungo. Ho incontrato il poeta Vittorio Sereni durante un viaggio in Cina e da allora ha preso avvio un carteggio che è servito a farci sentire molto vicini anche se ci vedevamo poco. Arbasino è un appassionato delle cartoline e con Umberto Eco abbiamo avuto scambi di lettere piuttosto divertenti. A ogni mio libro che gli mandavo mi rispondeva con pagine di apprezzamento e di osservazioni critiche il poeta Carlo Betocchi. Per un certo periodo la lettera sembrava scomparsa dalla circolazione. Ma il fax ha rimesso in moto la corrispondenza. Per me è una vera De Luca: «Scrivo moltper prima cosa rispondolettori che mi inviano copinioni sui miei libri. Pcuni amici che vivono acon cui mi piace molto da distanza. Ma le mie lesono mai divagazioni inessenziali. Parlo sequalcosa che, per me o ptri considero urgente e itiva. Le lettere degli scrino di due tipi: ci sono qsi preoccupano dell'epe hanno presente il fattranno pubblicati. Si ricsubito. E quelli che scriil destinatario. Kafka ermente tra questi ultimiHa limitato la corrispil poeta Attilio Bertolucpubblicato di recente ilteggio con Vittorio Serlunga amicizia 1938-zanti) in questi ultimi tcon alcuni amici conscambio: «Con Citati cmo spesso. L'ultima una bellissima recensipistolario in cui mi dà samente del bavard, chiacchierone. E anchevattini ho avuto un fittgio. Io sono un appassistenitore del telefono mbiamente la lettera offrsa in più. Se a comportatore la mano si sente. diari di Virginia Woolparla di domestiche conla. Se chi scrive ha unalità prorompente vienetutto, immedia li L Nell'immagine grande Franz Kafka, a sinistra Gustave Flaubert A fianco Umberto Eco e sotto Attilio Bertolucci: continua la tradizione degli scrittori «epistolografi»

Luoghi citati: Cina, Parigi